Il reato di insider trading – indice
Il reato di insider trading (o, meglio, abuso di informazioni privilegiate) ha una storia relativamente recente nell’ordinamento italiano, ma ha comunque sollevato una grande attenzione da parte di legislatore e giurisprudenza, anche su impulso comunitario.
Nel nostro odierno approfondimento cerchiamo di comprendere quali siano le condotte sanzionate dal legislatore, con una panoramica iniziale che utilizzeremo come base per specifiche focalizzazioni nei prossimi giorni.
Cos’è il reato di insider trading
Il reato di insider trading è disciplinato dall’art. 184 del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), rubricato Abuso di informazioni privilegiate:
È punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro ventimila a euro tre milioni chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate in ragione della sua qualità di membro di organi di amministrazione, direzione o controllo dell’emittente, della partecipazione al capitale dell’emittente, ovvero dell’esercizio di un’attività lavorativa, di una professione o di una funzione, anche pubblica, o di un ufficio:
- a) acquista, vende o compie altre operazioni, direttamente o indirettamente, per conto proprio o per conto di terzi, su strumenti finanziari utilizzando le informazioni medesime;
- b) comunica tali informazioni ad altri, al di fuori del normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell’ufficio o di un sondaggio di mercato effettuato ai sensi dell’articolo 11 del regolamento (UE) n. 596/2014;
- c) raccomanda o induce altri, sulla base di esse, al compimento di taluna delle operazioni indicate nella lettera a).
(…)
Il testo dell’art. 184 TUF prosegue con altri due commi ma, per il momento, soffermiamoci su questi aspetti introduttivi.
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Reato non comune
In primo luogo, giova soffermarsi brevemente sul richiamo del comma primo, che stabilisce che “è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro ventimila a euro tre milioni chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate (…)”.
Da quanto sopra sembrerebbe pertanto potersi configurare un reato comune. Tuttavia, è oramai considerazione assodata nella maggioranza della dottrina il fatto che questo delitto sia un reato proprio.
D’altronde, lo stesso legislatore chiarisce poco dopo che la condotta illecita può essere realizzata in ragione del ruolo svolto, e in caso di possesso di un’informazione privilegiata.
Dunque, possono essere insider trader:
- coloro che sono entrati in possesso di un’informazione privilegiata perché membri di organi di amministrazione, di direzione o di controllo dell’emittente;
- coloro che svolgono una funzione pubblica, comprendendosi in tale recinto non solamente il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, quanto qualsiasi altra figura di pubblico funzionario.
La condotta illecita
Risulta successivamente di particolare interesse soffermarsi sulla condotta che può configurare il reato in questione.
A ben vedere, infatti, la previsione del legislatore è quella di punire i comportamenti di chi viola gli obblighi di non facere.
Il reato è infatti perpetrato con una delle modalità alternative che seguono:
- trading, ovvero acquisto, vendita o compimento di altre operazioni, direttamente o indirettamente, per conto proprio o per conto di terzi, su strumenti finanziari utilizzando le informazioni medesime;
- tipping, ovvero comunicazione di tali informazioni ad altri, al di fuori del normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell’ufficio;
- tuyautage, ovvero raccomandazione o induzione di altri, sulla base di esse, al compimento di taluna delle operazioni indicate nel punto definito “trading”.
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Il dolo generico
Da quanto sopra dovrebbe essere a questo punto piuttosto chiaro che l’elemento soggettivo del delitto di abuso di informazioni privilegiate consista nel dolo generico.
In tal senso, il soggetto che agisce deve essere consapevole della natura privilegiata dell’informazione che dispone. E vuole utilizzare questa informazione per poter realizzare operazioni, per raccomandare o per effettuare comunicazioni.
Si tenga altresì in considerazione che il reato di insider trading ha una natura istantanea, consumandosi cioè con
- il compimento dell’operazione finanziaria;
- la comunicazione della notizia;
- l’effettuazione della raccomandazione.
Mentre nel caso di compimento dell’operazione finanziaria l’individuazione del momento della consumazione del reato potrebbe essere di semplice considerazione, le cose potrebbero farsi più complicate nel caso di comunicazione dell’informazione a terzi.
In questo caso, però, si suole ricondurre la consumazione del reato al momento della comunicazione, e non all’uso dell’informazione da parte del terzo, che non assume dunque alcuna rilevanza in questo frangente.
Il reato di abuso di informazioni privilegiate è altresì un reato di condotta. Non è infatti richiesta la verifica dell’evento di danno, o il conseguimento effettivo del profitto. È poi un reato di pericolo e, come tale, il giudice non è tenuto ad accertare l’esistenza dell’effetto dell’abuso di mercato.
Le aggravanti
Richiamiamo in fase conclusiva la presenza degli altri due commi dell’art. 184 TUF, disciplinanti alcune aggravanti.
In particolar modo, la pena prevista al comma primo viene prevista applicarsi anche a chiunque:
essendo in possesso di informazioni privilegiate a motivo della preparazione o esecuzione di attività delittuose compie taluna delle azioni di cui al medesimo comma 1.
Inoltre il giudice ha la facoltà di aumentare la multa fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dal reato se il fatto, per la sua rilevante offensività, o ancora per le qualità personali del colpevole o per l’entità del prodotto o del profitto conseguito dal reato, la stessa appare inadeguata anche se applicata nel massimo.
Un particolare cenno è poi stato condotto, con l’aggiunta del comma 3-bis. Se le operazioni sono
relative agli strumenti finanziari di cui all’articolo 180, comma 1, lettera a), numeri 2), 2-bis) e 2-ter), limitatamente agli strumenti finanziari il cui prezzo o valore dipende dal prezzo o dal valore di uno strumento finanziario di cui ai numeri 2) e 2-bis) ovvero ha un effetto su tale prezzo o valore, o relative alle aste su una piattaforma d’asta autorizzata come un mercato regolamentato di quote di emissioni, la sanzione penale è quella dell’ammenda fino a euro centotremila e duecentonovantuno e dell’arresto fino a tre anni.