Lo sfratto nella locazione commerciale – indice:
- Cos’è
- Finita locazione
- Indennità di avviamento
- Morosità
- Il giudice competente
- Costituzione delle parti
- Assenza al giudizio
- Ordinanza di rilascio
Il locatore di un immobile ad uso commerciale ha a disposizione come strumento di tutela verso il conduttore il procedimento per convalida di sfratto. Si adopera tale rimedio quando il conduttore è moroso o trattiene l’immobile locato dopo la scadenza del termine del contratto di locazione. Tale procedimento è disciplinato dagli articoli 657 e seguenti del codice di procedura civile e consente al locatore di ottenere velocemente dal giudice un’ordinanza esecutiva.
Cos’è lo sfratto nella locazione commerciale
Lo sfratto è lo strumento con cui il locatore può intimare al conduttore di lasciare l’immobile condotto in locazione libero da persone o cose quando si verificano due situazioni:
- è scaduto il termine di durata della locazione;
- quando si è reso moroso nel pagamento dei canoni mensili di locazione.
Il primo caso è disciplinato dall’articolo 657 del codice di procedura civile, insieme alla licenza per finita locazione. Il secondo dall’articolo successivo, il 658.
L’intimazione di sfratto, in entrambi i casi, da origine a un giudizio per la convalida. Tale giudizio presenta il carattere della sommarietà ed è accompagnato dalla citazione del conduttore a norma dell’articolo 660 del codice di procedura civile. L’articolo 657, secondo comma, afferma infatti che “Può altresì intimare lo sfratto, con la contestuale citazione per la convalida, dopo la scadenza del contratto, se, in virtù del contratto stesso o per effetto di atti o intimazioni precedenti, è esclusa la tacita riconduzione.“
La licenza per finita locazione
La licenza per finita locazione è un atto preventivo rispetto allo sfratto. Questo consente, prima della scadenza del contratto, di intimare al conduttore il futuro termine della locazione. È utile ad ottenere lo sfratto nel caso in cui il conduttore non liberi l’immobile come ordinatogli. L’articolo 657 del codice di procedura civile lo inserisce nel seguente contesto: “Il locatore o il concedente può intimare al conduttore, all’affittuario coltivatore diretto, al mezzadro o al colono licenza per finita locazione, prima della scadenza del contratto, con la contestuale citazione per la convalida, rispettando i termini prescritti dal contratto, dalla legge o dagli usi locali”.
Si differenzia dallo sfratto in quanto questa funge da titolo per ordinare la riconsegna dell’immobile al termine del contratto. Lo sfratto invece costituisce titolo per rientrare nel possesso dell’immobile una volta già acquisito il diritto alla riconsegna.
Lo sfratto per finita locazione
Il presupposto per la convalida dello sfratto per finita locazione è che siano cessati gli effetti del contratto per scadenza del termine.
Nella locazione commerciale, l’articolo 27 della legge 392 del 1978, prevede una durata minima della locazione pari a sei anni o nove per la locazione ad uso alberghiero. Tale termine si rinnova tacitamente di sei in sei anni (o nove) se non sopravviene una comunicazione di recesso almeno 12 o 18 mesi prima della scadenza. In assenza di pattuizione di una scadenza o se la scadenza si verifica prima che sia trascorsa la durata minima di sei o nove anni, si assume che il termine coincida con la durata minima prevista dalla legge.
Chi può agire con sfratto? E contro chi?
Il legittimato attivo all’azione di sfratto è qualunque soggetto avente un titolo che gli consente di disporre dell’immobile. Quindi può ben essere chi ha la proprietà dell’immobile o l’usufrutto o chi possiede l’immobile in comproprietà. In tale ultimo caso è necessario il consenso degli altri comproprietari che possono anche opporsi allo sfratto se in disaccordo in maggioranza.
Dal lato passivo l’unico legittimato ad essere chiamato in causa è il conduttore, cioè colui che ha stipulato il contratto di locazione.
L’indennità per la perdita di avviamento nella locazione commerciale
L’articolo 34 della legge 392 del 1978 riconosce al conduttore al termine della locazione commerciale una indennità di perdita dell’avviamento. L’attività che il conduttore svolgeva, tuttavia, doveva comportare un contatto diretto con il pubblico. Le parole testuali della norma sono le seguenti: “In caso di cessazione del rapporto di locazione relativo agli immobili di cui all’articolo 27, che non sia dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore o a una delle procedure previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il conduttore ha diritto, per le attività indicate ai numeri 1) e 2) dell’articolo 27, ad una indennità pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto; per le attività alberghiere l’indennità è pari a 21 mensilità”.
Tale indennità ha una funzione riparatrice dei danni che potrebbero derivare al conduttore per lo spostamento della sede di attività. È pacifico dunque che avrà diritto all’indennità solo quando il termine della locazione non dipenda da causa a lui imputabile.
Con riguardo allo sfratto viene in rilievo il terzo comma dell’articolo 34. Secondo tale norma “L’esecuzione del provvedimento di rilascio dell’immobile è condizionata dall’avvenuta corresponsione dell’indennità di cui al primo comma. L’indennità di cui al secondo comma deve essere corrisposta all’inizio del nuovo esercizio”.
La sentenza 5603 del 2017 della Corte di Cassazione conferma e chiarisce tale concetto. Al termine della locazione infatti il conduttore al quale non è stata pagata l’indennità di avviamento ha diritto a non liberare l’immobile finché tale indennità non gli sia stata pagata. In conclusione, dunque, è dovuta l’indennità per la perdita di avviamento nell’ipotesi di sfratto per finita locazione dovuta al mancato pagamento della suddetta indennità.
