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Home » Commerciale » Lavoro » Vaccinazione aziendale, cosa prevede il Protocollo anti-Covid

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Vaccinazione aziendale, cosa prevede il Protocollo anti-Covid

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Vaccinazione aziendale, cosa prevede il Protocollo anti-Covid
vaccinazione aziendale
Avv. Beatrice Bellato

Vaccinazione aziendale – indice

  • Beneficiari
  • Somministrazione
  • Obbligatorio o facoltativo?
  • Costo del vaccino

Lo scorso 6 aprile governo, Inail, commissario straordinario per l’emergenza e parti sociali hanno siglato un Protocollo con cui disciplinare le modalità di somministrazione delle vaccinazioni aziendali, ovvero la possibilità, da parte dei datori di lavoro, di permettere ai propri dipendenti di vaccinarsi contro il Covid-19.

Un intervento che ha un doppio obiettivo. Da una parte contribuire ad accelerare e implementare a livello territoriale la capacità vaccinale. Dall’altra parte rendere più sicura la prosecuzione delle attività lavorative, professionali e commerciali. Con ciò che ne consegue, positivamente, sulla sicurezza sui posti di lavoro.

Ma che cosa prevede il Protocollo per le vaccinazioni aziendali anti-Covid?

Vaccinazione aziendale, chi ne può approfittare

In primo luogo, giova condividere come il Protocollo abbia previsto delle maglie piuttosto larghe, prevedendo che a potersi vaccinare in azienda possano essere tutti coloro che a vario titolo lavorano o collaborano nella struttura.

Pertanto, non solamente la vaccinazione potrà riguardare i dipendenti. Bensì, anche i collaboratori, gli autonomi, i professionisti, le partite IVA e gli occasionali. Rientrano evidentemente in questa categoria di soggetti vaccinabili anche gli stessi datori di lavoro e i titolari delle aziende. In altri termini, la vaccinazione in azienda potrà riguardare tutti i lavoratori, al di là della tipologia e della durata del proprio contratto di lavoro.

In ogni caso, è bene sottolineare come si tratta di una possibilità, ma non di un obbligo. Dunque, il datore di lavoro non può richiedere al lavoratore la necessità di vaccinarsi, ma può limitarsi a informare il proprio collaboratore della possibilità di poter ottenere la somministrazione di un vaccino.

A quel punto sarà il lavoratore a farne volontaria richiesta. La vaccinazione in azienda potrà essere effettuata sia all’interno dell’orario di lavoro che all’esterno del normale orario di lavoro, a seconda di quelle che sono le possibilità organizzative del datore di lavoro. Nel caso in cui la somministrazione del vaccino ricada all’interno dell’orario di lavoro, sarà equiparata a una normale prestazione.

Come verrà somministrato il vaccino in azienda

La somministrazione del vaccino in azienda potrà avvenire in diverse modalità, a seconda di quelle che sono le possibilità e le scelte del datore di lavoro. Pertanto, la somministrazione del vaccino al dipendente potrà avvenire direttamente a cura del datore di lavoro (attraverso medici abilitati) oppure attraverso strutture sanitarie private, o presso l’Inail.

Vaccino in azienda dal datore di lavoro

Nel caso in cui la somministrazione del vaccino avvenga in modo diretto, la stessa dovrà essere effettuata da operatori sanitari che siano in grado di garantire il pieno rispetto delle prescrizioni sanitarie adottate per questa finalità, e in possesso di un’adeguata formazione per questa forma di vaccino. I locali dovranno essere idonei, con il rispetto di tutti i requisiti che sono prescritti dall’Inail.

Vaccino in azienda tramite strutture private

In alternativa il datore di lavoro potrà optare per una vaccinazione tramite strutture private, con un ricorso che dovrà essere disciplinato da un’apposita convenzione stipulata anche tramite le associazioni di categoria, o tramite un accordo bilaterale.

