• LO STUDIO
    • L’avvocato a Milano
    • L’avvocato a Padova
  • ATTIVITÀ
    • Avvocato d’impresa
    • Diritto civile d’impresa
    • Diritto bancario
  • CONSULENZA LEGALE
    • Consulenza Legale Online
    • Costi della consulenza legale
Consulenza Legale Italia
  • GUIDE LEGALI
    • Commerciale
    • Fallimento
    • Impresa
    • Lavoro
    • P. I.
    • Societario
  • DEFINIZIONI
    • Imprenditore commerciale
    • Impresa coniugale
    • Impresa familiare
    • Società per azioni
    • Società in accomandita per azioni
    • Società a responsabilità limitata
    • Società semplice
    • Società in nome collettivo
    • Società in accomandita semplice
    • Brevetto
    • Concordato preventivo
    • Concordato in continuità
    • Fallimento
    • Azione revocatoria fallimentare
    • Finanziamenti dei soci
    • Marchio
    • Patto leonino
    • Versamenti fuori capitale
  • CONTATTI

Home » Commerciale » Lavoro » Danno biologico e demansionamento, l’onere della prova spetta al datore di lavoro

  • LO STUDIO
    • L’avvocato a Milano
    • L’avvocato a Padova
  • ATTIVITÀ
    • Avvocato d’impresa
    • Diritto civile d’impresa
    • Diritto bancario
  • CONSULENZA LEGALE
    • Consulenza Legale Online
    • Costi della consulenza legale
  • GUIDE LEGALI
    • Commerciale
    • Fallimento
    • Impresa
    • Lavoro
    • P. I.
    • Societario
  • DEFINIZIONI
    • Imprenditore commerciale
    • Impresa coniugale
    • Impresa familiare
    • Società per azioni
    • Società in accomandita per azioni
    • Società a responsabilità limitata
    • Società semplice
    • Società in nome collettivo
    • Società in accomandita semplice
    • Brevetto
    • Concordato preventivo
    • Concordato in continuità
    • Fallimento
    • Azione revocatoria fallimentare
    • Finanziamenti dei soci
    • Marchio
    • Patto leonino
    • Versamenti fuori capitale
  • CONTATTI

Danno biologico e demansionamento, l’onere della prova spetta al datore di lavoro

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Danno biologico e demansionamento, l’onere della prova spetta al datore di lavoro
demansionamento
Avv. Beatrice Bellato

Il danno biologico da demansionamento – indice:

  • Il risarcimento
  • Mutamento dell’orario di lavoro
  • La patologia
  • Inversione dell’onere probatorio
  • La prova
  • La quantificazione

Con la recente sentenza n. 17365/2018, la Corte di Cassazione è intervenuta con valutazioni molto interessanti nelle ipotesi di demansionamento e di atti vessatori subiti da un lavoratore da parte del proprio datore di lavoro, a cui è stata riconosciuta la connessione di una patologia insorta, con conseguente liquidazione di un danno biologico permanente.

Risarcimento del danno biologico

La vicenda giunge in Cassazione quando una società datrice di lavoro ha impugnato innanzi alla Suprema Corte una sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Cagliari. Il giudice di merito, in origine, l’aveva condannata al risarcimento in favore di un proprio dipendente.

Il risarcimento, nel caso, verteva sia sul danno patrimoniale, correlato al demansionamento, sia al danno non patrimoniale a titolo di danno biologico permanente. che a sua volta è frutto del demansionamento e delle discriminazioni che il lavoratore avrebbe subito.

Oltre a ciò, la Corte d’Appello condannava la società a reintegrare il lavoratore nelle mansioni e negli orari che originariamente gli competevano.

Mutamento dell’orario di lavoro e demansionamento

Ma quali sono i comportamenti che hanno generato tali pregiudizi sulla sfera del lavoratore?

Secondo quanto ricostruito dalla Corte di Cassazione, nei fatti il lavoratore avrebbe subito un cambiamento drastico e immotivato dell’orario di lavoro, che prevedeva 6 ore di pausa, che impediva al lavoratore di recarsi a casa per il riposo, poiché molto distante dal luogo di lavoro.

In aggiunta a ciò, evidente pare essere il cambiamento della mansione del  lavoratore, assunto come manutentore elettrico. Da manutentore elettrico, le mansioni dell’uomo diventano meramente manuali. In aggiunta, la turnazione delle manutenzioni finisce con l’escluderlo.

