La notifica dell’accertamento fiscale è valida se consegnata a qualunque persona si dichiari titolata a riceverla e abbia firmato la ricevuta. A nulla rileva la stabilità e la continuità dei rapporti con il destinatario: la validità della notifica opera anche nei confronti di color o che hanno rapporti provvisori o precari con il destinatario, a patto che facciano ragionevolmente presumere che quest’ultimo possa essere edotto dalla notificazione.
A sostenerlo è la Corte di Cassazione, sez. trib., con ordinanza n. 7638/2018, con la quale mette fine a una disputa che aveva coinvolto l’Agenzia delle Entrate e un contribuente, con ricorso del Fisco nei confronti di un provvedimento della CTR Puglia che, invece, aveva dato ragione al secondo.
Il caso
Per poter comprendere quali siano state le motivazioni e le conclusioni dei giudici della Suprema Corte giova sintetizzare il caso.
La vicenda trae infatti origine dall’impugnazione della cartella di pagamento dell’imposta di registro dovuta in relazione a una scrittura privata, lamentando un difetto di notifica dell’avviso di liquidazione. Secondo il giudice di appello, infatti, l’avviso non era stato validamente notificato al contribuente, poiché l’atto era stato consegnato a una collaboratrice dello studio commerciale che era situato nel piano superiore allo stabile di residenza dell’uomo.
Per i giudici in appello, infatti, la consegna era intervenuta “nelle mani di persona non avente alcun tipo di relazione o collegamento con l’intimato”, non essendo infatti la lavoratrice dello studio una persona di famiglia o addetta alla casa o all’ufficio dell’intimato.
L’Agenzia delle Entrate ha dunque proposto ricorso contro la sentenza in appello e, in Cassazione, ha ottenuto evidente soddisfazione.
Valida la notifica nei confronti di chi si dichiara autorizzato al ritiro
La Corte di Cassazione considera valida la notifica a chi si dichiara autorizzato al ritiro e firmi la ricevuta partendo dall’interpretazione dell’art. 139 c.p.c., che prescrive che la notifica debba essere eseguita nel luogo di residenza del destinatario, precisando che questi deve essere ricercato nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio, o esercita l’industria o il commercio.
La norma però no dispone un ordine tassativo da seguire in queste ricerche. Ne consegue che è ben possibile optare per una notifica presso l’abitazione o presso la sede dell’impresa, purché si tratta di un luogo posto nel comune in cui il destinatario ha la propria residenza.
Partendo da tale assunto, la Corte di Cassazione ricostruisce come nella fattispecie in esame l’atto da notificare, indirizzato al contribuente al proprio domicilio fiscale, era stato consegnato dal messo notificatore a una donna che si era dichiarata “collaboratrice e autorizzata al ritiro”, che si trovata nello stabile, e che ha posto la propria firma per ricevuta.
Con un simile atteggiamento, la consegnataria ha dato atto del compimento degli adempimenti della sequenza del procedimento notificatorio prevista dalla legge, essendo così da escludere ogni eventualità di confusione tra il luogo in cui il contribuente ha la sua abitazione, e quello dove ha l’ufficio.
La prova dell’inesistenza di rapporti con il firmatario dell’avviso
A questo punto, i giudici della Suprema Corte aggiungono che nel caso in cui il destinatario dell’atto contesti la validità della notificazione, spetterà a lui l’onere di fornire la prova sull’inesistenza di rapporti con il firmatario / consegnatario, ovvero l’occasionalità della presenza dello stesso consegnatario. Non è infatti necessaria, per questa specifica forma di notifica, l’ulteriore adempimento che è invece previsto dallo stesso art. 139 c.p.c., in relazione alla raccomandata, in caso di consegna al portiere o al vicino di casa.
Nelle proprie motivazioni, i giudici sottolineano inoltre che appare essere
assai fragile l’argomento difensivo secondo cui il rapporti di collaborazione in forza del quale la consegnataria si era dichiarata autorizzata alla ricezione dell’atto, sia lessicalmente riferibile al suddetto rapporto di lavoro con la professionista, piuttosto che ad una qualche relazione con il contribuente, perché nessuna norma prevede che l’agente notificatore indaghi sulla veridicità delle dichiarazioni rese dal consegnatario in ordine ai suoi rapporti con il destinatario, e perché, indipendentemente dalla espressione usata in luogo di quella di “addetta alla casa” specificamente indicata nell’art. 139 c.p.c., quel che rileva, ai fini qui considerati, è che si tratti di rapporti sostanziali, anche di natura provvisoria o precaria, tra consegnatario e destinatario dell’atto, che facciano ragionevolmente presumere che il secondo soggetto venga reso edotto dal primo dell’eseguita notificazione, e tanto basta.