Il pignoramento del TFR – indice:
La Cassazione, con ordinanza n. 19708/2018 della sesta sezione civile, ha chiarito che il TFR – trattamento di fine rapporto può essere pignorato, poiché costituisce un credito certo e liquido che il lavoratore matura in virtù della costanza del rapporto di lavoro.
Considerato dunque che può essere utile per poter soddisfare le pretese del creditore in data futura, le somme accantonate saranno pignorabili ed esigibili al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
Quote TFR dotate di potenzialità satisfattiva futura
Con una simile pronuncia i giudici della Suprema Corte hanno cassato la decisione dei giudici territoriali, che avevano invece dichiarato l’inefficacia del pignoramento dell’indennità di fine servizio a una dipendente ministeriale ancora in servizio.
In particolar modo, i giudici della Corte d’Appello considerarono come non assoggettabili a pignoramento le somme non ancora esigibili. La creditrice aveva invece proposto ricorso in Cassazione contro una simile decisione, trovando accoglimento della tesi da parte degli Ermellini. Ma perché?
Stando alle motivazioni della sentenza, i giudici della Suprema Corte rammentano come le quote accantonate del trattamento di fine rapporto lavoro siano dotate di una potenzialità satisfattiva futura, e corrispondano a un diritto certo e liquido, di cui la cessazione del rapporto di lavoro determina solamente l’esigibilità.
Ecco perché è possibile pignorare il TFR
Da quanto sopra ne deriva pertanto che le quote TFR sono effettivamente pignorabili, e non potranno che essere incluse nella dichiarazione che viene resa dal terzo ai sensi dell’art. 547 c.p.c., ovvero quella “dichiarazione a mezzo raccomandata inviata al creditore procedente o trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata” con la quale “il terzo, personalmente o a mezzo di procuratore speciale o del difensore munito di procura speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna”.
Secondo quanto afferma la Corte, questo principio deve essere mantenuto anche a seguito della modifica della disciplina del TFR, che per le aziende che non hanno meno di 50 dipendenti prevede il versamento degli accantonamenti per il trattamento di fine rapporto in un apposito Fondo di Tesoreria dello Stato costituito presso INPS.
Al di là della sua “tecnica” forma di accantonamento, infatti, il trattamento di fine rapporto lavoro costituisce un vero e proprio credito che il lavoratore è in grado di maturare in costanza di rapporto di lavoro, con esigibilità posticipata, e subordinata al momento della cessione del rapporto di lavoro stesso.
TFR dipendenti pubblici o privati è pignorabile
Traendo le ultime considerazioni da quanto sopra, emerge dunque come i presupposti per l’assoggettabilità di un credito a pignoramento siano solamente la certezza del credito e la sua liquidità o liquidabilità, ma non la sua esigibilità. Ne deriva dunque che niente impedisce di procedere con la pignorabilità del trattamento di fine rapporto, fermo restando che l’ordinanza di assegnazione non potrà essere eseguita prima che maturino le condizioni per il pagamento.
In particolare, il terzo pignorato, giudizialmente ceduto al creditore procedente, potrà opporre le eccezioni che poteva opporre al creditore originario, inclusa anche la non esigibilità delle somme.
Chiarito ciò, i giudici della Suprema Corte rammentano come
anche dopo la riforma del settore disposta con il decreto legislativo n. 252 del 2005, le quote accantonate del trattamento di fine rapporto, tanto che siano trattenute presso l’azienda, quanto che siano versate al Fondo di Tesoreria dello Stato presso l’I.N.P.S. ovvero conferite in un fondo di previdenza complementare, sono intrinsecamente dotate di potenzialità satisfattiva futura e corrispondono ad un diritto certo e liquido del lavoratore, di cui la cessazione del rapporto di lavoro determina solo l’esigibilità, con la conseguenza che le stesse sono pignorabili e devono essere incluse nella dichiarazione resa dal terzo ai sensi dell’art. 547 cod. proc. civ.
Per quanto concerne in particolar modo i lavoratori dipendenti del settore privato
la questione non si pone in termini diversi per i dipendenti pubblici. Infatti, soggiunge la Corte, “tale principio, valevole per i lavoratori subordinati del settore privato, si estende anche ai dipendenti pubblici, stante la totale equiparazione del regime di pignorabilità e sequestrabilità del trattamento di fine rapporto o di fine servizio susseguente alle sentenze della Corte costituzionale n. 99 del 1993 e n. 225 del 1997.
I limiti del pignoramento
I limiti del pignoramento del Trattamento di Fine Rapporto sono individuati dall’articolo 545 del codice di procedura civile.
Per quanto attiene ai crediti di natura alimentare il limite è rappresentato da quanto autorizzato dal Presidente del Tribunale o dal giudice da questi delegato.
Per quanto attiene ai crediti di altra natura il limite è rappresentato dalla misura del quinto.
Ove sussista un concorso delle cause sopra menzionate, il limite è della metà delle somme corrispondenti al Trattamento di Fine Rapporto.