La divisione giudiziale – indice:
Quando il medesimo diritto reale è in contitolarità fra più soggetti, può parlarsi di comunione. Il codice civile all’articolo 1111 stabilisce che “Ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento della comunione…”. Per sciogliere la comunione la legge ha quindi previsto l’istituto della divisione: può essere negoziale o giudiziale. Nel primo caso sarà volontaria e posta in essere mediante un accordo negoziale oppure a mezzo di una disposizione testamentaria e si tratterà di divisione del testatore, prevista dall’articolo 734 del codice civile. Nel secondo caso, qui di interesse, verrà disposta dal giudice su richiesta dei condividenti. La sua disciplina è regolata dalle norme sullo scioglimento della comunione dei beni e dalle norme sulla divisione ereditaria di cui agli articoli 713 e seguenti del codice civile. Sotto il profilo strettamente processuale le norme si trovano agli articoli 784 e seguenti del codice di procedura civile.
Cos’è la divisione giudiziale
La divisione giudiziale è una modalità di attivazione procedimento di divisione previsto dal codice civile. Ha inizio mediante un’azione giudiziale attivabile dai condividenti. Il codice civile non prevede una disciplina generale della divisione ma una specifica per la divisione ereditaria. L’articolo 1116 tuttavia stabilisce che “Alla divisione delle cose comuni si applicano le norme sulla divisione dell’eredità, in quanto non siano in contrasto con quelle sopra stabilite”.
L’articolo 713 del codice civile, primo comma, afferma che ciascun condividente può chiedere sempre la divisione. Ciascuno di essi può fare domanda di divisione quando lo ritenga opportuno anche contro la volontà degli altri. L’articolo 1111 del codice civile, al secondo comma, sancisce però la validità del patto con cui i condividenti si sono accordati per non sciogliere la comunione prima del raggiungimento di un certo termine. Tale termine in ogni caso non può superare i dieci anni. In caso contrario infatti la norma afferma che il termine si riduce automaticamente a dieci anni. Il giudice può comunque ordinare, su richiesta di uno dei condividenti, che la comunione venga sciolta prima del termine pattuito se gravi circostanze lo richiedono.
Non può essere chiesta la divisione per i beni che non possono essere divisi. Si tratta di quelli previsti all’articolo 1112 del codice civile per i quali lo scioglimento della comunione comporterebbe il venir meno della funzionalità a cui erano destinati fino a quel momento.
Divisione giudiziale ereditaria
Appare utile spendere qualche parola sulla divisione giudiziale dei beni ereditari dal momento che in assenza di ragioni ostative la sua disciplina viene applicata alla divisione dei beni comuni.
Sotto il profilo processuale la disciplina impone il litisconsorzio necessario per gli eredi mentre non si applica ai chiamati all’eredità che non hanno ancora acquistato la qualità di eredi. Questi infatti dovranno prima accettare espressamente o tacitamente l’eredità.
Il procedimento di divisione prevede la stima del valore dei beni oggetto del patrimonio ereditario. Il calcolo consiste nell’effettuare la differenza tra le attività e le passività lasciate dal de cuius per ottenere una somma netta che costituirà la massa ereditaria da dividere. Per attività si intendono tutti i crediti del de cuius e il valore dei beni da questo lasciati. Le passività corrispondono invece ai debiti ereditari.
Nella divisione ereditaria è necessario prestare attenzione alla circostanza che, di alcuni diritti ereditari, abbiano goduto esclusivamente uno o più coeredi. La divisione può essere domandata al giudice ugualmente salvo sia intervenuta l’usucapione. La norma infatti recita che “Può domandarsi la divisione anche quando uno o più coeredi hanno goduto separatamente parte dei beni ereditari, salvo che si sia verificata l’usucapione per effetto di possesso esclusivo”. In sostanza viene meno la comunione ereditaria dei beni quando un coerede esercita il possesso esclusivo su un bene comune usucapendolo. In tal caso non sarà possibile procedere alla domanda di divisione.
Come funziona la divisione giudiziale: la domanda
La domanda di divisione giudiziale può essere proposta da ciascun condividente quando lo ritenga opportuno. La domanda di uno solo di essi muove l’inizio della divisione. Preventivamente alla domanda di divisione in giudizio tuttavia bisogna tentare obbligatoriamente la mediazione civile ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo numero 28 del 2010.
Ai sensi dell’articolo 784 del codice di procedura civile, la domanda di divisione deve essere proposta nei confronti di tutti i condividenti e dei creditori opponenti, se vi sono, con atto di citazione. Si intende che tutti i condividenti devono partecipare al giudizio come attori o convenuti. Si tratta del cosiddetto principio del litisconsorzio necessario che dev’essere applicato anche per eventuali domande accessorie a quella di divisione.
La domanda deve essere proposta al Tribunale del luogo dove sono collocati i beni oggetto di divisione. A stabilirlo è l’articolo 21, comma primo, del codice di procedura civile. Se i beni si trovano in più circoscrizioni giudiziarie la domanda va presentata al tribunale della circoscrizione nella quale è compresa la parte soggetta a maggior tributo verso lo Stato. Questa deve contenere l’istanza di procedere alla divisione e l’indicazione del patrimonio che dev’essere diviso.
Il procedimento di divisione
Il procedimento di divisione giudiziale dei beni si sviluppa in due fasi principali:
- quella in cui il giudice accerta che vi siano i presupposti per procedere alla divisione;
- la seconda in cui si determinano le quote e si attribuiscono ai condividenti.
Vi sono poi dei momenti della divisione accessori alle due fasi principali e regolate dal codice civile.
