Il concordato con continuità aziendale – indice:
L’ammissione dell’impresa alla procedura di concordato non determina necessariamente la cessazione della continuità aziendale. Anzi, è ben lecito rammentare come la prosecuzione dell’attività, contrariamente a quanto avviene nel fallimento (dove viene considerata una “eventualità” legata all’esigenza di conservare risorse intangibile come l’avviamento), nel concordato è ben comune, non essendo affatto impedita dalla disciplina dell’amministrazione dei beni durante tale procedura.
Cos’è il concordato con continuità aziendale
Il legislatore è intervenuto a disciplina il concordato con continuità aziendale con il recente d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella l. 7 agosto 2012, n. 134, che ha introdotto l’art. 186 bis l.f., secondo cui viene definito il concordato con continuità aziendale quel piano che
prevede la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione.
Con il suo recente intervento, inoltre, il legislatore ha subordinato l’ammissibilità al concordato a una serie di cautele, ovvero alla prova che la continuità sia giudicata come funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori, e che sia sostenibile sul piano economico-finanziario. Infine, una volta che sia stata accertata la convenienza della continuità aziendale, il legislatore ha previsto una disciplina di favore, per agevolarne il buon esito.
Concordato con continuità indiretta
La disciplina dell’art. 186 bis l.f. può ben applicarsi anche al c.d. “concordato con continuità indiretta”. Di fatti, bisogna precisare come la prosecuzione dell’attività aziendale ammessa dalla legge non sia necessariamente ricollegata all’evidenza che a farsi carico di tale prosecuzione sia il debitore, essendo invece possibile che l’azienda possa essere concessa in affitto ad altro imprenditore.
Dunque, l’art. 186 bis postula una disciplina che può essere ben applicata anche all’ipotesi di affidamento della gestione ad altro imprenditore, una ipotesi che per il legislatore, evidentemente, potrebbe ben rappresentare una migliore prospettiva di salvaguarda dei livelli occupazionali (non sempre).
In quest’ottica, può dunque ricollocarsi all’interno della nozione di concordato con continuità aziendale anche quello in cui l’azienda sia stata concessa in affitto in data anteriore alla procedura: quel che rileva sarà la continuità in senso oggettivo, e non certo la continuità “diretta”.
Infine, ricordiamo che, per analogia a quanto sopra anticipato, l’applicazione dell’art. 186 bis può essere anche applicata all’ipotesi esplicitata in cui vi sia una liquidazione dei beni non funzionali all’attività, e la prosecuzione dell’attività con parte del patrimonio non dismesso. Si tratta del c.d. “concordato misto”, e il relativo problema della selezione della disciplina da applicarvi (concordato con continuità o concordato liquidatorio) viene risolta assegnando prevalenza alla continuità, salvo il caso in cui la continuità appaia pretestuosa, e prospettata unicamente per poter eludere il limite minimo di soddisfazione dei creditori di natura chirografaria.
Requisiti concordato con continuità aziendale
Per poter avere accesso al concordato con continuità aziendale è fondamentale che la relazione del professionista chiamato ad attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, attesti anche che la prosecuzione dell’attività sia funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.
In altri termini, al professionista attestatore si richiede una comparazione tra il tasso di soddisfazione che potrebbe essere ottenuto con il concordato liquidatorio, e quello che è possibile ottenere con il concordato con continuità aziendale, ovvero di confronto tra uno scenario in cui vi è cessazione dell’attività, e un contesto in cui invece c’è la prosecuzione dell’attività.
Peraltro, ai fini di una migliore trasparenza, e per poter permettere ai creditori e a tutti gli organi della procedura di comprendere quale sia stata la valutazione compiuta sulla soluzione proposta dal debitore, la norma richiede che il piano contenga
un’analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività di impresa prevista dal piano di concordato.
Il conto economico previsionale
Si tratta, concretamente, di produrre un conto economico previsionale, che dovrà estendersi a tutta la durata dell’esercizio dell’attività, in relazione al contenuto della proposta. Se la proposta prevede la cessione dell’azienda, l’orizzonte temporale del piano dovrà intuibilmente essere quello del termine previsto per la cessione. Se invece la proposta prevede la continuità in capo all’imprenditore originario fino al completo adempimento del concordato, il piano dovrà avere uno sviluppo temporale che potrebbe essere più ampio, ma che dovrà pur sempre corrispondere alla durata della dilazione prevista.
Prendendo spunto da quanto sopra esposto, si potrebbe ben obiettare la difficoltà di redigere un conto economico previsionale. Si tratta d’altronde di un piano che si baserà su contenuti in buona parte aleatori, ma che è comunque richiesto sia attendibile (fondato su assunzioni tecnicamente corrette), giuridicamente fattibili (cioè, compatibile con il quadro giuridico attuale) e ragionevolmente fondato sotto il profilo industriale e commerciale.
L’indicazione delle risorse finanziarie necessarie
Ulteriormente, la stessa norma richiede l’indicazione delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura. Pertanto, al conto economico previsionale bisognerà accompagnare anche un prospetto dei cash flow previsionali, allineato al conto economico. Un prospetto che assume una valenza ancora più importante rispetto al budget previsionale: l’imprenditore che opera in regime di concordato in continuità aziendale, infatti, ha mediamente una maggiore difficoltà nell’ottenimento di credito bancario, e reggersi con l’autofinanziamento determinato dal conseguimento di sufficienti flussi di cassa potrebbe essere la strada maestra per il risanamento.
