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Termini di prescrizione del diritto alla rivalutazione contributiva – guida rapida

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Termini di prescrizione del diritto alla rivalutazione contributiva – guida rapida
prescrizione contributi
Avv. Beatrice Bellato

Termini di prescrizione del diritto alla rivalutazione contributiva – guida rapida

  • Prescrizione del diritto alla rivalutazione contributiva
  • I motivi del ricorso
  • La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione – Sezione Lavoro, con ordinanza n. 22588 del 9 agosto 2024, è intervenuta sul tema dei termini di prescrizione del diritto di rivalutazione contributiva, affermando che il diritto è assoggettato a prescrizione decennale, con decorrenza dal momento in cui l’interessato abbia avuto conoscenza o potesse avere conoscenza del fatto di essere stato esposto oltre soglia ad amianto, durante le proprie lavorazioni.

Prescrizione del diritto alla rivalutazione contributiva

Riepilogando brevemente il caso ricordiamo come la Corte di appello di Potenza in riforma della sentenza del Tribunale di Matera abbia rigettato la domanda di un contribuente finalizzata ad ottenere il riconoscimento del beneficio di cui all’art. 13 della legge n. 257 del 1992.

Il giudice di appello ha infatti ritenuto che il diritto a tale beneficio, dotato di specifica autonomia, sorge per effetto dell’esposizione qualificata all’amianto ultradecennale e può essere fatto valere da quando tale elemento sostitutivo si è verificato il che può avvenire al massimo entro la data del pensionamento quando necessariamente l’esposizione morbigena cessa.

Di conseguenza, la data del pensionamento dell’assicurato è il momento ultimo per il perfezionamento dei requisiti costitutivi del beneficio ed anche per la decorrenza del termine di prescrizione.

Il giudice di appello ha quindi accertato che nella specie, a fronte del pensionamento del luglio 1998 ed in mancanza di allegazione e prova del fatto che la consapevolezza dell’esposizione all’amianto era insorta successivamente al pensionamento e la domanda all’INPS era stata inoltrata solo il 30.6.2015 quando il termine decennale di prescrizione era oramai decorso.

Per ottenere la cassazione della sentenza il contribuente ha proposto ricorso.

I motivi del ricorso

Esaminiamo dunque brevemente quali sono i motivi del ricorso. Il contribuente lamenta infatti che la Corte d’appello:

  • ha individuato il dies a quo del termine prescrizionale in materia di benefici previdenziali per esposizione ad amianto nella data del pensionamento;
  • non ha considerato che il ricorrente ha acquisito consapevolezza dell’esposizione ad amianto dal momento del deposito della c.t.u. ambientale relativa allo stesso stabilimento ove aveva lavorato e alle stesse mansioni svolte;
  • ha ritenuto prescrittibile il diritto alla rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto per i soggetti già pensionati o collocati in mobilità alla data del 1° ottobre 2003;
  • ha individuato il dies a quo del termine di prescrizione nel collocamento in quiescenza della ricorrente, quale ultimo momento utile per il perfezionarsi del diritto ai benefici contributivi, in assenza di qualsiasi prova e finanche di indizi per ritenere raggiunta la consapevolezza dell’esposizione all’amianto in tale momento;
  • inoltre, ha stabilito che la prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, che nel caso dei benefici contributivi per esposizione all’amianto coincide, a prescindere dal pensionamento, col momento della raggiunta consapevolezza, in capo al titolare, del diritto conseguente alla propria esposizione ad amianto;
  • infine, ha ritenuto che il ricorrente fosse tenuto a dedurre e poi provare la consapevolezza della propria esposizione.

La decisione della Corte di Cassazione

Cominciamo con il riepilogare quali sono state le valutazioni dei sei motivi da parte della Corte di Cassazione. I primi due motivi vengono esaminati congiuntamente e sono infondati.

La stessa Corte di legittimità ha più volte rammentato che nella sua sede possono essere sindacate solo quelle anomalie della motivazione che si tramutino in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinenti all’esistenza della motivazione in sé, sempre che il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Vengono dunque in rilievo a questo riguardo

  • la mancanza assoluta di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico,
  • la motivazione apparente,
  • il contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili,
  • la motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile.

Di contro, è irrilevante il semplice difetto di sufficienza della motivazione.

Per quanto attiene poi l’apparenza della motivazione, si presuppone che non sia percepibile il fondamento della decisione.