L’accertamento dei presupposti di divisione
Il giudice in questa fase deve accertare la legittimazione attiva e passiva del diritto alla divisione. Sono legittimati attivi, in particolare, tutti coloro che hanno un titolo sui beni oggetto di divisione.
I legittimati passivi invece sono gli altri contitolari della comunione dei beni di cui si chiede lo scioglimento con la divisione.
Entrambi i legittimati, come già accennato sopra, devono partecipare al giudizio, applicandosi il principio del litisconsorzio necessario. Riassumendo, devono intervenire nella divisione affinché abbia effetto nei loro confronti:
- i condividenti;
- il cessionario di un bene facente parte della comunione, o chi ha acquistato diritti sull’immobile in virtù di atti soggetti a trascrizione e trascritti prima della trascrizione della domanda di divisione giudiziale, ai sensi dell’articolo 1113, terzo comma del codice civile. Questi infatti subentrano ai cedenti nell’interesse alla divisione;
- i creditori ipotecari;
- gli altri creditori e gli aventi causa da un partecipante ai sensi dell’articolo 1113, primo comma. Questi intervengono nella divisione a proprie spese.
Se nessun convenuto solleva delle contestazioni sul diritto dell’attore di richiedere la divisione oppure tali contestazioni vengono respinte, o ancora, nessuno contesta il diritto alla quota di un altro, il giudice dispone con ordinanza che si proceda alle operazioni divisionali. Il riferimento normativo processuale di quanto appena affermato è l’articolo 785 del codice di procedura civile.
Le operazioni divisionali e l’assegnazione delle quote
Si tratta delle operazioni necessarie a determinare il valore delle quote e alla loro successiva attribuzione.
Tali operazioni vengono svolte da un perito del tribunale o da un notaio, ai sensi dell’articolo 786 del codice di procedura civile, i quali redigono un progetto di divisione. I periti provvedono successivamente al deposito del progetto in cancelleria per essere consultato dagli interessati. I beni, ai sensi dell’articolo 726 del codice civile, si stimano “secondo il valore venale dei singoli oggetti” al momento della divisione.
La divisione può avvenire anche in natura. Ai sensi dell’articolo 1114 del codice civile quando “la cosa comune può essere comodamente divisa in parti corrispondenti alle quote dei partecipanti”.
Stimato il valore dei beni e redatto il progetto di divisione si procede alla formazione delle quote. Questa viene fatta secondo quanto stabilito dall’articolo 727 del codice civile ovvero “Salvo quanto è disposto dagli articoli 720 e 722, le porzioni devono essere formate, previa stima dei beni, comprendendo una quantità di mobili, immobili e crediti di eguale natura e qualità, in proporzione dell’entità di ciascuna quota”. Dal punto di vista processuale invece, ai sensi dell’articolo 789 del codice di procedura civile, il progetto di divisione presentato dai tecnici del tribunale non dev’essere contestato dalle parti affinché il giudice lo dichiari esecutivo con ordinanza non impugnabile.
La divisione si conclude con l’assegnazione delle quote ai singoli che avviene in due modi differenti a seconda che queste siano risultate uguali o diseguali. Ai sensi dell’articolo 729 del codice civile, nel primo l’assegnazione delle quote avviene per sorteggio e nel secondo caso per attribuzione. Avviene liberamente, per attribuzione o per sorteggio se si tratta di beni costituenti frazioni eguali di quote diseguali.
Operazioni accessorie
Si procede alla vendita di un bene nel caso in cui nella divisione rientri un immobile indivisibile. L’articolo 720 del codice civile stabilisce appunto la vendita all’incanto dell’immobile indivisibile come alternativa al mancato accordo tra i condividenti. Il destino del bene non comodamente divisibile segue le regole dettate dall’articolo 720. Per comprendere meglio, la norma afferma al primo comma: “Se nell’eredità vi sono immobili non comodamente divisibili, o il cui frazionamento recherebbe pregiudizio alle ragioni della pubblica economia o dell’igiene, e la divisione dell’intera sostanza non può effettuarsi senza il loro frazionamento, essi devono preferibilmente essere compresi per intero, con addebito dell’eccedenza, nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, o anche nelle porzioni di più coeredi, se questi ne richiedono congiuntamente l’attribuzione”.
Un’altra operazione accessoria che contempla anch’essa l’ipotesi della vendita di una cosa comune è l’estinzione delle obbligazioni contratte in relazione a questa. Ai sensi dell’articolo 1115, primo comma, codice civile “Ciascun partecipante può esigere che siano estinte le obbligazioni in solido contratte per la cosa comune, le quali siano scadute o scadano entro l’anno dalla domanda di divisione”. La responsabilità per tali obbligazioni è solidale e dunque investe tutti i condividenti. Si procede poi al rimborso di coloro che non erano debitori. In mancanza del rimborso di uno di questi, la sua partecipazione alla divisione sarà per una quota maggiore corrispondente al suo diritto verso gli altri condividenti. L’obbligazione si estingue pagando una somma ottenuta dalla vendita della cosa comune, salvo la divisione della cosa sia avvenuta in natura. In tal caso l’obbligazione si estingue vendendo una congrua frazione della cosa.
Opposizione alla divisione giudiziale
I creditori o gli aventi causa dei condividenti possono opporsi alla divisione giudiziale a patto che la divisione si debba ancora eseguire. È fatto salvo il caso in cui abbiano notificato un’opposizione anteriormente alla divisione stessa. L’impugnazione della divisione avente ad oggetto beni immobili ha effetto soltanto se se viene trascritta prima della trascrizione della domanda al giudice di divisione della cosa comune.