Il reato di stalking – indice:
- Il reato
- Gli elementi
- Le sanzioni
- Le tutele
- Il divieto di avvicinamento
- L’ammonimento del questore
- Lo stato d’ansia
Lo stalking è un reato disciplinato dall’ordinamento penale italiano con il Decreto Legge 11/2009, che ha introdotto nel codice penale l’articolo 612-bis. Ma di cosa si tratta? Quali sono gli elementi tipici di questo reato? E quando si può parlare di reato di stalking? E, ancora, come si può fare querela ed entro che termini? Cerchiamo di fornire una risposta a queste e a tante altre domande nel nostro approfondimento sul tema.
Cos’è il reato di stalking: il significato
Come abbiamo anticipato, il reato di stalking è inserito nel nostro ordinamento tra i reati di atti persecutori. L’articolo 612-bis del codice penale sancisce infatti che
salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.
Le finalità del legislatore
Fin dalle righe di cui sopra siamo ben in grado di indicare quali sono gli elementi alla base dello stalking. È un reato che il nostro legislatore ha voluto inserire esplicitamente nel nostro ordinamento per poter fornire una risposta sanzionatoria a quei comportamenti che prima dell’introduzione della novità normativa venivano inquadrati in altri meno gravi delitti, come la minaccia. Inquadramenti che, in buona sostanza, non si dimostravano particolarmente efficaci per poter tutelare le vittime di questa grave condotta.
Gli elementi dello stalking
L’elemento oggettivo dello stalking è rappresentato – come suggerisce la norma – dalla reiterazione delle condotte persecutorie. Le condotte devono essere idonee a cagionare nella vittima un “perdurante e grave stato di ansia o di paura”. Si deve determinare un ” fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva”, ovvero a costringerla ad alterare le proprie abitudini di vita.
A questo punto, si tenga conto come la reiterazione delle condotte persecutorie non debba essere connessa alla necessità di effettuare una lunga serie di comportamenti illeciti. Sono infatti sufficienti anche due sole condotte di minaccia o molestia. La precisazione in tal senso si ha avuta da pronunce giurisprudenziali formalizzate non molto tempo dopo il varo del decreto.
Contenuto delle condotte
Per quanto attiene il contenuto delle condotte, è stata ancora una volta la giurisprudenza a risolvere qualche dubbio, indicando come atti persecutori che possono essere idonei a integrare il delitto di stalking non solamente quei comportamenti che richiedono la presenza fisica dello stalker, bensì anche i comportamenti che non necessitano della sua presenza diretta, come le telefonate o gli sms frequenti, le condotte sui social network, il danneggiamento di cose della vittima, ecc.
Elemento soggettivo
Per quanto concerne invece l’elemento soggettivo dello stalking, si ritiene sufficiente il dolo generico. La volontà rilevante è quella di porre in essere condotte di minaccia e molestia. Non è invece necessaria la rappresentazione anticipata del risultato finale, ovvero la coscienza dello scopo che si vuole ottenere. In altri termini, per poter costituire elemento soggettivo costituente il reato di stalking, sono sufficienti coscienza e volontà delle singole condotte. È altresì necessaria la consapevolezza che ognuna di esse andrà ad aggiungersi alle precedenti formando una serie di comportamenti offensivi.
Come è punito lo stalking: la pena
L’articolo 612-bis del codice penale sancisce che il reato di stalking è punito con la reclusione da 6 mesi a 5 anni, salvo che il fatto non costituisca reato più grave. Al secondo e al terzo comma, come abbiamo visto, sono previste due circostanze aggravanti: vi rimandiamo alla lettura del testo dell’articolo, che sopra trovate in quote, per saperne di più.
In questa parte dell’approfondimento, ci preme invece sottolineare come lo stalking può essere punito a querela della persona offesa. Il termine per poter proporre querela è di sei mesi, e inizia a decorrere dal momento in cui il reato è consumato, ovvero dal momento in cui la persona offesa altera le proprie abitudini di vita o ricade in uno stato di ansia o di paura.
Si tenga inoltre conto che la querela non è revocabile se il fatto viene commesso sulla base di quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 612 del codice penale, e che il reato è procedibile d’ufficio nelle ipotesi delle aggravanti di cui al terzo comma dello stesso articolo.
