Il reato di insolvenza fraudolenta – indice
All’interno dei delitti contro il patrimonio, e in particolar modo dei delitti contro il patrimonio mediante frode, trova spazio anche il reato di insolvenza fraudolenta, previsto dall’art. 641 Codice penale.
Ma quali sono le caratteristiche del reato? Quando è configurabile? Come è punito?
Cerchiamo di scoprire tutto ciò che bisogna sapere su tale delitto, cominciando, come nostra abitudine, dalla lettura del dispositivo del Codice.
Cos’è il reato di insolvenza fraudolenta
Secondo quanto afferma l’art. 641 del Codice penale
Chiunque, dissimulando il proprio stato d’insolvenza, contrae un’obbligazione col proposito di non adempierla è punito, a querela della persona offesa, qualora l’obbligazione non sia adempiuta, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a cinquecentosedici euro.
L’adempimento dell’obbligazione avvenuto prima della condanna estingue il reato.
Già da questa breve premessa, possiamo dunque comprendere come la ratio del dispositivo penale sia quello di tutelare il patrimonio del singolo e, evidentemente, anche la buona fede contrattuale.
Per poter raggiungere questo scopo, il legislatore ha formulato un testo che ha lasciato spazio a diverse interpretazioni da parte di giurisprudenza e dottrina. E che, nei prossimi paragrafi, cercheremo di ricondurre alle spiegazioni più omogenee.
Cos’è lo stato di insolvenza
Un primo elemento di potenziale confusione potrebbe sorgere nell’analisi del concetto di stato di insolvenza. Che cosa si intende con tale termine?
In realtà, appare subito evidente che lo stato di insolvenza introdotto dal legislatore penale non possa certamente ricondursi alla nozione civilistica o a quella fallimentare.
Meglio pertanto sgombrare il campo dai dubbi, e rammentare che lo stato di insolvenza inteso dall’art. 641 Codice penale rappresenta meramente l’incapacità del debitore di poter garantire il soddisfacimento delle proprie obbligazioni, ovvero dei crediti altrui.
A sua volta, tale incapacità può essere riferita sia in maniera generale, che in relazione alla singola obbligazione contratta. Pertanto, si può configurare il reato sia nel caso in cui il soggetto attivo dissimuli la propria difficoltà a far fronte a qualsiasi tipo di adempimento, sia nell’ipotesi in cui invece dissimuli la propria difficoltà a far fronte a uno specifico debito.
L’elemento soggettivo nell’insolvenza fraudolenta
A questo punto, possiamo cercare di aggiungere a qualche tassello alla configurazione del reato di insolvenza fraudolenta, evidenziando come l’elemento soggettivo richiesto per poter ricadere nelle ipotesi di delitto sia l’effettiva intenzione di assumere un’obbligazione con il proposito di non adempierla.
Insomma, il reato si configura solamente se nel momento in cui si assume il debito, il soggetto attivo è già conscio di non volerlo ripagare. Non rileva, e non è sufficiente, l’accettazione del mero rischio di non poterlo adempiere.
In tale ambito, apparirà più chiaro come il comportamento del soggetto attivo possa articolari in tre distinti momenti:
- dissimulazione dello stato di insolvenza da parte del soggetto attivo. Tale dissimulazione può concretizzarsi con fatti, dichiarazioni o, addirittura, il silenzio, se preordinato al futuro inadempimento;
- assunzione di un debito consistente in un dare o in un fare. Non ricade invece in tale configurazione di reato il non fare. In ogni caso, deve trattarsi di obbligazione valida o produttrice di effetti giuridici;
- inadempimento del debito, con la consapevolezza di non onorare l’obbligazione fin dal momento della sua assunzione.
Dunque, in tema di insolvenza fraudolenta, anche il silenzio può assumere rilievo come forma di dissimulazione del proprio stato di insolvenza. Si pensi al caso in cui tale stato non sia manifestato all’altra parte contraente, e il silenzio su di esso sia legato al proposito di non adempiere. Ovvero, quando, sin dal momento in cui il contratto viene stipulato, vi era l’intenzione di non far fronte all’obbligo del rapporto contrattuale.
In tale ambito, pertanto, il silenzio del soggetto attivo rappresenta un comportamento diretto a tenere all’oscuro il creditore dello stato di insolvenza in cui versava.
Le sanzioni del reato di insolvenza fraudolenta
Il legislatore punisce il reato di insolvenza fraudolenta con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a cinquecentosedici euro.
Se tuttavia – come chiarito dall’ultimo comma dell’art. 641 Codice penale, l’obbligazione avviene prima della condanna, il reato si estingue.
In altre parole, in ambito di insolvenza fraudolenta, l’adempimento dell’obbligazione estingue il reato, ma solamente se avviene prima della condanna. Così sostenendo, dunque, il legislatore ammette che l’adempimento può avvenire anche dopo la sentenza di primo o di secondo grado. E’ dunque il ricorso per Cassazione a decidere il “termine”, contrariamente a quanto invece avviene per il risarcimento del danno, che può integrare la circostanza attenuante ex art. 62 cod. pen., che invece deve avvenire prima del giudizio.
Differenze con la truffa
Il delitto di truffa è distinto da quello di insolvenza fraudolenta. Nel primo, infatti, la frode viene attuata attraverso la simulazione di circostanze e di condizioni che non sono veritiere. Bensì, sono artificiosamente create per poter indurre altrui in errore.
Di contro, nell’insolvenza fraudolenta, il soggetto agente agisce in frode dissimulando il reale stato di insolvenza.
Pertanto, si configura il reato di truffa, e non quello di insolvenza fraudolenta, in tutte quelle ipotesi in cui il soggetto passivo sia stato tratto in errore mediante la creazione di una situazione artificiosa da parte del soggetto attivo, che non dovrà essersi limitato solo a nascondere il proprio stato di insolvenza, ma dovrà, di contro, rappresentare in un ampio arco temporale una serie di circostanze inesistenti, e sia ricorso ad artifici per presentarsi come solvibile.