La ricettazione: dolo specifico e eventuale – indice
Come abbiamo approfondito quando ci siamo occupati del nostro principale approfondimento sul reato di ricettazione, l’elemento psicologico di tale delitto costituisce materia particolarmente rilevante, soprattutto per il contenuto del dolo.
Cerchiamo allora di approfondire questo tema, andando a comprendere quali siano i risvolti di analisi del dolo specifico ed eventuale.
Cos’è il dolo specifico nella ricettazione
Tra i reati che sono presupposti alla tutela del patrimonio, quello della ricettazione è certamente uno dei più “interessanti” sotto il profilo analitico.
Rammentiamo che l’art. 648 c.p. sancisce infatti che chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da qualsiasi delitto o comunque si intromette nel farli acquistare, ricevere o occultare, svolge una peculiare funzione che il legislatore ha posto al centro della norma in esame.
Ebbene, compiuta questa breve anticamera, e tornando al nostro focus odierno, non possiamo che cominciare a formulare un chiarimento partendo dall’analisi del dato testuale dell’art. 648 c.c., dal quale si evince che il modello criminoso richiede, in primis, il dolo specifico.
In altri termini, il fatto del soggetto agente deve essere compiuto con la consapevolezza della provenienza delittuosa della cosa, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un profitto.
Di qui, due riflessioni che meritano di essere brevemente trattate separatamente.
La consapevolezza
Per quanto concerne il primo requisito del dolo, ovvero la consapevolezza che il bene abbia una prevalenza illecita, è bene osservare che non vi è effettivo bisogno che la consapevolezza si estenda ad una completa conoscenza del tempo, del modo e del luogo del delitto presupposto. È infatti sufficiente la consapevolezza che la cosa provenga da un delitto. È invece irrilevante il convincimento che il reato presupposto configuri un delitto diverso da quello che in realtà risulta essere stato compiuto.
Secondo autorevole giurisprudenza, peraltro, la consapevolezza è presente anche quando l’illiceità è desumibile solamente da fatturi conosciuti dall’agente, come la qualità delle cose o le condizioni del venditore. Evidentemente, i sospetti devono essere così gravi e univoci da generare in qualsiasi personale di media levatura intellettuale, e secondo la comune esperienza, la certezza che non possa trattarsi di cose che sono legittimamente detenute da chi le offre.
Il profitto
L’altro elemento che caratterizza il dolo specifico è il fatto che l’agente deve compiere il fatto per poter procurare un profitto, per sè o altri. Non è invece necessario che il profitto sia effettivamente conseguito, essendo sufficiente l’intenzione.
Sempre in materia di profitto e di sua qualificazione, diversamente da altri reati contro il patrimonio, non è necessario che il profitto sia “ingiusto”. Il delitto di ricettazione può dunque essere configurato anche quando il soggetto agente vuole ottenere un vantaggio tutelato dall’ordinamento.
Cos’è il dolo eventuale nella ricettazione
Fin qui, un’analisi pacifica sulle caratteristiche del dolo specifico per qualificare il reato di ricettazione. Tuttavia, una nota sentenza da parte della Corte di Cassazione, del 26 novembre 2009, apre alla compatibilità del delitto in questione con il dolo eventuale.
Con la sentenza appena citata, infatti, le Sezioni Unite sono intervenute per poter risolvere la contrapposizione sussistente in giurisprudenza tra coloro che ammettono la configurabilità della ricettazione a titolo di dolo eventuale, e coloro che invece ritengono che ogni situazione di dubbio sulla provenienza illecita della cosa sia da ricomprendere nell’ambito di un reato di incauto acquisto.
Ebbene, con tale pronuncia le Sezioni Unite hanno ammesso la compatibilità della ricettazione del dolo eventuale. Tuttavia, con la stessa ordinanza gli Ermellini hanno anche richiesto che il giudice debba accertare che il soggetto agente non avrebbe desistito dall’acquisto nell’ipotesi in cui egli avesse avuto la certezza della provenienza illecita del bene.
In altre parole, viene esclusa la configurazione della ricettazione con dolo eventuale in una ipotesi ben specifica. E cioè, nel caso in cui l’agente, che prevede l’illiceità della provenienza della cosa, non avrebbe compiuto il fatto se avesse avuto la certezza della provenienza illecita della cosa.
Il concetto di “cose” nella ricettazione
L’occasione ci è naturalmente utile per integrare quanto sopra con un piccolo richiamo alla condotta tipica ex art. 648 c.p.
Il legislatore rammenta infatti che la condotta deve avere per oggetto denaro o cose provenienti da qualsiasi delitto. E, secondo la dottrina, con tale formula il legislatore ha inteso indicare denaro o cose che devono essere necessariamente ottenuti mediante il reato presupposto. E non le cose provenienti dal delitto o attinenti al delitto.
Ebbene, sempre in tema, si rileva che secondo opinione prevalente della dottrina e della giurisprudenza, le cose di cui all’art. 648 c.p. sono solamente le cose mobili. Non può dunque configurarsi il reato di ricettazione per i beni immobili.
È anche vero che alcune sentenze hanno ammesso che la ricettazione possa anche riguardare dei beni immobili, nelle ipotesi in cui il fatto tipico consista in una compravendita. È proprio quest’ultimo l’approccio che crescente quota della dottrina sta cercando di abbracciare. Con l’invito, sintetico, a rammentare che nelle ipotesi in cui il legislatore ha voluto limitare la portata del reato alle sole cose mobili, lo ha sempre ben chiarito, come ad esempio nel delitto di furto ex art. 624 c.p.