L’opposizione al decreto ingiuntivo – indice:
L’opposizione al decreto ingiuntivo è lo strumento con cui il soggetto ingiunto può impugnare il decreto emesso nei suoi confronti, ritenendolo infondato. Dà luogo ad un contraddittorio a cognizione piena in cui si confrontano le contrastanti posizioni delle parti. La disciplina dell’opposizione nel procedimento monitorio è contenuta nell’articolo 645 del codice di procedura civile.
Cos’è l’opposizione al decreto ingiuntivo
Gli articoli 633 e seguenti del codice di procedura civile disciplinano il procedimento monitorio per ottenere un decreto ingiuntivo. Esso si articola in due fasi:
- il soggetto creditore nei confronti di un altro di una somma di denaro o cose fungibili, munito di titolo scritto del proprio credito, presenta ricorso al giudice competente il quale, accertati i presupposti di accoglimento della domanda, emana il decreto ingiuntivo nei confronti del debitore.
- il debitore, ricevuta la notifica del decreto, ha a disposizione lo strumento dell’opposizione per contestare la pretesa del credito. Se il decreto era stato reso provvisoriamente esecutivo, il giudice può disporne la sospensione durante il giudizio di opposizione, qualora ricorrano gravi motivi, ai sensi dell’articolo 649 del codice di procedura civile.
Come funziona l’opposizione al decreto ingiuntivo
Ai sensi dell’articolo 645 del codice di procedura civile:
“L’opposizione si propone davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto, con atto di citazione notificato al ricorrente nei luoghi di cui all’articolo 638.”
L’opposizione dev’essere effettuata allo stesso giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo con atto di citazione, nelle controversie ordinarie, o con ricorso, nelle controversie di lavoro. Questa deve essere proposta entro il termine di 40 giorni a pena di decadenza. In caso contrario il decreto diventa definitivo con l’efficacia di una sentenza passata in giudicato.
L’opposizione al decreto instaura un contraddittorio a cognizione piena che si svolge con le formalità tipiche del processo ordinario di fronte al giudice adito. Nello svolgimento del contraddittorio il giudice deve verificare che siano presenti:
- la competenza del giudice che ha emanato il decreto ingiuntivo;
- l’effettiva esistenza del credito preteso
In difetto di uno dei due presupposti, il giudice può dichiarare l’invalidità del decreto, manifestandosi la mancanza di uno dei criteri di ammissibilità della domanda ai sensi dell’articolo 633 del codice di procedura civile.
Il contenuto dell’atto di citazione
L’atto di citazione con il quale si vuole effettuare opposizione a un decreto ingiuntivo deve contenere gli elementi previsti dagli articoli 163 e 163-bis del codice di procedura civile. In particolar modo, sono essenziali quelli costitutivi della chiamata in giudizio che sono i seguenti:
- l’indicazione del tribunale a cui si propone la domanda;
- i dati identificativi delle parti (attore e convenuto);
- la data della prima udienza di comparizione e l’invito al convenuto a costituirsi tempestivamente;
- i riferimenti al procuratore e alla relativa procura.
Per quanto attiene ai requisiti contenutistici bisogna far riferimento a quelli previsti all’articolo 167 del codice di procedura civile essendo l’atto equiparabile ad una comparsa di risposta.
I termini di comparizione
La disciplina dell’opposizione a decreto ingiuntivo segue, come abbiamo già precisato, quella del processo ordinario.
I termini di comparizione nel giudizio ordinario sono stabiliti all’articolo 163-bis del codice di procedura civile in 90 giorni se il luogo di notificazione si trova in Italia e di 150 se si trova all’estero. In passato i termini erano più brevi: la disciplina è stata infatti riformata nel 2011 quando erano della metà.
La norma che disciplinava tali termini era il terzo comma dell’articolo 645 del codice di procedura civile, modificata dalla legge 218 del 2011. Questa ha riportato l’applicazione del sistema previgente (sopprimendo la disposizione sul dimezzamento dei termini) e ha espresso indicazioni relativamente ai processi successivi alla sua entrata in vigore.
L’articolo 2 infatti afferma che: “Nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, l’articolo 165, primo comma, del codice di procedura civile si interpreta nel senso che la riduzione del termine di costituzione dell’attore ivi prevista si applica, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, solo se l’opponente abbia assegnato all’opposto un termine di comparizione inferiore a quello di cui all’articolo 163-bis, primo comma, del medesimo codice.“
L’opposizione tardiva
Se non è stata fatta opposizione nel termine dei 40 giorni previsti il decreto ingiuntivo diviene definitivo e acquista esecutività provvisoria se non già attribuitagli in precedenza.
Per porre rimedio all’esecutività del decreto c’è lo strumento dell’opposizione tardiva, disciplinato all’articolo 650 del codice di procedura civile. Si tratta di un provvedimento impugnatorio a carattere eccezionale in quanto viene effettuato nei confronti di un atto ormai diventato definitivo per decorrenza dei termini di legge.
La norma recita come segue:
“L’intimato può fare opposizione anche dopo scaduto il termine fissato nel decreto, se prova di non averne avuta tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore.”
Tale rimedio è dunque possibile solo se il debitore dimostra di non essere venuto a conoscenza del decreto ingiuntivo per due motivi:
- a causa di irregolarità della notificazione;
- per cause di forza maggiore.
L’onere della prova in ordine all’incolpevole tardività è chiaramente a carico dell’opponente.
Quando viene fatta opposizione tardiva il giudice può sospendere l’esecutorietà del decreto ai sensi dell’articolo 649.
Il termine ultimo di effettuazione dell’opposizione tardiva è fissato dal terzo comma dell’articolo 650 e corrisponde a 10 giorni dal primo atto di esecuzione forzata.
Gli esiti del giudizio di opposizione
Ai sensi dell’articolo 653 del codice di procedura civile l’esito del giudizio pone il giudice di fronte a tre ipotesi:
- rigettare l’opposizione con sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva (rigetto totale) con assunzione da parte del decreto di efficacia esecutiva;
- emettere un’ordinanza che estingue il processo da cui deriva l’efficacia esecutiva del decreto, se non l’aveva già acquistata in precedenza;
- accogliere solo in parte l’opposizione con effetto sostitutivo della sentenza emanata al decreto ingiuntivo; in tal caso rimangono tuttavia salvi gli effetti degli atti esecutivi posti in essere in base al decreto.
Il giudizio può tuttavia estinguersi prima del sopraggiungere di una di queste tre ipotesi. Ciò si verifica quando interviene una conciliazione ex articolo 652 del codice di procedura civile. In tal caso, a seconda che l’accordo raggiunto tra le parti riguardi l’importo del credito o l’inesistenza dello stesso il giudice agisce come segue:
- nel primo caso “riduce la somma o la quantità a quella stabilita dalle parti” ma “rimane ferma la validità degli atti esecutivi compiuti e dell’ipoteca iscritta, fino a concorrenza della somma o della quantità ridotta”;
- può richiedere espressa rinuncia al decreto ingiuntivo al fine di evitare che il decreto divenga esecutivo in conseguenza all’estinzione del processo.