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Home » Commerciale » Lavoro » Fotoreporter: quando è dipendente o lavoratore autonomo – guida rapida

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Fotoreporter: quando è dipendente o lavoratore autonomo – guida rapida

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Fotoreporter: quando è dipendente o lavoratore autonomo – guida rapida
fotoreporter
Avv. Beatrice Bellato

Fotoreporter: quando è dipendente o lavoratore autonomo – guida rapida

  • Il carattere subordinato dell’attività lavorativa
  • Il motivo del ricorso: la violazione degli obblighi contrattuali
  • Quando il fotoreporter è considerabile come dipendente

Il fotoreporter, ovvero colui che fa fotografie per i giornali, è un dipendente o un lavoratore autonomo?

A fornire un interessante chiarimento è l’ordinanza n. 26466 del 10 ottobre 2024 della Corte di Cassazione, che afferma che in tema di lavoro giornalistico è configurabile la natura subordinata del rapporto se vi è uno stabile inserimento della prestazione resa dal fotoreporter nell’organizzazione aziendale, tale da assicurare per un apprezzabile periodo di tempo la soddisfazione di un’esigenza informativa del giornale.

Cerchiamo di ricostruire brevemente i fatti e comprendere in che modo si sia arrivati alla motivazione dei giudici della Suprema Corte.

Indice:

  • 1 Il carattere subordinato dell’attività lavorativa
  • 2 Il motivo del ricorso: la violazione degli obblighi contrattuali
  • 3 Quando il fotoreporter è considerabile come dipendente
    • 3.1 La subordinazione giornalistica
    • 3.2 Il lavoro svolto dai fotografi
    • 3.3 La configurabilità della subordinazione

Il carattere subordinato dell’attività lavorativa

Con sentenza n. 247/2019, la Corte di appello di Cagliari aveva confermato la pronuncia emessa dal Tribunale della stessa sede, respingendo la domanda proposta dal fotoreporter nei confronti della società editoriale proprietaria dell’omonimo quotidiano locale, finalizzata alla declaratoria di sussistenza del carattere subordinato dell’attività lavorativa, prestata dall’aprile 1986 all’ottobre 2004 come fotoreporter, e all’accertamento del suo diritto ad essere inquadrato retroattivamente come “redattore con trenta mesi di anzianità” di quinto livello del CCNL di settore, con la condanna della società al pagamento delle differenze retributive e alla regolarizzazione contributiva previdenziale.

I giudici della Corte d’Appello, oltre ad aver condiviso l’impianto decisorio del Tribunale, hanno infatti rilevato come, sebbene la fattispecie concreta si ponesse di fatto sul confine tra lavoro autonomo e lavoro subordinato e che, trattandosi di prestazione resa in favore di un giornale, l’aspetto distintivo della subordinazione poteva manifestarsi in modo sfumato, vi erano tuttavia alcuni elementi che deponevano per la natura prevalentemente autonoma del rapporto intercorso tra le parti.

Gli elementi citati erano così sintetizzabili:

  • la circostanza che il fotoreporter fosse titolare di una ditta individuale;
  • il fatto che disponesse di un proprio studio fotografico dove provvedeva allo sviluppo e alla stampa di foto;
  • il lavoro prestato per più committenti;
  • l’irrilevanza del fatto che le foto non pubblicate venissero acquisite nell’archivio della società in quanto i rullini restavano comunque al fotografo;
  • la mancata contestazione, durante il lungo rapporto, della sua qualità di lavoratore autonomo

Contro tale sentenza il fotoreporter ha proposto ricorso per Cassazione.

Il motivo del ricorso: la violazione degli obblighi contrattuali

Il ricorrente propone ricorso con un unico motivo con cui denuncia la violazione dell’art. 2094 c.c., la violazione degli artt. 1 e 2 del CCLG del 10.1.1959, la violazione degli artt. 1 e 2 del CCN lavoro giornalistico decorrente dal 5.5.1985 (e successivi rinnovi).

