Ricorso telematico in Cassazione, quando è necessaria la firma digitale – guida rapida
Con sentenza n. 6477 del 12 marzo 2024, le Sezioni Unite Civili hanno affermato che se il ricorso per Cassazione è predisposto in originale in forma di documento informatico e notificato in via telematica, dev’essere ritualmente sottoscritto con firma digitale a pena di nullità dell’atto stesso.
Fa eccezione il caso in cui, in applicazione del principio del raggiungimento dello scopo, non sia comunque possibile desumere aliunde, da elementi qualificanti, la sua certa paternità.
Il caso all’attenzione delle Sezioni Unite
Il caso giunge sulle scrivanie della corte di legittimità in seguito al ricorso dell’Agenzia delle Entrate, che ha impugnato la sentenza della Commissione Tributaria Regionale (C.T.R.) del Lazio che, in riforma della decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Frosinone, accoglieva l’appello di una s.r.l. e annullava l’avviso di accertamento emesso nei confronti di tale società con cui era contestata la detrazione di I.V.A. per l’acquisto di n. 12 autovetture usate, poiché riguardanti operazioni soggettivamente inesistenti in ragione dell’interposizione fittizia di una s.a.s.
La C.T.R. del Lazio con la sentenza impugnata accoglieva l’appello del contribuente reputando che il suo comportamento non dimostrasse “la sua consapevolezza nella partecipazione ad un meccanismo di frode”. Per la Commissione non era il contribuente “nella possibilità di sapere o di dover sapere” sulla base di una pluralità di elementi descritti nella stessa sentenza.
La trattazione del ricorso è stata rimessa alla pubblica udienza della Sezione Tributaria con ordinanza interlocutoria in cui si reputa sussistente una questione di massima di particolare importanza: il vizio ravvisabile nel ricorso per Cassazione nativo digitale privo della firma digitale del difensore.
Si arriva così alla decisione delle Sezioni Unite.
La mancata sottoscrizione con firma digitale nel ricorso telematico
Le Sezioni Unite si sono così pronunciate sulla questione di diritto legata al requisito di forma del ricorso per Cassazione redatto in originale informatico. Ovvero, se mancando la sottoscrizione con firma digitale del difensore, tale vizio sia da ricondursi alla categoria dell’inesistenza, in applicazione del principio generale desumibile dall’art. 161, secondo comma, c.p.c., ovvero a quella della nullità suscettibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell’art. 156, terzo comma, c.p.c.
La Sezione remittente aveva evidenziato che nel caso trova rilievo “un possibile deficit strutturale dell’atto processuale”, richiedendo così l’art. 365 c.p.c. che il ricorso per Cassazione sia “sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto in apposito albo”, là dove la causa dell’inammissibilità “non può essere trattata come una causa di nullità cui applicare il criterio del raggiungimento dello scopo”.
L’ordinanza interlocutoria ricorda come il difetto di sottoscrizione degli atti da parte del difensore è riconducibile alla categoria dell’inesistenza in applicazione del “principio generale circa la sorte della sentenza priva di sottoscrizione del giudice, ex art. 161, comma 2, c.p.c.”, poiché la sottoscrizione è “elemento indispensabile per la formazione” dell’atto processuale.
Per quanto poi attiene il caso di specie, la giurisprudenza della Corte si concentra in due pronunce: Cass. n. 14338/2017 e Cass., S.U., n. 22438/2018.
Cass. n. 14338/2017
Per Cass. n. 14338/2017, la mancanza della firma digitale comporta la nullità del ricorso, essendo la stessa equiparata dal d.lgs. n. 82/2005 alla sottoscrizione autografa, la quale, ai sensi dell’art. 125 c.p.c., costituisce “requisito dell’atto introduttivo (anche del processo di impugnazione) in formato analogico”.
Cass., S.U., n. 22438/2018
Con Cass., S.U., n. 22438/2018 si è affermato invece il principio secondo cui il ricorso predisposto in originale in forma di documento informatico e notificato in via telematica deve essere ritualmente sottoscritto con firma digitale, potendo la mancata sottoscrizione determinare la nullità dell’atto stesso, fatta salva la possibilità di ascriverne comunque la paternità certa, in applicazione del principio del raggiungimento dello scopo.
La funzione dell’elemento formale della sottoscrizione
Quanto sopra premesso, ricordiamo come la giurisprudenza di legittimità assegna all’elemento formale della sottoscrizione la funzione di nesso tra il testo ed il suo apparente autore, in modo tale che possa dirsi certa la paternità dell’atto processuale.
Dunque, la sottoscrizione si rivela elemento indispensabile per la formazione dell’atto stesso. Il suo difetto ne comporta l’inesistenza se non ne sia desumibile la paternità da altri elementi. Si pensi, in particolare, alla sottoscrizione per autentica della firma della procura in calce o a margine dello stesso.
In altri termini, la funzione di rendere certa la paternità dell’atto processuale può essere assolta tramite elementi, qualificanti, diversi dalla sottoscrizione dell’atto stesso, che consentano, tuttavia, di avere certezza su chi ne sia l’autore. Lo scopo è dunque – in siffatti stretti termini – conseguibile aliunde.
L’atto su cui le Sezioni Unite sono chiamate a pronunciarsi è la copia cartacea del ricorso per Cassazione depositata dall’Agenzia delle Entrate e asseverata, unitamente alle copie cartacee dei messaggi di p.e.c., dal legale.
Non è in questo caso in discussione la conformità della copia al contenuto del ricorso nativo digitale. Nulla è infatti stato eccepito sul punto dal controricorrente.
I rilievi della società si concentrano infatti soltanto sull’assenza di firma digitale sull’originale del documento informatico. Si contesta poi che l’apposta asseverazione ex art. 9 della legge n. 53/1994 sulla copia in formato analogico possa assolvere allo scopo di riferire l’atto al suo autore e cioè al legale dello Stato, anche perché in essa è attestato “un fatto non vero: ovverosia il fatto che il ricorso fosse stato sottoscritto digitalmente”.
Le conclusioni delle Sezioni Unite sul ricorso telematico in Cassazione
Alla luce di tutto ciò, nella peculiarità della delineata situazione processuale ‘ibrida’ e in continuità con l’indirizzo ribadito anche da Cass., S.U., n. 22438/2018, per cui è possibile desumere aliunde, da elementi qualificanti, la paternità certa dell’atto processuale, va ritenuto che la notificazione del ricorso nativo digitale dalla casella p.e.c. del legale, come regolarmente censita, e il deposito della copia di esso in modalità analogica con attestazione di conformità sottoscritta dall’avvocato dello Stato, rappresentano elementi univoci da cui desumere la paternità dell’atto, rimanendo così superato l’eccepito vizio in ordine alla mancata sottoscrizione digitale dell’originale informatico del ricorso.