Pertanto, la Corte territoriale affermava come il cambiamento dell’orario di lavoro e il demansionamento ha favorito l’emersione di una condotta illegittima da parte del datore di lavoro.

L’insorgenza della patologia

La Corte, nelle proprie analisi, analizza il fatto che la condotta illegittima fosse supportata da diverse valutazioni.

Pur prendendo in considerazione il legittimo potere imprenditoriale da parte del datore di lavoro, la Corte sottolineava come lo stesso non abbia dato sufficiente giustificazioni al lavoratore, anche in considerazione del fatto che le modifiche degli orari e l’inserimento di una pausa giornaliera di 6 ore avessero riguardato un solo dipendente, e non tutti i dipendenti, ancorché magari di un solo reparto.

In aggiunta a ciò, la Corte poneva anche in risalto come l’assegnazione al lavoro di una pausa di sole 6 ore aprisse per lui l’impossibilità di recarsi a casa, precludendo dunque qualsiasi altra attività per lui al di fuori dell’orario di lavoro.

Purtroppo, lo scenario rammentato determina l’insorgenza di una patologia. La quale in corso di causa la CTU  collega casualmente proprio al cambiamento delle condizioni di lavoro.

Dinanzi a tale valutazione, la società datore di lavoro impugnava la sentenza in Cassazione. Con tale ricorso, deduceva una errata inversione dell’onere della prova a proprio carico. In aggiunta, deduceva anche una contraddittoria motivazione nel giudizio di discriminazione e vessazione del lavoro. E, ancora, deduceva una errata determinazione del demansionamento e del consequenziale risarcimento del danno.

Inversione dell’onere della prova

Come anticipato, la vicenda giunge in Cassazione, dove i giudici richiamano la sentenza n. 1169/2018 sull’inversione dell’onere della prova, con errata deduzione.

Per la Cassazione, quando un lavoratore invoca un demansionamento che è riconducibile a un inesatto adempimento egli obblighi del datore, è proprio costui che ha l’onere di provare l’esatto adempimento di cui all’art. 2013 c.c.

Insomma, è il datore di lavoro che deve dimostrare la mancanza assoluta del demansionamento (che il lavoratore ha invece lamentato). O, in alternativa, deve dimostrare come tale demansionamento fosse solidamente giustificato da motivi aziendali o disciplinari. O, ancora, che il demansionamento fosse determinato da una impossibilità della prestazione lavorativa, che non è imputabile al lavoratore.

Dunque, con la pronuncia in esame, i giudici della Suprema Corte ribaltano quello che è il tradizionale onere della prova. E viene ribadita la mancata dimostrazione da parte della società di compiti coerenti con il bagaglio tecnico del lavoratore, che veniva destinato a incombenze lavorative totalmente generiche, e prive di attinenza con quelle che venivano invece precedentemente svolte.

Prova del demansionamento

Nelle valutazioni in sentenza, i giudici sottolineano dunque come in relazione alla prova del demansionamento e del pregiudizio che ne è conseguito, la motivazione della dequalificazione è stata svolta con richiamo anche a disposizioni di testi, e al concreto mutamente in peius dei compiti lavorativi, già di per sé di modesto contenuto e specializzazione.

Peraltro, aggiunto, una violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. (secondo cui salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita, ma il giudice può – senza bisogno di prova – porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza), per i giudici non può dipendere o essere dimostrata dall’erronea valutazione del materiale probatorio.

Di contro, gli Ermellini sottolineano come un’autonoma questione di “malgoverno” del già citato art. 115 cod. proc. civ., possa porsi solamente allorché il ricorrente alleghi che il giudice di merito abbia posto a base della decisione delle prove non dedotte dalle parti, o disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge, o abbia fatto ricorso alla propria scienza privata, o ancora ritenuto necessitanti di prova fatti dati per pacifici.

Quantificazione del danno

Per quanto attiene poi la quantificazione del danno, i giudici riconoscono che la Corte territoriale abbia correttamente applicato i criteri giuridici. Per questa finalità richiama alla mente la sentenza n. 330/2018, che in tema di demansionamento ha chiarito come il giudice di merito possa desumere l’esistenza del danno anche in via equitativa. Ovvero, basandosi sulla qualità e sulla quantità dell’esperienza lavorativa maturata dal lavoratore, e all’esito finale della sua dequalificazione.