Deduce che gli elementi evidenziati dalla Corte territoriale per escludere la natura subordinata del lavoro giornalistico non erano mai stati ritenuti qualificanti a tal fine. Per il ricorrente, infatti, ciò che contava era quanto emerso nella prima parte della sentenza e, cioè, che:

  • era tenuto a recarsi ogni sera in redazione;
  • ricevere dal capo servizio l’incarico di realizzare foto a corredo di un evento di attualità di qualsiasi natura;
  • era inserito nella cd. “giornaliera”, il programma degli articoli e delle foto da assegnare;
  • era vincolato ad un turno di reperibilità di dodici ore, al pari di altro collega, così da coprire le ventiquattro ore della giornata, con possibilità di scambio e non di rifiutare la prestazione;
  • demandata era inoltre al capo servizio o al capo redattore la scelta delle foto da pubblicare.

Proprio per questi motivi il fotoreporter obietta che erroneamente la Corte distrettuale non aveva valutato che, ai fini dell’accertamento della subordinazione nell’ambito del lavoro giornalistico, assumeva valore determinante lo stabile inserimento del giornalista nell’organizzazione aziendale che, nel caso in esame, era stato ampiamente dimostrato.

Quando il fotoreporter è considerabile come dipendente

Per la Suprema Corte il ricorso del fotoreporter, come sopra formulato, è fondato.

Gli Ermellini sottolineano prima di tutto come la Corte territoriale pur avendo richiamato correttamente alcuni principi giurisprudenziali di legittimità in materia di subordinazione, abbia svolto un procedimento di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta prevista dalla legge, non condivisibile. Ma per quali motivi?

Per i giudici, il dato da cui partire è rappresentato da quanto affermato da questa Corte con la sentenza Cass. n. 22083/2023 che, sotto il profilo metodologico, ha precisato che

la valutazione delle risultanze processuali, che inducono il giudice del merito ad includere un rapporto controverso nello schema contrattuale del rapporto di lavoro subordinato o autonomo, costituisce accertamento di fatto, per cui è censurabile in Cassazione solo la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto.

Solamente qualora l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa del concreto atteggiarsi del rapporto può farsi ricorso ad elementi dal carattere sussidiario e funzione indiziaria, che ne accertano in via indiretta l’esistenza quali evidenze sintomatiche di un vincolo non rintracciabile aliunde.

La subordinazione giornalistica

Quanto alla subordinazione giornalistica, deve evidenziarsi come la stessa Corte di Cassazione abbia precisato più volte come a norma dell’art. 5 del C.C.N.L. 10 gennaio 1959, reso efficace erga omnes con D.P.R. 16 gennaio 1961, n. 153, ai fini della sussistenza del requisito della subordinazione non si richiede l’impegno in una attività quotidiana con l’obbligo di osservare un orario di lavoro.

È invece importante che possano essere riscontrati i requisiti della “continuità di prestazione, vincolo di dipendenza e responsabilità di un servizio“, che sussistono quando il giornalista, pur senza essere impegnato in una attività quotidiana, assicuri con continuità, in conformità dell’incarico ricevuto, una prestazione non occasionale rivolta alle esigenze formative o informative riguardanti uno specifico settore di sua competenza, con responsabilità di un servizio, cioè con l’impegno di redigere normalmente e con carattere di continuità articoli su specifici argomenti o compilare rubriche, e con un vincolo di dipendenza, contraddistinto dal fatto che l’obbligo di porre a disposizione la propria opera non viene meno fra una prestazione e l’altra.