L’evenienza si verifica

quando la pronuncia racchiuda argomentazioni obiettivamente inidonee a illustrare il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento. Invero, non si può demandare all’interprete il compito d’integrare la motivazione con le più varie, ipotetiche congetture. Solo in tale fattispecie, la sentenza è nulla, in quanto inficiata da error in procedendo.

La data di pensionamento

Ora, la Corte sottolinea altresì che nessuna delle ipotesi enucleate dalla giurisprudenza di questa Corte si ravvisa nel caso di specie e che i giudici d’appello hanno esposto in modo perspicuo le ragioni che sorreggono l’individuazione del dies a quo della prescrizione nella data del pensionamento.

Il fondamento logico della decisione non è minato da contraddizioni insanabili e non risulta imperscrutabile nei suoi snodi essenziali. A tale riguardo, una decisiva conferma si può trarre dal fatto che il ricorrente ha potuto indirizzare specifiche e pertinenti censure contro l’iter logico che ha condotto alla decisione impugnata, così dimostrando con evidenza paradigmatica di averne inteso i punti salienti.

– si legge ancora nelle motivazioni.

Si giunge così al terzo motivo, con cui si contesta in radice la prescrittibilità del diritto alla rivalutazione contributiva legata all’esposizione all’amianto.

Anche questo motivo è però infondato.

La prescrizione della rivalutazione contributiva

La Corte ha più volte affermato che il diritto alla rivalutazione contributiva è prescrittibile e che la prescrittibilità discende dalle caratteristiche del beneficio della rivalutazione contributiva della posizione assicurativa, un diritto autonomo rispetto al diritto a pensione e che sorge in conseguenza del fatto della esposizione ad amianto e determina una maggiorazione pensionistica avente in un certo qual modo natura risarcitoria.

Peraltro, anche per quei lavoratori già pensionati alla data di entrata in vigore del d.l. n. 269 del 2003, la Corte ha ribadito la prescrittibilità del diritto, sulla scorta dei seguenti rilievi:

ciò che si fa valere non è il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge “ai fini pensionistici” e ad essi, quindi, strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) – in base ai criteri ordinari – il diritto al trattamento pensionistico.

Peraltro, si ricorda come la prospettazione dell’imprescrittibilità che aveva coltivato il ricorrente è stata disattesa anche di recente con la Cass. 09/05/2022 n. 14599, nella disamina di controversie sovrapponibili a quella odierna.

La decorrenza

Accertata la prescrittibilità del diritto, si verifica la decorrenza come sollecitato nel quarto, quinto e il sesto motivo di ricorso, che vengono qui esaminati congiuntamente. Ebbene, le censure sono fondate alla luce delle precisazioni illustrate da questa Corte nel sindacato di numerose pronunce sorrette dal medesimo percorso argomentativo.

La ratio decidendi della pronuncia impugnata s’incentra sull’esclusivo rilievo che il dies a quo della prescrizione debba essere necessariamente […] ricollegato alla data del pensionamento risalente al luglio 1998 con conseguente intempestività della domanda rivolta all’INPS del 30 giugno 2015. La Corte di merito soggiunge che l’assicurato non ha né dedotto né dimostrato l’acquisizione della consapevolezza in data successiva al pensionamento. Peraltro, cessato il rapporto di lavoro è cessata anche l’esposizione alle fibre di amianto.

La Corte di legittimità ha già evidenziato in riferimento a un caso sovrapponibile al presente che la statuizione incorre negli errores in iudicando denunciati, che attengono alla violazione e alla falsa applicazione della regola di diritto vigente in tema di prescrizione.

Secondo la giurisprudenza consolidata di legittimità il diritto alla rivalutazione contributiva è assoggettato a prescrizione decennale,

con decorrenza dal momento in cui l’interessato abbia avuto conoscenza o potesse avere conoscenza del fatto di essere stato esposto oltre soglia ad amianto, durante le proprie lavorazioni.

Pertanto, la consapevolezza o la conoscibilità si palesano indispensabili al fine di individuare il termine di decorrenza della prescrizione del diritto vantato e devono essere positivamente e puntualmente accertate.

Ne deriva che la Corte territoriale ha errato nell’identificare recisamente il dies a quo della prescrizione nella data del pensionamento, con un profilo che è sprovvisto di valenza significativa ai fini della rigorosa verifica imposta dalla legge in ordine al bagaglio cognitivo dell’interessato.

Per i giudici di Cassazione, pertanto, deve essere data continuità ai principi di diritto enunciati dalla Corte in controversie analoghe. La sentenza è cassata con rinvio per un nuovo esame alla stessa Corte di appello in diversa composizione.

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