Le tutele per la persona offesa
Data la delicatezza della situazione psicologica in capo alla persona offesa da stalking, il legislatore ha previsto delle particolari forme di tutela. Tali tutele non sempre sono connesse all’esercizio di un’azione penale. In determinate circostanze infatti, la vittima di comportamenti persecutori potrà chiedere formalmente aiuto all’ordinamento senza per questo proporre un formale atto di denuncia-querela. Alcune tutele sono previste nell’ambito di un procedimento penale, che chiaramente ha come presupposto la proposizione di un atto di denuncia-querela. Vediamo quindi quali sono le tutele previste dalla legge sia nel caso sia instaurato un procedimento penale, che nella circostanza in cui non sia stata proposta alcuna denuncia querela.
Divieto di avvicinamento nel reato di stalking
Parliamo in questo paragrafo delle tutele previste dal codice di procedura penale.
Il legislatore, per poter arrivare a una migliore tutela della parte offesa, ha ampliato lo spettro di misure cautelari prevedendo anche una nuova misura del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, ex articolo 282-ter del codice di procedura penale, ovvero – al secondo comma – “di non avvicinarsi a luoghi determinati, abitualmente frequentati dalla persona offesa, ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa”, e al terzo comma e in caso di ulteriori necessità di tutela, “di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dai prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva”.
L’imputato non può inoltre comunicare attraverso qualsiasi mezzo con i soggetti protetti dalle norme.
L’ammonimento nel reato di stalking
In questo paragrafo prendiamo invece in considerazione una tutela di forma amministrativa esterna rispetto al procedimento penale. In questo caso, come precisato, il procedimento penale potrebbe non essere ancora iniziato. La querela potrebbe non essere stata proposta, e non è prevista la necessità che ciò accada neanche successivamente.
L’ammonimento del questore è una possibilità prevista dall’articolo 8 del Decreto Legge numero 11 del 2009, che infatti recita:
“Fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all’articolo 612-bis del codice penale, introdotto dall’articolo 7, la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore.
Il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l’ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore valuta l’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni.”
Per poter prevenire nuovi atti persecutori, la legge prevede che la persona offesa possa ricorrere – in alternativa alla querela – a una procedura di ammonimento. Quest’ultima ha come obiettivo quello di far desistere lo stalker dalle attività persecutorie mediante un invito allo stesso rivolto. Tale invito, formalizzato dalle autorità di pubbliche sicurezza, è volto alla rinuncia alle stesse attività e ad interrompere così ogni interferenza nella vita del richiedente.
Come è reso evidente dalla norma, per l’ammonimento è necessario che non sia pendente un procedimento penale.
Lo stato di ansia e paura nello stalking
Per quanto concerne le conseguenze causate alla vittima dalle condotte persecutorie, e in particolar modo al perdurante e grave stato di ansia o di paura che la persona offesa ha sofferto, la giurisprudenza si è espressa più volte nel ritenere che non è necessario l’accertamento di uno stato patologico. È infatti sufficiente – sancisce Cassazione n. 16864/2011 che gli atti persecutori “abbiano avuto un effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima, considerato che la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 612-bis del codice penale non costituisce una duplicazione del reato di lesioni (articolo 582 del codice penale), il cui evento è configurabile sia come malattia fisica che come malattia mentale e psicologica”.
In merito si annovera la recente Cassazione n. 14462/2017. La sentenza ha stabilito che per poter essere tale, e dunque considerato penalmente rilevante, lo stalking deve cagionare nella vittima conseguenze psicologiche almeno riconducibili a uno stato di ansia. Se per tanto non vi è uno stato ansioso, o un timore per la propria incolumità, non si può parlare di stalking.
Una pluralità di azioni
Nella pronuncia, gli Ermellini ricordano che “la struttura del reato di atti persecutori sia costituita da una pluralità di azioni a contenuto minatorio o integranti molestie, causalmente orientate, ed obbiettivamente in tal senso efficienti, alla verificazione di uno degli eventi sopra indicati”. E ancora che “laddove non siano ravvisabili gli estremi della violazione dell’articolo 612-bis del codice penale perché ad esempio, le condotte non hanno raggiunto quel coefficiente di intensità nella reiterazione necessario per la integrazione del reato oppure nel caso in cui esse non abbiano determinato a carico del soggetto passivo l’evento tipico del reato.
Non per questo la condotta dell’agente non potrà essere sussunta entro il paradigma normativo ora del reato di cui all’articolo 612 del codice penale ora di quello di cui all’articolo 660 del codice penale, ora di altro reato, necessariamente caratterizzato dalla minore gravità rispetto agli atti persecutori, il cui effetto accessorio, derivante proprio dalla ripetizione delle condotte, sarebbe potuto essere uno di quegli eventi elencati all’articolo 612-bis del codice penale cui prima si è fatto cenno”.