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ASD, i proventi da raccolta pubblica di fondi non sono imponibili – guida rapida

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it ASD, i proventi da raccolta pubblica di fondi non sono imponibili – guida rapida
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Avv. Beatrice Bellato

ASD, i proventi da raccolta pubblica di fondi non sono imponibili – guida rapida

  • L’appello proposto dall’Associazione sportiva dilettantistica
  • I motivi del ricorso
  • La decisione della Corte: i motivi vanno disattesi
  • Quali attività rientrano tra le non imponibili
  • Il principio di diritto

Con l’ordinanza n. 26811 del 15 ottobre 2024 la Corte di Cassazione ha sancito che i proventi realizzati dalle associazioni sportive dilettantistiche per il tramite della raccolta pubblica di fondi non sono imponibili fino alla concorrenza dell’importo previsto da apposito decreto ministeriale, se riguardano eventi posti in essere per finalità non commerciali e nei limiti di due eventi per anno d’imposta, risolvendosi in ciò l’occasionalità dell’attività svolta.

L’appello proposto dall’Associazione sportiva dilettantistica

Il caso trae origine dalla sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana (CTR) che accoglieva parzialmente l’appello proposto da Associazione sportiva dilettantistica nei confronti della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Pistoia (CTP), con cui era stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’associazione contro avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA.

Come si evince dalla sentenza impugnata e dagli atti di causa, il Fisco recuperava a tassazione ai fini delle imposte dirette e dell’IVA gli importi delle fatture emesse nei confronti degli sponsor, regolarmente assoggettate ad IVA e poi oggetto di rettifica da parte dell’associazione.

La CTR accoglieva parzialmente l’appello evidenziando che la manifestazione sportiva doveva qualificarsi come attività occasionale, con conseguente irrilevanza ai fini fiscali delle fatture emesse nei confronti degli sponsor.

Contro la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione.

I motivi del ricorso

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 25, comma 2, lett. a), della l. 13 maggio 1999, n. 133 e dell’art. 143, comma 3, lett. a), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che l’evento sportivo integri attività occasionale, con conseguente sottoposizione a tassazione dei proventi derivanti dalle sponsorizzazioni. Tiene conto infatti che l’attività in cui si sostanzierebbe l’evento rientri nell’attività istituzionale dell’associazione, si ripete ogni anno e i fondi non sono raccolti in occasione di “celebrazioni, ricorrenze e campagne di sensibilizzazione”.

Con il secondo motivo di ricorso, proposto in via subordinata, si contesta invece in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, avendo la CTR omesso di considerare che l’organizzazione di tornei di calcio rientra nell’attività istituzionale dell’associazione.

La decisione della Corte: i motivi vanno disattesi

I motivi sono considerati in modo unitario della Corte e devono essere disattesi.

Prima di tutto, viene evidenziato come nella fattispecie non è in alcun modo in discussione che l’associazione abbia diritto di beneficiare del regime agevolativo previsto dalla legge, non essendo stata contestata la natura di ente non commerciale della stessa.

L’Agenzia delle Entrate si limita invece a contestare che l’organizzazione di un torneo di calcio con periodicità annuale e pacificamente rientrante nell’ambito dell’oggetto sociale dell’associazione non costituisca manifestazione organizzata con carattere di occasionalità ai sensi dell’art. 25, comma 2, lett. b) (erroneamente indicata come a) in ricorso), della l. n. 133 del 1999, cosi che i proventi conseguenti alle sponsorizzazioni relative a detta manifestazione non avrebbero potuto essere sottratti ad imposizione.

Il reddito imponibile delle ASD

La Corte ricorda poi come ai sensi dell’art. 25, comma 2, della l. n. 133 del 1999, nella formulazione applicabile ratione temporis,

per le associazioni sportive dilettantistiche, (…), non concorrono a formare il reddito imponibile, per un numero di eventi complessivamente non superiore a due per anno e per un importo non superiore al limite annuo complessivo fissato con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro per i beni e le attività culturali: a) i proventi realizzati dalle associazioni nello svolgimento di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali; b) i proventi realizzati per il tramite della raccolta pubblica di fondi effettuata in conformità all’articolo 108, comma 2-bis, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in materia di formazione del reddito complessivo.

Il riferimento all’art. 108, comma 2 bis, lett. a), del TUIR è oggi da intendersi all’art. 143, comma 3, lett. a), del TUIR, secondo il quale

Non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 73: a) i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione; (…).

Quali attività rientrano tra le non imponibili della ASD

In sostanza, prosegue ancora la Corte, per rientrare tra le attività non imponibili (e nemmeno soggette ad IVA), le sponsorizzazioni devono avere il carattere dell’occasionalità ed essere state effettuate in concomitanza con celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione.

In aggiunta a ciò, non possono essere considerati più di due eventi per anno e vi è un limite massimo di non imponibilità fissato con decreto ministeriale (nel caso di specie, pacificamente euro 51.500,00).

Diversamente da quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate, dunque, non assume alcuna rilevanza, ai fini del beneficio, la circostanza che l’attività occasionale rientri nell’oggetto sociale: è, infatti, difficilmente ipotizzabile l’effettuazione di eventi che non siano in qualche modo attinenti all’attività svolta dall’associazione, e dunque legare il concetto di occasionalità ad eventi estranei all’oggetto sociale finisce per limitare irragionevolmente il campo applicativo della disposizione.

In verità, in relazione specifica a quanto disposto per le associazioni sportive, il carattere dell’occasionalità previsto in via generale per gli enti non commerciali dall’art. 143, comma 3, del TUIR, è, in qualche modo, già predeterminato per legge, avuto conto al limite di due eventi annui espressamente previsto dall’art. 25, comma 2, lett. b), della l. n. 133 del 1999.

L’indicazione per cui le attività occasionali non imponibili siano realizzate in concomitanza con celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione non ha una valenza normativa vincolante. Fornisce dunque una mera indicazione in ordine allo scopo per cui sono raccolti fondi, che non è quello commerciale, volto alla realizzazione del profitto, ma quello di perseguire altri interessi meritevoli di tutela (ad es., di promozione e sensibilizzazione verso certe attività), inevitabilmente connessi all’oggetto sociale.

Il principio di diritto

Viene dunque enunciato il seguente principio di diritto:

I proventi realizzati dalle associazioni sportive dilettantistiche per il tramite della raccolta pubblica di fondi ai sensi dell’art. 25, comma 2, lett. b), della legge n. 133 del 1999 non sono imponibili (né soggetti ad IVA), fino alla concorrenza dell’importo previsto da apposito decreto ministeriale, laddove riguardino eventi posti in essere per finalità non commerciali e nei limiti di due eventi per anno d’imposta, in ciò risolvendosi l’occasionalità dell’attività svolta.

Per i giudici di legittimità, la sentenza della CTR è pienamente rispettosa del superiore principio di diritto. Secondo il giudice di appello, infatti, il ricavato delle sponsorizzazioni va annoverato tra i proventi soggetti a trattamento tributario agevolato, rientrando l’organizzazione del torneo di calcio nell’ambito del concetto di occasionalità, essendo stati rispettati i limiti dei due eventi annui previsti dalla legge.

I due motivi sono, quindi, infondati.

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