Gli interessi nella cartella esattoriale – indice:
L’ordinanza n. 17765/2018 da parte della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate affermando che la cartella notificata al contribuente deve riportare in modo chiaro i criteri adottati per il calcolo degli interessi dovuti, e non può dunque omettere di motivare il pagamento di quanto viene richiesto.
Mancata motivazione calcolo degli interessi
La vicenda giunge in Corte di Cassazione su ricorso da parte dell’Agenzia delle Entrate, che impugnava la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione di Lecce, in merito a una cartella di pagamento Irpef, in relazione alla mancata motivazione nella cartella del calcolo degli interessi maturati.
In particolare, l’ufficio per la riscossione deduceva il vizio di violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90 e dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000, nonché degli artt. 15, 20 e 25 del DPR n. 602/73, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., in quanto, erroneamente, i giudici d’appello, in riferimento al calcolo degli interessi sull’originaria sorte capitale, avrebbero ritenuto il difetto di motivazione della cartella, perché non sarebbe stato chiaro attraverso quali criteri l’ufficio fosse giunto a determinare gli interessi richiesti, ritenendo, pertanto, nulla la cartella, che conteneva solo la cifra globale degli stessi, senza l’indicazione del procedimento di calcolo e delle aliquote prese a base delle singole annualità.
La cartella su debito tributario deve essere motivata
Esprimendosi sull’unico motivo di ricorso, la Corte di Cassazione ricorda le sue stesse recenti pronunce in tal materia, affermando che in tema riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento degli interessi maturati su un debito tributario deve essere sempre motivata, non rilevando dunque che il debito sia stato riconosciuto in una sentenza passata in giudicato, considerato che il contribuente deve essere opportunamente messo in grado di verificare la correttezza del calcolo degli interessi a lui imputati, tanto più che – ricordano gli Ermellini – alle cartelle di pagamento notificate dopo l’entrata in vigore della l. n. 212 del 2002 deve allegarsi la sentenza.
Nella fattispecie di cui si sono occupati i giudici della Suprema Corte, è la stessa Agenzia delle Entrate che evidenzia nel suo ricorso come non sarebbe necessaria nella cartella di pagamento l’indicazione delle modalità di calcolo degli interessi, sia perché è normativamente prevista, sia perché conoscibile, in quanto, determinata con provvedimento generale, ma ciò errando, in quanto, il contribuente deve essere messo in condizioni di verificare la correttezza di siffatto calcolo, senza essere obbligato ad attingere aliunde le nozioni giuridiche necessarie per ricostruire il metodo seguito dall’ufficio nei diversi periodi considerati.
Dunque, traendo le debite considerazioni finali di sintesi, quando l’Agenzia delle Entrate notifica una cartella di pagamento al contribuente, in questo caso per riscuotere un debito tributario, il Fisco non può omettere di motivare il pagamento di quanto viene richiesto al contribuente stesso, non indicando dunque i criteri che vengono adottati per il conteggio degli interessi che sarebbero da costui dovuti.
Una pronuncia che non innova rispetto al percorso giurisprudenziale già tracciato, ma che contribuisce a chiarire e rafforzare ulteriormente una posizione consolidata.