Con recente ordinanza n. 10481/2018, la Corte di Cassazione ha dichiarato nulla la cartella esattoriale priva del calcolo degli interessi maturati sul debito preteso. Con tale pronuncia, viene così rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della Commissione tributaria regionale Campania, che aveva annullato una cartella di pagamento per recupero Irpef, limitatamente all’importo degli interessi dovuti, poiché mancante dell’indicazione dei relativi criteri di calcolo. La sentenza in esame chiarifica come il contribuente debba essere messo nella condizione di verificare le modalità attraverso le quali è stato effettuato il calcolo da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
Calcolo degli interessi nella cartella esattoriale
Nella sua tesi, l’Agenzia delle Entrate lamentava come i giudici avessero erroneamente ritenuto essenziale l’esplicitazione del calcolo degli interessi sul debito preteso all’interno della cartella di pagamento, sostenendo altresì che il documento era stato redatto secondo il modello ministeriale, e che gli interessi venivano rigidamente predeterminati per legge. Il calcolo degli interessi dunque, sebbene non esplicitato, avrebbe potuto essere desumibile per relationem, e la tesi sostenuta dall’Amministrazione riteneva sufficiente che i criteri di calcolo fossero individuabili.
Nella sua pronuncia, invece, gli Ermellini sottolineano come il motivo in esame si ponga in contraddizione con il principio giurisprudenziale (che più volte era peraltro stato ribadito proprio nella stessa sede d’esame, e dal quale la Corte non ha evidentemente ritenuto essere opportuno discostarsi) secondo cui
in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento degli interessi maturati su un debito tributario dev’essere motivata dal momento che il contribuente dev’essere messo in grado di verificare la correttezza del calcolo degli interessi (così la sentenza Cass. n. 8651/2009 e la sentenza Cass. n. 15554/2017).
Il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate è dunque viziato ogniqualvolta il contribuente non sia messo nella condizione di poter verificare le modalità attraverso le quali l’Amministrazione Finanziaria ha effettuato i calcoli volti alla quantificazione dell’obbligazione gravante sul contribuente a titolo di interessi.
La nullità della cartella di pagamento
In aggiunta a ciò, gli Ermellini affermano come il motivo di ricorso con cui l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 7 della legge n. 212 del 2000 e 3 della legge n. 241 del 1990, per avere la Commissione tributaria sancito la nullità della cartella di pagamento per non aver allegato alla stessa la sentenza definitiva emessa nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento, deve ritenersi assorbito, essendo comunque inammissibile perché diretta a censurare una ratio decidendi non rinvenibile nella predetta statuizione, in quanto il riferimento alla questione della necessaria allegazione della sentenza definitiva sul credito erariale alla cartella di pagamento è spiegabile per il fatto che la Ctr opera una mera riproduzione della motivazione della sentenza della stessa Corte n. 8651/2009, che anche di tale questione tratta, pur senza assumerla a fondamento della propria decisione.
Viene così rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, decretando così, ancora una volta, come la cartella esattoriale che non riporti il completo calcolo degli interessi sul debito sia nulla. Il provvedimento dell’Amministrazione è dunque viziato ed al contribuente è possibile ricorrere alla competente Commissione Tributaria provinciale.