La nullità di clausole statutarie societarie – indice:
- Cosa sono le clausole
- L’art. 2332 c.c.
- Quando sono nulle
- Chi può far valere la nullità
- Gli effetti
- Le clausole di modifica dello statuto
La nullità di clausole statutarie societarie è un’ipotesi di vizio dello statuto o dell’atto costitutivo di una società di capitali non espressamente regolata dal legislatore. I suoi effetti, pertanto, che si esamineranno nel corso dell’approfondimento, vanno ricostruiti in via interpretativa muovendo dall’articolo 2332 c.c. Questo, inserito nel capo V del libro V del Codice civile dedicato alle società di capitali, disciplina la nullità delle società per azioni ma si applica anche alle società a responsabilità limitata ed a quelle in accomandita per azioni.
La nullità di cui alla suddetta norma è individuata dal legislatore in ipotesi tassative in cui tale causa di invalidità si manifesta. Il principio di tassatività che incardina l’articolo 2332 c.c. consente di tenere la disciplina della nullità della società e di quella di singole clausole statutarie su due piani distinti. Ciò discende dal fatto che tale norma è stata prevista appositamente per creare una disciplina ad hoc della nullità delle società iscritte al registro delle imprese alle quali invece è esclusa l’applicazione delle norme sulla nullità del contratto da applicarsi invece alle società non registrate ovvero alle società semplici.
Cosa sono le clausole statutarie societarie
Le clausole statutarie sono delle condizioni contrattuali che i soci inseriscono nel contratto sociale, in sede di costituzione o in un momento successivo, per regolare il funzionamento della società sotto i diversi profili che la caratterizzano. Possono dunque essere inserite nell’atto costitutivo oppure nello statuto.
Si ricorda per completezza e per affinità con l’argomento la differenza tra atto costitutivo e statuto. Il primo è l’atto formale che deve indicare gli elementi elencati al secondo comma dell’articolo 2328 c.c. e che dev’essere obbligatoriamente redatto. Il secondo, che può essere parte integrante o meno dell’atto costitutivo, non è un documento obbligatorio (ma nella maggior parte dei casi è presente) e, in base a quanto affermato dal terzo comma dell’articolo 2328 c.c., contiene “le norme relative al funzionamento della società”.
Le clausole statutarie, pertanto, potranno avere il seguente contenuto a seconda che afferiscano all’atto costitutivo o allo statuto:
- modalità di esercizio dell’attività d’impresa con riguardo alla sua struttura finanziaria (distribuzione degli utili, azioni, benefici destinati ai soci o ai promotori ecc.);
- la struttura governativa della società nonché la gestione delle risorse in entrata e in uscita dalla società;
- le regole di operatività della società stessa nei rapporti interni ed esterni, ovvero con riguardo al funzionamento degli organi sociali e alla presenza della società nel mercato (ad esempio con riguardo all’emissione e alla circolazione delle azioni).
La nullità della S.p.a. di cui all’articolo 2332 c.c.
Dovendo muovere da tale norma per trattare con completezza l’argomento si riporta quanto stabilito dal suo primo comma:
“Avvenuta l’iscrizione nel registro delle imprese, la nullità della società può essere pronunciata soltanto nei seguenti casi:
- 1) mancata stipulazione dell’atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico;
- 2) illiceità dell’oggetto sociale;
- 3) mancanza nell’atto costitutivo di ogni indicazione riguardante la denominazione della società, o i conferimenti, o l’ammontare del capitale sociale o l’oggetto sociale.”
I vizi di cui parla tale norma sono ipotesi tassative di nullità delle società di capitali che sostituiscono l’applicazione delle norme di cui agli articoli 1418 e seguenti del codice civile sui contratti. La nullità della società pertanto può essere pronunciata solo in queste ipotesi. Si tratta di ipotesi nullità che hanno effetto sul contratto sociale nella sua interezza.
Come si può facilmente notare, fra le ipotesi disciplinate dal legislatore non c’è alcun riferimento a vizi delle clausole statutarie. Queste infatti, quando viziate, non comportano, come si vedrà, la totale nullità del contratto sociale.
Quando sono nulle le clausole statutarie societarie
Le clausole statutarie sono nulle quando sono viziate e sono tali quando contrarie a norme imperative di legge. Si ricorda che una norma imperativa di legge non è disponibile dalla volontà delle parti e dev’essere sempre rispettata.
