Interessi di mora e usura – indice
Negli ultimi giorni ci siamo occupati in maniera diffusa sul reato di usura, illustrandone la configurabilità, il concetto di interessi usurari, le sanzioni e la riconduzione o meno all’interno del TEG della commissione di massimo scoperto.
Giunge ora il momento di compiere un ulteriore passo in avanti in tal materia, al fine di comprendere se gli interessi di mora debbano o meno essere assunti in considerazione nel momento in cui si procede al conteggio del tasso effettivo globale.
Per far ciò, prendiamo come riferimento la relativamente recente sentenza della Cassazione n. 27442/2018, che contribuisce a definire una relazione diretta tra il costo della mora e la soglia usura che viene trimestralmente riportata dai decreti ministeriali per la categoria di credito interessata.
Una pronuncia che si allontana da quanto stabilito dall’altrettanto recente sentenza Cassazione n. 16303/2018, e che val dunque a rendere ancora più complesso il quadro di riferimento.
Premettiamo infatti che la Cassazione, con sentenza n. 27442/2018, ha reso inapplicabile l’art. 1815 c.c. agli interessi di mora usurari. Una pronuncia che va dunque a discriminare gli interessi di mora dagli interessi corrispettivi, contrastando così le precedenti opinioni giurisprudenziali.
Ma andiamo con ordine.
Cosa sono gli interessi di mora
I giudici della Suprema Corte ribadiscono innanzitutto che il divieto di pattuire interessi eccedenti la misura massima definita dal legislatore, si applica sia agli interessi corrispettivi che agli interessi moratori. Dunque, la legge non consente una distinzione tra le due diverse forme di interesse.
A questo fine, la Cassazione precisa che non assumerebbe alcun rilievo la circostanza secondo la quale la rilevazione da parte del MEF degli interessi medi che vengono praticati dagli operatori non assuma in effettiva considerazione gli interessi moratori.
L’art. 2, comma 1, l. 108/96 stabilisce infatti che la rilevazione dei tassi medi debba avvenire per “operazioni della stessa natura”. E non v’è dubbio che con l’atecnico lemma “operazioni” la legge abbia inteso riferirsi alle varie tipologie contrattuali.
L’opinione della Cassazione
Di qui, la successiva valutazione compiuta dagli stessi Ermellini, secondo cui
il patto di interessi moratori convenzionali ultralegali non può dirsi un’“operazione” e tanto meno un tipo contrattuale. (…) È dunque più che normale che il decreto ministeriale non rilevi la misura media degli interessi convenzionali di mora, dal momento che la legge ha ritenuto di imporre al ministro del tesoro la rilevazione dei tassi omogenei per tipo di contratto, e non dei tassi di interesse omogenei per titolo giuridico.
Formulato questo passaggio, il giudice ritiene altresì non riferibile il collegamento alla legge contro i ritardi nel pagamento delle transazioni commerciali tra imprenditori. La legge prevede infatti come interesse legale di mora un tasso del 9,25%, che può peraltro risultare superiore alle soglie d’usura. Tuttavia, gli Ermellini condividono che quanto stabilito dall’art. 5 del d.lgs. 231/02 sia comunque derogabile, e che se le parti vi derogano, il patto degli interessi moratori non verrà più disciplinato dallo stesso decreto, bensì dalle consuete norme dell’ordinamento e dalla nota l. 108/96.
Sempre in tal merito, la Cassazione ha richiamato alla memoria le pronunce della Corte Costituzionale e della stessa Suprema Corte, secondo cui è nullo il patto con cui vengono stabiliti interessi convenzionali moratori che eccedano il tasso soglia di cui alla l. 108/96, in riferimento al tipo di operazione cui accede lo stesso patto.
Interessi di mora usurari e sanzioni: codice civile e penale
Dopo aver argomentato nella misura di cui sopra, e dopo aver confermato dunque l’insussistenza di ogni differenza funzionale tra gli interessi corrispettivi e quelli moratori, la Cassazione compie tuttavia una distinzione in termini sanzionatori, affermando che
nonostante l’identica funzione sostanziale degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, l’applicazione dell’articolo 1815, comma secondo, cod. civ. agli interessi moratori usurari non sembra sostenibile, atteso che la norma si riferisce solo agli interessi corrispettivi, e considerato che la causa degli uni e degli altri è pur sempre diversa: il che rende ragionevole, in presenza di interessi convenzionali moratori usurari, di fronte alla nullità della clausola, attribuire secondo le norme generali al danneggiato gli interessi al tasso legale.
In altre parole, quanto previsto dall’art. 644 c.p., e che più volte abbiamo commentato negli ultimi giorni, può ben essere applicato sia agli interessi corrispettivi che a quelli moratori. E, naturalmente, lo stesso vale per l’integrazione prevista dall’art. 2 della l. 108/96. Tuttavia, gli interessi di mora non sarebbero interessati dalla sanzione civilistica, prevista dall’art. 1815 c.c.
Conclusioni
In termini più esaustivi, per gli interessi di mora trova dunque applicazione la disciplina usuraria del codice penale ex art. 644, che evidenzia come
Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 643 si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000.
Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma, procura a taluno una somma di denaro o altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario.
e che si sofferma poi sulle aggravanti, che abbiamo avuto modo di approfondire nel nostro focus dedicato al tema.
Tuttavia, non trova applicazione quanto previsto dall’art. 1815 c.c., secondo cui
Salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante. Per la determinazione degli interessi si osservano le disposizioni dell’articolo 1284.
Se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi.
Proprio questa ultima esclusione ha suscitato non poche perplessità da parte della dottrina, non concorde nel negare alla mora in usura la sanzione civilistica. Una opinione che si pone altresì in contrasto alla giurisprudenza prevalente, e che rischia di aprire nuovi margini di aleatorietà nei futuri orientamenti.