Se infatti è vero che la previsione di una perdita gestionale non incide necessariamente sulla convenienza della prosecuzione dell’attività d’impresa, la mancata copertura delle esigenze finanziarie può condurre a una situazione di illiquidità che può condurre all’insolvenza. Pertanto, si deve evitare che il piano di prosecuzione sia vanificato dalla carenza di liquidità necessaria ad assolvere alle obbligazioni che saranno man mano assunte. Le fonti di copertura dovranno essere indicate nel piano in maniera analitica, e le relative prospettazioni dovranno essere attendibili, sia tecnicamente, che finanziariamente, che giuridicamente.
I contratti nel concordato con continuità aziendale
Una volta che sia accertato che il concordato con continuità aziendale sia la strada migliore nell’interesse dei creditori (per lo meno, rispetto al concordato liquidatorio), il buon esito del piano di concordato sarà favorito da diversi elementi e differenti piani. Rammentando, in questa sede, che al concordato con continuità aziendale non si applica la soglia minima di soddisfazione del 20% dei crediti chirografari, come previsto dall’art. 160 l.f.
Per quanto attiene i contratti in corso di esecuzione, la disciplina del concordato con continuità aziendale ne favorisce intuibilmente la prosecuzione, con la finalità di evitare la perdita dei rapporti essenziali per la citata continuità aziendale.
Ad ogni modo, l’art. 186 bis distingue tali contratti fra quelli con controparti private e quelli con la pubblica amministrazione: per i contratti con controparti private, si stabilisce semplicemente l’inefficacia di quelle clausole che prevedono la risoluzione per effetto dell’apertura della procedura; per i contratti con la pubblica amministrazione, la prosecuzione del rapporto viene invece subordinata a che il professionista designato dal debitore per le attestazioni, ne attesti anche “la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento” dell’imprenditore.
Come desumibile, per la conservazione della continuità aziendale, potrebbe non “bastare” la semplice prosecuzione dei contratti che sono già in essere. È per questo motivo che lo stesso articolo già rammentato consente anche la partecipazione a procedure di affidamento di nuovi contratti pubblici, a condizione che l’esperto possa attestare la conformità del contratto al piano, e la ragionevole capacità dell’imprenditore di adempiere, rimanendo esclusa la possibilità di concorrere in qualità di mandatario di associazione temporanea di impresa.
I finanziamenti all’impresa in concordato con continuità aziendale
Un aspetto molto importante della disciplina del concordato con continuità aziendale è quello dei finanziamenti all’impresa che vuole proseguire la propria attività.
È per questo motivo che il legislatore, all’art. 182 quinquies l.f., ha previsto chiaramente una serie di ipotesi nelle quali i finanziamenti erogati in funzione della continuità aziendale sono prededucibili, andando così a favorire i rapporti creditizi di nuova opera.
In tal senso, una prima ipotesi è certamente legata ai finanziamenti funzionali a urgenti necessità relative all’esercizio dell’attività aziendale fino alla scadenza del termine fissato dal tribunale ex art 161 co. 6 l.f., quando l’impossibilità di avere accesso ad altre fonti di finanziamento potrebbe produrre un pregiudizio imminente e irreparabile all’azienda, e la richiesta può avere anche per oggetto la conservazione di linee di credito autoliquidanti già in essere. Dinanzi alla richiesta di autorizzazione a contrarre in via d’urgenza finanziamenti prededucibili, il tribunale dovrà assumere delle sommarie informazioni sul piano in corso di predisposizione, e sentire il parere del commissario giudiziale (qualora nominato) e – informalmente – anche i creditori principali.
Una seconda ipotesi è invece legata a ulteriori esigenze di ottenimento di finanziamenti, in mancanza delle ragioni di urgenza, per la cui prededucibilità tuttavia richiesta la generica attestazione di funzionalità alla migliore soddisfazione dei creditori, previa la verifica del complessivo fabbisogno finanziario dell’impresa sino all’omologazione.
Finanziamenti ponte e finanziamenti in esecuzione del concordato
A questa disciplina specifica per il concordato con continuità aziendale, si affianca la disciplina generale pervista non limitatamente a questa forma di concordato, che prevede due tipologie di finanziamento per i quali si disciplinano le condizioni al ricorrere delle quali essi sono prededucibili.
I primi sono i finanziamenti – ponte, che possono essere accordati in funzione della presentazione di una domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo. In tale ipotesi la prededucibilità è subordinata alla previsione del decreto di ammissione della procedura di cui all’art. 163 l.f., con il finanziatore che sarà escluso dal voto.
I secondi sono i finanziamenti accordati in esecuzione del concordato. La prededucibilità non è in questo caso subordinata a particolare condizioni, ma risulta comunque necessario che tali prestiti siano indicati nel piano.
Infine, si rammenta come di fianco all’esigenza di finanziare l’attività, possa sussistere anche quella di adempiere alle obbligazioni pecuniarie anteriori alla domanda introduttiva, e pertanto destinate a essere regolate nel concorso. Il contraente in bonis può infatti vantare la facoltà di sospendere l’esecuzione della propria prestazione, eccependo l’inadempimento del debitore in concordato. L’imprenditore, in modo speculare, può domandare al tribunale l’autorizzazione a pagare dei crediti anteriori, su prestazioni di beni o servizi, essenziali per la prosecuzione delle attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori, con circostanze che dovranno necessariamente essere oggetto di un’attestazione (non necessaria se per far fronte a tali pagamenti l’imprenditore ottiene risorse finanziarie senza obbligo di restituzione, o con obbligo di restituzione che è postergato alla soddisfazione dei creditori consensuali).