L’azione revocatoria fallimentare – indice:
Recentemente abbiamo parlato dell’azione revocatoria ordinaria, delle sue caratteristiche e della sua natura autonoma rispetto all’azione revocatoria fallimentare e a quella penale.
Cerchiamo oggi di integrare l’argomento in questione, introducendo le specificità dell’azione revocatoria fallimentare. Trattiamo in particolare la legittimazione e l’esercizio dell’azione, gli atti revocabili e quelli sottratti al recinto della revocatoria. La norma di riferimento in tema di revocatoria fallimentare è l’articolo 67 della legge fallimentare (Regio Decreto numero 267 del 1942). L’articolo 67 stabilisce gli atti soggetti a revocatoria:
“Sono revocati, salvo che l’altra parte provi che non conosceva lo stato d’insolvenza del debitore:
1) gli atti a titolo oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso ;
2) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento;
3) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti;
4) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti.
Sono altresì revocati, se il curatore prova che l’altra parte conosceva lo stato d’insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento.”
Che cosa è l’azione revocatoria fallimentare
L’azione revocatoria fallimentare è uno strumento che il legislatore ha previsto per permettere la ricostituzione del patrimonio del fallito, andando a rendere inefficaci gli atti che il fallito ha posto in essere nel periodo antecedente la dichiarazione del fallimento, in violazione del principio della par condicio creditorum.
Più volte innovato nel corso degli anni, l’istituto ha dunque lo scopo di salvaguardare il patrimonio del fallito nell’interesse della soddisfazione dei creditori. Nel contempo si cerca di evitare un aggravamento della situazione di crisi dell’impresa. Ciò potrebbe si verificherebbe laddove i creditori intimoriti dagli effetti della revocatoria facessero venire meno il loro supporto. È per questo motivo che più recenti interventi normativi hanno dimezzato il periodo “a rischio”. È stato quindi dimezzato il periodo nel quale l’azione revocatoria può operare. Sono invece state introdotte una serie di “esenzioni” da questo punto di vista.
Legittimazione a proporre l’azione revocatoria fallimentare
A proporre l’azione revocatoria fallimentare è legittimato il curatore fallimentare dinanzi al tribunale che ha dichiarato il fallimento. Il termine cade entro tre anni dalla dichiarazione, e non oltre i cinque anni dal compimento dell’atto.
Mediante l’azione revocatoria fallimentare, tutti gli atti di disposizione, i pagamenti e le garanzie poste in essere dal fallito nell’anno o nei sei mesi antecedenti il fallimento, sono dichiarati inefficaci. È fatta eccezione per la circostanza in cui la controparte non fosse a conoscenza dello stato di insolvenza del debitore. L’onere probatorio è a carico del curatore.
Nel momento in cui il terzo per effetto dell’azione revocatoria fallimentare ha restituito quanto ricevuto dal debitore, anche costui è ammesso al passivo fallimentare per il credito che dovesse eventualmente ancora vantare.
Quali atti sono revocabili
La legge fallimentare fa chiarezza negli atti che sono posti in essere dal fallito. Si distinguono alcuni diversi regimi a seconda che la revoca riguardi gli atti a titolo gratuito, i pagamenti o gli atti a titolo oneroso, i pagamenti e le garanzie.
Atti a titolo gratuito
Per quanto concerne gli atti a titolo gratuito (ad esempio, una rinuncia o una remissione), compiuti dal fallito nei due anni precedenti la dichiarazione di fallimento, la revoca è ope legis.
Crediti
Un simile approccio il legislatore lo ha previsto inoltre per i pagamenti di crediti scadenti nel giorno della dichiarazione di fallimento o successivamente alla dichiarazione di fallimento. In questo caso il fallito deve aver effettuato l’operazione nei due anni anteriori alla dichiarazione. Anche in tale circostanza – così come avviene per gli atti a titolo gratuito – gli atti sono privi di effetto. L’azione eventualmente promossa dal creditore per poterne fare dichiarare l’inefficacia ha una natura dichiarativa, e non è soggetta a prescrizione.
Atti a titolo oneroso
Diverso è invece il discorso che riguarda gli atti a titolo oneroso. L’art. 67 l.f. ha distinto quattro diverse categorie per gli atti che siano compiuti dal fallito nell’anno o nei sei mesi anteriori al fallimento. Per questi può essere esercitata l’azione revocatoria fallimentare. Sono fatti salvi i casi in cui – come già introdotto – la controparte provi di non essere a conoscenza dello stato di insolvenza del debitore:
- atti in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso;
- atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento;
- pegni, anticresi e ipoteche volontarie costituiti per debiti preesistenti non scaduti;
- pegni, anticresi e ipoteche giudiziali o volontarie costituiti per debiti scaduti.
Se invece la controparte conosceva lo stato di insolvenza del debitore (e il curatore riesce a dimostrarlo) possono essere considerati come revocati anche i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimenti.
La disciplina, in questo aspetto, è completata dalle c.d. revocatorie speciali, su patrimoni dedicati a specifici affari, pagamenti di cambiali scadute, atti fra coniugi e artt. 67 l.f. e ss.
Atti esclusi dall’azione revocatoria fallimentare
Non tutti gli atti posti in essere dal soggetto fallito possono dunque essere sottoposti ad azione revocatoria fallimentare.
In particolare, l’attuale versione della legge fallimentare introduce sette categorie di atti che sono sottratti all’azione revocatoria domandata dal curatore. Si tratta di:
- i pagamenti di beni e servizi che sono effettuati nell’esercizio dell’attività caratteristica di impresa nei termini d’uso;
- le rimesse che sono effettuate su un conto corrente bancario, a patto che non abbiano ridotto in maniera ritenuta “consistente” e “durevole” l’esposizione debitoria del fallito nei confronti dell’istituto di credito;
- le vendite e i preliminari di vendita “a giusto prezzo”, che abbiano come oggetto gli immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado, ovvero quelli che sono destinati a costituire la sede principale dell’impresa dell’acquirente;
- gli atti, i pagamenti e le garanzie che risultano essere state concesse su beni del debitore, a patto che siano posti in essere in esecuzione di un piano, la cui fattibilità deve essere attestata da un professionista non legato all’impresa, e in grado di apparire come idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria della stessa e ad assicurarne il riequilibrio finanziario;
- gli atti, i pagamenti e le garanzie che risultano essere state essere concesse in esecuzione del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata, dell’accordo omologato ai sensi dell’art. 182-bis, nonché posti in essere dopo il deposito del ricorso di cui all’art. 161;
- i pagamenti dei corrispettivi per le prestazioni di lavoro che vengono effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito;
- i pagamenti di debiti ritenuti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per poter ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali di amministrazione controllata e di concordato preventivo.