Vaccino tramite l’INAIL

La terza alternativa per le campagne vaccinali dal datore di lavoro è quella di ricorrere all’INAIL. Si tratta di una opportunità che l’accordo siglato sembra prevedere come residuale, ovvero in tutte quelle situazioni in cui non sia possibile ricorrere alla somministrazione presso il datore di lavoro o presso strutture private oggetto di convenzionamento.

Le nostre valutazioni

In tale ambito, permetteteci una piccola analisi del potenziale luogo di vaccinazione, aprendo qualche dubbio sul fatto che la scelta possa ricadere nei locali aziendali.

I locali in cui deve essere effettuata la vaccinazione non potranno infatti che rispettare i requisiti minimi igienico-sanitari previsti dalla normativa. In questo scenario, difficilmente le piccole imprese riusciranno ad attrezzarsi a questo fine in termini di spazi logistici idonei e, dunque, non potranno certo farsi carico di un compito tradizionalmente spettante al settore pubblico.

Di qui, le evidenti criticità:

  • i locali dovrebbero essere sterili, con sale di attesa separate per la verifica dell’eventuale impatto, e con elementi logistici utili per evitare assembramenti;
  • l’approvvigionamento, il trasporto e lo stoccaggio devono tenere conto delle specifiche caratteristiche dei vaccini. Quello Pfizer, che potrebbe finire in azienda, deve essere conservato a – 70 gradi;
  • nei locali dovrebbe essere presente l’attrezzatura per le emergenze e, evidentemente, il personale che sappia utilizzarla. Oltre a un’ambulanza o a un pronto soccorso nelle vicinanze del sito in cui si effettuano le vaccinazioni.

In questo senso, risulta pertanto molto probabile che nella maggior parte delle aziende italiane si finisca con l’optare per soluzioni alternative, quali quelle già rammentate.

Vaccinazione aziendale: obbligatorio o facoltativo?

Uno dei temi che ha sollevato maggiori perplessità è il fatto che il vaccino in azienda possa essere richiesto come obbligatorio o facoltativo.

In realtà, l’accordo di inizio aprile è stato piuttosto chiaro nel sottolineare come il vaccino debba essere inteso come facoltativo. Pertanto, il datore di lavoro non potrà certo obbligare il proprio dipendente a sottoporsi al vaccino. Dovrà invece essere il dipendente a domandare al datore di lavoro di poter usufruire di tale opportunità, sottoponendosi volontariamente alla vaccinazione.

Rimane da comprendere se, come peraltro accaduto nei settori clinico-medici, l’assenza di una propensione a vaccinarsi da parte del dipendente possa essere una motivazione valida per spostare il lavoratore in un ruolo in cui il suo rischio di contagio è inferiore.

Almeno per il momento, infatti, il vaccino viene considerato una misura raccomandata ma non obbligatoria. Dunque, il datore di lavoro deve limitarsi a mettere a disposizione il vaccino come misura efficace contro il rischio di Covid-19. Ma, si intende, non può imporre un trattamento sanitario obbligatorio, che non è previsto da alcuna legge.

Evidentemente, nelle ipotesi in cui una percentuale elevata di lavoratori decidesse di non vaccinarsi, è possibile che il medico competente e il datore di lavoro possano prevedere ad attuare alcune misure di tutela. Tra le principali:

  • l’effettuazione di visite mediche con periodicità ravvicinate per monitorare eventuali evoluzioni della pandemia in azienda;
  • allontanare temporaneamente il lavoratore con tempi e modalità che andranno pattuiti;
  • concordare eventuali modifiche dell’ambiente lavorativo per renderlo ancora più sano per chi vi transita.

Costo della vaccinazione aziendale

Per quanto poi attiene il costo del vaccino in azienda, l’accordo ha previsto la gratuità per tutti i lavoratori. Pertanto, nel caso in cui si proceda alla somministrazione diretta nel luogo di lavoro, o presso strutture sanitarie, il costo sarà a carico del datore di lavoro.

Nel caso invece in cui non sia possibile percorrere le strade di cui sopra e ci si debba invece rivolgere all’Inail, sarà proprio l’istituto a farsi carico dei relativi oneri.

Avv. Bellato – diritto civile e contrattuale

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