Non è sciopero se non c’è una deliberazione collettiva – guida rapida
Con ordinanza n. 24473 del 12 settembre 2024 la Corte di Cassazione ha affermato che senza una preventiva deliberazione di natura collettiva, l’astensione del lavoro di singoli dipendenti non può essere qualificata come sciopero.
Il caso su cui si è espressa la Corte ha riguardato quattro lavoratori che hanno impugnato giudizialmente la sanzione disciplinare loro irrogata per essersi astenuti dall’attività lavorativa per due giornate.
La Corte d’Appello ha rigettato la domanda, ritenendo che in assenza di una deliberazione collettiva attributiva del carattere di sciopero al comportamento adottato dai ricorrenti, lo stesso fosse da qualificarsi come decisione di astensione dal lavoro assunta dai singoli.
Contro questa decisione i lavoratori hanno proposto ricorso.
Il diritto di sciopero
La Suprema Corte ricorda innanzitutto come la Corte d’Appello abbia riaffermato i principi relativi all’esercizio del diritto di sciopero ed all’assenza di specifici limiti allo stesso, che non siano quelli di tutela delle posizioni soggettive individuali, dell’incolumità personale e della libertà di iniziativa economica.
Così facendo, ha poi statuito che – nella fattispecie in esame – l’astensione dal lavoro posta in essere dai ricorrenti non fosse riconducibile al diritto di sciopero. Ha infatti evidenziato che l’assenza di una deliberazione di natura collettiva di indizione dello sciopero cui far aderire liberamente i lavoratori, conduceva a escludere che l’astensione in questione fosse collocabile nel concetto di esercizio concreto del diritto in discussione.
Per quanto poi concerne la natura collettiva del diritto di sciopero, la Corte di Cassazione ha da tempo chiarito che lo sciopero è un diritto individuale del lavoratore, che è suscettibile di collettivo esercizio, poiché diretto alla tutela di un interesse collettivo.
Pertanto, anche se per l’attuazione dello sciopero non si richiede una formale proclamazione né una preventiva comunicazione al datore di lavoro (salva la eventuale particolare disciplina del codice di autoregolamentazione), i giudici di legittimità hanno rammentato la necessità che l’astensione, totale o parziale, del lavoro sia collettivamente concordata, a prescindere da chi prenda l’iniziativa della sua attuazione, in presenza di una situazione conflittuale implicante la tutela di un interesse collettivo.
La tutela dell’interesse collettivo
È infatti l’interesse collettivo, prosegue l’ordinanza, a costituire elemento determinante dell’esercizio del diritto di sciopero, pur nella sottolineatura che l’art. 40 cost. attribuisce tale diritto personalmente ai lavoratori, e che lo stesso non incontra – stante la mancata attuazione della disciplina legislativa prevista da detta norma – limiti diversi da quelli propri della ratio storico-sociale che lo giustifica e dell’intangibilità di altri diritti o interessi costituzionalmente garantiti.
Per questo motivo, si legge ancora nell’ordinanza, si può affermare che non si ha sciopero se non in presenza di un’astensione dal lavoro decisa ed attuata collettivamente per la tutela di interessi collettivi -anche di natura non salariale ed anche di carattere politico generale, purché incidenti sui rapporti di lavoro.
La Corte di legittimità rammenta inoltre come una recente sentenza (Cass. n. 24653/2015) abbia ribadito che sussiste l’interesse del datore di lavoro ad agire per l’accertamento negativo della legittimità dell’astensione dal lavoro, proclamata dai rappresentanti sindacali, ove ne sia incerta la qualificabilità come sciopero nella sua accezione di astensione collettiva per finalità di carattere collettivo.
Si evince dunque che gli elementi che qualificano l’astensione dal lavoro come sciopero legittimo sono costituiti dalla natura dell’interesse collettivo da tutelare. E, pertanto, dalla decisione concordata e preventiva circa l’adozione del comportamento di astensione dal lavoro.
La diffusività dell’interesse
Questo ultimo elemento (deliberazione collettivamente assunta) risulta funzionale a dar conto proprio della diffusività dell’interesse, sebbene relazionato solamente a un gruppo di lavoratori addetti ad una singola funzione, e della natura collettiva dell’azione dimostrativa.
In caso contrario, dove la scelta dell’astensione dal lavoro e le modalità di esecuzione dello sciopero siano lasciate totalmente ai singoli interessati, senza una loro predeterminazione, il datore di lavoro potrebbe essere esposto alla seria impossibilità di prevenire eventuali rischi per la salute di tutti i lavoratori ovvero rischi sulla produttività aziendale.
Per la Corte di Cassazione è coerente con i principi sopra riassunti ciò che è stato fatto dal giudice d’appello, le cui valutazioni hanno tenuto conto del concreto atteggiarsi delle modalità decisorie dell’astensione in questione, solo successivamente comunicata dai lavoratori ai rappresentanti sindacali e pertanto priva della valenza effettivamente collettiva nel senso sopra indicato.
Sulla base di questo, le censure devono dunque essere rigettate.