In sintesi, gli Ermellini sottolineano come i giudici in appello valutano correttamente quanto dovuto. Evidenziando peraltro come la sostanziale differenziazione dei nuovi compiti che sono stati affidati al lavoratore sono totalmente inidonei a consentire il mantenimento del bagaglio di competenze tecniche originariamente acquisite.

La Corte rigetta così il ricorso del datore di lavoro.

Avv. Bellato – diritto civile e contrattuale

Quanto utile è stato questo articolo?

Esprimi il tuo voto

Voto medio 5 / 5. Conteggio voti 2

Nessuna valutazione ad ora: valuta per primo

CONTATTA LO STUDIO LEGALE

    Avv. Bellato, Padova – tel: 3397692552

    Diritto del Lavoro

    • mance
      Mance tassate o no? Ecco la posizione della Corte di Cassazione
    • Licenziamento individuale
      Il licenziamento individuale – la guida completa
    • vaccinazione aziendale
      Vaccinazione aziendale, cosa prevede il Protocollo anti-Covid
    • Lettera d'impegno all'assunzione
      La lettera di impegno all’assunzione – una guida rapida
    • Tredicesima
      Crediti di lavoro: come sono tutelati e quando si prescrivono – una guida rapida
    • licenziamento2401
      Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo – una guida rapida
    • Mobbing sul lavoro
      Mobbing sul lavoro – quando può costituire reato
    • demansionamento
      Danno biologico e demansionamento, l’onere della prova spetta al datore di lavoro
    • recesso giusta causa
      Recesso per giusta causa dal rapporto di agenzia nel periodo di preavviso
    • licenziamento
      Licenziamento, legittimo quello del lavoratore vicino alla pensione
    • scatti di anzianita
      Scatti di anzianità, per la Cassazione sono diritti indisponibili
    • mobbing
      Mobbing equivalente a malattia indennizzabile dall’Inail
    • tfr0
      TFR, la liquidazione si può pignorare
    • tfr
      Cassa integrazione, quota TFR va sempre corrisposta
    • badge
      Timbrare il badge al posto del collega: scatta il licenziamento
    • tempo-divisa
      Tempo divisa, la Cassazione afferma che deve essere retribuito
    • Tutela lavoro
      Troppo lavoro: lo stress correlato deve essere sempre indennizzato
    • Congedo parentale
      Congedo parentale, un uso difforme può costare il licenziamento
    • Concorso PA
      Lavoro, la pubblica amministrazione è obbligata ad assumere chi supera il concorso
    • Lavoro durante la malattia
      Lavoro durante la malattia, licenziamento non sempre legittimo
    • Licenziamento per malattia
      Licenziato il lavoratore che non comunica la malattia al capo
    • assenze-lavoro
      Licenziamento per scarso rendimento, illegittimo se influenzato dalle assenze per malattia
    • permessi-legge-104
      Permessi legge 104/92: conservazione in caso di passaggio al part time
    • licenziamento-giusta-causa
      Licenziamento, un solo errore non grave non può provocarlo
    • legge104
      Legge 104/1992: nel computo delle ferie contano anche i permessi
    • lavoro-parttime
      Secondo lavoro, ecco quando è lecito e il datore di lavoro non può impedirlo
    • Dormire a lavoro
      Dormire sul lavoro può costare il licenziamento
    • bustapaga-2
      Decreto ingiuntivo, la busta paga costituisce una piena prova dei dati
    • Sicurezza-sul-lavoro
      Sicurezza sul lavoro, se non c’è il dipende può rifiutarsi di lavorare (ed essere pagato)
    • giovani-madri-lavoro
      Licenziamento giovani madri possibile solo per colpa grave
    • assenze-lavoro
      Assenza al lavoro, licenziato chi non la giustifica subito all’azienda
    • Buste paga false: ecco tutte le novità in arrivo sulla tutela dei lavoratori
    • visita-fiscale
      Visita fiscale, il lavoratore non può essere licenziato in caso di assenza
    • furbetti-cartellino
      Lavoratori del cartellino timbrato “per finta” – licenziamento legittimo
    • businessman
      Rapporti di lavoro e obbligo di fedeltà del dipendente
    • Lavoro: si al licenziamento se non si svolge il proprio ruolo
    • Chi Siamo
    • Consulenza Legale Online
    • Contatti
    CLI, Padova
    339 7692552 - Invia un'e-mail
    ©2022