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Home » Commerciale » Lavoro » Licenziamento collettivo, contano anche le mansioni passate – guida rapida

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Licenziamento collettivo, contano anche le mansioni passate – guida rapida

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Licenziamento collettivo, contano anche le mansioni passate – guida rapida
licenziamento
Avv. Beatrice Bellato

Licenziamento collettivo, contano anche le mansioni passate – guida rapida

    • La decisione della Corte di appello
    • Il ricorso per Cassazione
    • Le decisioni della Corte di legittimità

L’ordinanza n. 18093 del 2 luglio 2024 della Corte di Cassazione ha permesso ai giudici di legittimità di affermare che in caso di licenziamento collettivo per chiusura di un reparto, la comparazione dei lavoratori per individuare quelli da licenziare deve essere estesa anche ai dipendenti degli altri dipartimenti aziendali presso cui abbia prestato attività il personale adibito al settore oggetto di eliminazione, al fine di verificare la sussistenza di professionalità omogenee da mettere a confronto e ricostruendo il complessivo bagaglio di esperienza e conoscenza del lavoratore.

Come nostra abitudine, cerchiamo di ricostruire brevemente i fatti per arrivare a comprendere in che modo i giudici della Suprema Corte si siano espressi su questo tema.

Indice:

  • 1 La decisione della Corte di appello
  • 2 Il ricorso per Cassazione contro il licenziamento
  • 3 Le decisioni della Corte di legittimità
    • 3.1 Le motivazioni della decisione di licenziamento

La decisione della Corte di appello

La Corte di appello di Roma ha respinto il reclamo proposto da una società a responsabilità limitata contro la pronuncia del Tribunale che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato a un lavoratore all’esito della procedura collettiva di mobilità, ordinandone la reintegra nel posto di lavoro e condannando l’azienda al pagamento dell’indennizzo commisurato a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre alla regolarizzazione contributiva previdenziale e assistenziale.

In particolare, la Corte territoriale ha confermato l’illegittimità del licenziamento in considerazione della non corretta applicazione dei criteri di scelta determinata dalla mancata comparazione del lavoratore, che svolgeva da ultimo mansioni sovrapponibili con altre posizioni fungibili.

La Corte ha poi sottolineato che la valutazione di fungibilità doveva essere compiuta con riguardo al complessivo bagaglio di esperienze e conoscenze acquisito dal dipendente nel corso del rapporto di lavoro e non solo con quelle ultime svolte.

Infine, la Corte ha ritenuto condivisibile la ricostruzione del primo giudice secondo cui, dall’esame di tutte le risultanze processuali, era emerso che alcuni dipendenti, con un minore punteggio e con mansioni fungibili non erano stati licenziati.

Il ricorso per Cassazione contro il licenziamento

La società datore di lavoro ha proposto ricorso con un unico motivo, con cui la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e n. 5 cpc, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. cc, in riferimento agli artt. 4 e 5 legge n. 223/1991, conseguente alla errata valutazione ex artt. 115 e 116 cpc dei documenti e dell’istruttoria, espletata nella prima fase di merito, comprovanti la legittimità e la regolarità delle procedure di licenziamento collettivo e, conseguentemente, dell’atto risolutivo del rapporto intercorso con la lavoratrice.

In sostanza, la società ha dedotto che i giudici di merito avrebbero erroneamente posto l’onere della prova della “non fungibilità” a carico della società. Per la ricorrente, sempre erroneamente, i giudici avevano rilevato che, dalle prove raccolte, era risultata l’attitudine professionale della originaria ricorrente, nel corso della propria carriera lavorativa in azienda, a svolgere anche attività proprie di altri profili in esubero, inseriti nella graduatoria nei rispettivi reparti di appartenenza in modo tale da rendere illegittimo l’impugnato licenziamento.

Le decisioni della Corte di legittimità

Tralasciando gli aspetti di ammissibilità, e giugnendo direttamente all’aspetto di maggiore interesse di questa vicenda, per il nostro odierno approfondimento, rileviamo come sia stato dichiarato infondato il motivo in ordine alla censura riguardante l’asserito assunto della gravata sentenza, secondo cui era onere della società dimostrare la non fungibilità delle mansioni svolte in passato dal lavoratore rispetto a quelle di altri colleghi non coinvolti dalla procedura di licenziamento collettivo.

I giudici di legittimità evidenziano come sia opportuno premettere che i giudici di merito hanno ricostruito, con accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, il complessivo bagaglio professionale svolto dalla lavoratrice, ponendolo a confronto con la posizione dei vari colleghi indicati nel ricorso introduttivo, in relazione ai quali hanno ritenuto la fungibilità delle mansioni. I colleghi, sebbene in possesso di un minore punteggio, non erano stati licenziati.

In questo ragionamento logico-giuridico i giudici di merito hanno poi considerato rilevante il complessivo bagaglio di esperienze e conoscenze acquisito dal lavoratore nel corso del rapporto di lavoro. Un’operazione ritenuta corretta dai giudici di legittimità, poiché conforme all’orientamento di questa Corte in base al quale,

in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, la comparazione tra lavoratori di professionalità equivalente addetti a diverse unità produttive deve tener conto non solo delle mansioni concretamente svolte in quel momento, ma anche della capacità professionale degli addetti ai settori da sopprimere, mettendo quindi a confronto tutti coloro che siano in grado di svolgere le mansioni proprie dei settori che sopravvivono, indipendentemente dal fatto che in concreto non le esercitino al momento del licenziamento collettivo.

Le motivazioni della decisione di licenziamento

La ratio è evidente: la fungibilità – nella comparazione dei lavoratori da licenziare – implica la necessità di ricostruire il complessivo bagaglio di esperienza e conoscenza del lavoratore onde verificare la effettiva sussistenza di professionalità omogenee da mettere a confronto.

La relativa esclusione non può dunque essere ancorata solo all’esclusivo riferimento ai compiti svolti in concreto dal lavoratore. Bisogna invece procedere per una più complessiva valutazione della sua professionalità, tenendo conto anche delle esperienze pregresse, della sua formazione, del suo bagaglio di conoscenze acquisito.

Sempre in sede di legittimità è stato inoltre più volte affermato come se la ristrutturazione dell’azienda interessa una specifica unità produttiva o un settore, allora la comparazione dei lavoratori per l’individuazione di coloro da avviare a mobilità può essere limitata al personale addetto a quella unità o a quel settore, salvo l’idoneità dei dipendenti del reparto, per il pregresso impiego in altri reparti della azienda, ad occupare le posizioni lavorative dei colleghi a questi ultimi addetti, spettando ai lavoratori l’onere della deduzione e della prova della fungibilità nelle diverse mansioni.

Per i giudici, dunque, non vi è stata da parte della Corte territoriale alcuna violazione del principio dell’onere della prova. Vi è invece stato solo un esame delle risultanze istruttorie da cui era emerso che il bagaglio di esperienze e conoscenze acquisito dalla lavoratrice nel corso del rapporto di lavoro era fungibile con quello di altri dipendenti non licenziati, aventi un punteggio minore. La mancata comparazione si era tradotta nella non corretta applicazione dei criteri di scelta.

Il ricorso è dunque rigettato.

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