Si è poi affermato come in tema di attività giornalistica siano configurabili gli estremi della subordinazione se vi è stabile inserimento della prestazione resa dal giornalista nell’organizzazione aziendale, in modo tale che possa assicurare, per un apprezzabile periodo di tempo, la soddisfazione di un’esigenza informativa del giornale attraverso la sistematica compilazione di articoli su specifici argomenti o di rubriche, e permanga, nell’intervallo tra una prestazione e l’altra,

la disponibilità del lavoratore alle esigenze del datore di lavoro, non potendosi escludere la natura subordinata della prestazione per il fatto che il lavoratore goda di una certa libertà di movimento ovvero non sia tenuto ad un orario predeterminato o alla continua permanenza sul luogo di lavoro, né per il fatto che la retribuzione sia commisurata alle singole prestazioni.

Di contro, sono indici negativi alla ravvisabilità di un vincolo di subordinazione la pattuizione di prestazioni singolarmente convenute e retribuite, anche se continuative, secondo la struttura del conferimento di una serie di incarichi professionali ovvero in base ad una successione di incarichi fiduciari.

Il lavoro svolto dai fotografi

La Corte si sofferma poi sulla fattispecie concreta, evidenzia come l’orientamento della Corte sia quello secondo cui

costituisce lavoro giornalistico subordinato quello svolto da fotografi che, nel realizzare, pur con autonomia tecnica, foto a corredo informativo degli articoli, così da arricchire ed integrare il testo scritto, risultano stabilmente inseriti nell’assetto organizzativo del giornale poiché inviano il prodotto in redazione coprendo in via pressoché esclusiva specifici settori informativi, in modo da assicurare il servizio, tenendosi quotidianamente in contatto con la redazione, dalla quale ricevono indicazioni su cosa fotografare e sull’affiancamento al giornalista.

In relazione a tali principi, il procedimento di sussunzione dei giudici in appello non sembra essere corretto poiché valorizzato in modo determinante l’elemento della mancanza di esclusività che, però, non caratterizza necessariamente la natura subordinata della prestazione lavorativa in attività prevalentemente intellettuali come quella di giornalista o di fotoreporter.

La configurabilità della subordinazione

I giudici di Cassazione concludono dunque condividendo come per la configurabilità della subordinazione è sufficiente la persistenza nel tempo dell’obbligo del lavoratore di mantenersi a disposizione del datore di lavoro per lo svolgimento dell’attività convenuta, sotto il potere direttivo del medesimo e nel rispetto di termini di attuazione tali da comportare l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione economica e funzionale dell’impresa, non rilevando la mancanza di esclusività della prestazione lavorativa ove essa risulti compatibile con altra attività.

Non valgono inoltre di per sé ad escludere la configurabilità del succitato tipo di rapporto l’iscrizione del prestatore di lavoro ad un albo, come quello delle imprese artigiane o l’emissione di fatture per il pagamento delle prestazioni lavorative eseguite.

Nella prima ipotesi, infatti, l’iscrizione è un atto formale che è privo di valore costitutivo, e può dunque non corrispondere l’effettiva esplicazione di attività lavorativa autonoma. Nella seconda ipotesi, invece, tale formalità può essere finalizzata proprio alla elusione della normativa legale surrichiamata.

Non può inoltre essere richiamata nemmeno la circostanza che il lavoratore svolga la sua attività per una pluralità di committenti.

Nella fattispecie, è peraltro incontestato come il ricorrente fosse inserito della giornaliera del quotidiano (cioè, il programma degli articoli e delle foto da assegnare ai redattori e ai fotografi), che era vincolato ad un turno di reperibilità di dodici ore al pari di un altro suo collega, sebbene potesse scambiarsi i turni come qualsiasi altro redattore, e che la turnazione era affissa nei locali della redazione.

Ne deriva che per i giudici di legittimità è agevole rilevare l’inserimento del fotoreporter nella organizzazione dell’impresa, sebbene in modo non esclusivo. Questo ultimo aspetto non può in ogni caso incidere sulla natura della prestazione come sopra espletata, potendo coesistere con altre attività lavorative del dipendente svolte autonomamente o a favore di altri datori di lavoro, che al più potranno rilevare ai fini del suo inquadramento, secondo le disposizioni del CCNL.

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