A titolo esemplificativo si pensi alla clausola con cui i soci decidano di sottrarre ad un organo sociale determinati poteri che gli sono attribuiti dalla legge ed alla cui attribuzione non ammette deroga. Allo stesso modo è nulla la clausola con cui la società sottragga al socio il diritto di recedere dalla società nei casi in cui la legge gli attribuisce inderogabilmente tale diritto.
Bisogna tuttavia distinguere la nullità delle clausole statutarie a seconda che si tratti di clausole inserite nell’atto costitutivo o nello statuto al momento di costituzione della società o di clausole inserite successivamente a seguito di una delibera assembleare di modifica dello statuto. Tale distinzione rileva soprattutto ai fini degli effetti dell’accertamento della nullità.
Chi può far valere la nullità delle clausole statutarie societarie
La nullità di clausole statutarie può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse ai sensi dell’articolo 1421 c.c. mediante domanda di accertamento dell’invalidità. L’interesse dev’essere qualificato e concreto ovvero deve derivare dall’impossibilità di godere di una determinata posizione giuridica soggettiva a causa della clausola viziata. L’azione di nullità può essere proposta senza limiti di tempo se si tratta di clausole statutarie originarie.
Si cita a titolo esemplificativo un caso affrontato dalla Corte di Cassazione nel 2003 in cui nel precedente grado di giudizio il ricorrente, socio di una società cooperativa, aveva chiesto al giudice di dichiarare la nullità di una clausola dello statuto da questi ritenuta illegittima. Tale clausola prevedeva l’esclusiva ammissione a partecipare all’assemblea dei soci dei soli soggetti non morosi nei confronti della società. La Corte d’Appello adita riconosceva infatti l’illegittimità della clausola e ne dichiarava la nullità. Ciò a fronte del fatto che tale clausola limitava il diritto dei soci di partecipazione all’assemblea inderogabilmente previsto dalla legge.
Altro caso rilevante in cui è stata dichiarata la nullità di una clausola statutaria è stato deciso nel 2012 con la sentenza 13279 della Suprema Corte. In questo caso una clausola dello statuto derogava l’articolo 2364 c.c. attribuendo soltanto all’assemblea straordinaria il potere di deliberare in ordine all’azione di responsabilità contro gli amministratori e i sindaci. Al contrario la norma suddetta attribuisce tale potere all’assemblea ordinaria ed è in tal senso inderogabile.
Gli effetti della nullità
Come già accennato, la nullità delle singole clausole statutarie non inficia l’intera validità del contratto sociale che rimane valido. Non si applica infatti, per il principio di tassatività previsto dall’articolo 2332 c.c., l’articolo 1419 c.c. in base al quale “La nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità”.
La nullità rende piuttosto inefficace la singola clausola che dunque cesserà di produrre effetti.
La nullità delle clausole statutarie introdotte con delibera assembleare
I soci possono durante l’assemblea decidere di modificare l’organizzazione della società integrando o riformulando le regole dello statuto. Tali modifiche e/o integrazioni riguardano proprio le clausole statutarie che possono anche in questo caso essere affette da nullità.
L’inserimento di nuove clausole statutarie è frutto dell’accordo tra i soci che hanno partecipato all’assemblea e deliberato in ordine alle suddette modifiche/integrazioni dello statuto. Se, tuttavia, la nuova clausola è frutto di una delibera assembleare illecita si introdurrà una clausola vietata dalla legge perché illecito era ad esempio l’oggetto della delibera stessa modificativa dello statuto. Dalla clausola illecita, infatti, discende il problema dei successivi atti compiuti dalla società conformemente a quanto disposto da tale clausola. Per evitare ciò sarebbe necessario impugnare la delibera invalida e promuoverne l’azione di nullità ai sensi dell’articolo 2379 c.c. entro tre anni. Ma decorso tale termine la delibera non è più impugnabile e pertanto sorgeranno in seno alla società i seguenti dubbi:
- conformarsi alla clausola andando contro la legge;
- seguire la legge e violare l’atto costitutivo o lo statuto.
Dalla tenuta del comportamento conforme alla clausola illecita la massima del consiglio notarile di Milano ha affermato che devono considerarsi “invalide in quanto non conformi alla legge le deliberazioni assembleari e le decisioni dei soci adottate sulla base di un procedimento conforme a clausola statutaria illecita, introdotta con precedente deliberazione assembleare nulla per illiceità dell’oggetto benché non più impugnabile per decorrenza del termine triennale previsto dalla legge”.