Se invece il locatore promuove un giudizio di sfratto per morosità del conduttore, quest’ultimo perde il diritto all’indennità di avviamento. La locazione infatti in questo caso si conclude per una ragione a questo addebitabile.
Lo sfratto per morosità
Ai sensi dell’articolo 658 del codice di procedura civile lo sfratto per morosità consente al locatore di “intimare al conduttore lo sfratto con le modalità stabilite nell’articolo precedente anche in caso di mancato pagamento del canone d’affitto alle scadenze, e chiedere nello stesso atto l’ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti”.
Il legittimato attivo, dunque il locatore, può, con tale procedura, prima intimare il conduttore a rilasciare immediatamente l’immobile e con lo stesso atto, in caso di mancato riscontro all’intimazione, citare in giudizio il conduttore per la convalida dello sfratto, l’ingiunzione di pagamento dei canoni non pagati nonché la risoluzione del contratto di locazione.
Per ottenere la risoluzione del contratto di locazione tuttavia il giudice deve prima accertare la persistenza della morosità. Nelle locazioni ad uso abitativo la procedura prevede un termine entro cui il conduttore moroso può sanare l’adempimento che è fissato dal giudice in massimo 90 giorni dal giorno dell’udienza. Si tratta del termine di grazia che, vedremo, non è concesso nelle locazioni commerciali.
Il decreto ingiuntivo di pagamento dei canoni viene pronunciato dal giudice con atto separato rispetto allo sfratto. Precisamente, è “steso in calce ad una copia dell’atto di intimazione presentata dall’istante, da conservarsi in cancelleria”, ai sensi dell’articolo 664 del codice di procedura civile.
La non applicabilità del termine di grazia nella locazione commerciale
La possibilità per il conduttore, prevista dall’articolo 55 della legge 392 del 1978, di avere un termine cosiddetto di grazia per pagare i canoni locatizi scaduti e sanare il relativo inadempimento, non è previsto per le locazioni commerciali.
A stabilirlo è stata la Suprema Corte a sezioni unite che ha affermato nella sentenza 272 del 1999 come “Nel regime urbano delle locazioni urbane fissato dalla legge 392 del 1978, la disciplina di cui all’articolo 55 relativa alla concessione di un termine per il pagamento dei canoni locatizi scaduti e per la sanatoria del relativo inadempimento non opera in tema di contratti aventi ad oggetto immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo”.
Si ritiene pertanto che, di norma, ai rapporti di locazione commerciale si applichi la disciplina del codice civile di cui all’articolo 1453 sulla risoluzione del contratto per inadempimento.
La giurisprudenza, tuttavia, ha individuato un caso in cui ammette la concessione della sanatoria ai rapporti locativi aventi ad oggetto immobili commerciali. Si tratta dell’ipotesi in cui le parti inseriscono nel contratto una clausola che ammette il conduttore all’utilizzo della sanatoria per morosità. Tale clausola è considerata lecita e non in contrasto con norme di legge.
A che giudice rivolgersi per lo sfratto e come farlo?
La procedura di sfratto è essenzialmente simile per entrambe le tipologie che abbiamo analizzato.
Le norme che individuano il giudice competente e le forme dell’intimazione sono gli articoli 660 e 661 del codice di procedura civile.
Partendo dalla competenza del giudice, l’intimazione di sfratto con la citazione in giudizio dev’essere fatta al tribunale del luogo in cui si trova l’immobile. Senza possibilità di deroga.
L’intimazione deve avvenire ai sensi dell’articolo 137 del codice di procedura civile ovvero tramite l’ufficiale giudiziario che consegna copia dell’atto all’intimato. Se la consegna avviene a persona diversa dall’intimato è necessario un avviso di avvenuta notificazione.
L’atto deve contenere una dichiarazione del locatore contenente l’indirizzo della propria residenza o l’elezione di domicilio nel comune dove ha sede il tribunale adito dove poter ricevere atti inerenti al giudizio. In mancanza, questi gli vengono notificati presso la cancelleria del tribunale. Vanno indicate inoltre le generalità del convenuto, l’esposizione dei fatti, i documenti di diritto e precisato che si tratta di locazione commerciale.
Nella parte dell’atto dedicata alla citazione in giudizio dell’intimato si deve invitare lo stesso a comparire in udienza e informarlo che se non compare o se compare ma non si oppone il giudice procede alla convalida dello sfratto ai sensi dell’articolo 663 del codice di procedura civile.
Tra la data di notifica dell’intimazione e la prima udienza trascorrono almeno venti giorni che possono essere ridotti fino alla metà su istanza dell’intimante.
Come le parti si costituiscono
Ai sensi dell’articolo 660, comma quinto, del codice di procedura civile “Le parti si costituiscono depositando in cancelleria l’intimazione con la relazione di notificazione o la comparsa di risposta, oppure presentando tali atti al giudice in udienza”.
Quando una delle parti si costituisce l’ufficiale giudiziario incarica un magistrato della causa e fissa il giorno dell’udienza. L’intimato ha tempo di costituirsi fino al giorno della prima udienza. Se invece decide di effettuare opposizione può farlo direttamente presentandosi senza formale costituzione.
Se né l’intimante né l’intimato si costituiscono, il primo deve comunque presentarsi dal magistrato nel giorno dell’udienza fissato nell’atto introduttivo, depositare gli atti e i documenti e prendere nota dell’eventuale rinvio della causa.
Mancata comparizione delle parti in udienza e mancata opposizione del convenuto
Il locatore che non compare all’udienza fissata nell’atto di citazione determina il venir meno degli effetti dell’intimazione. Lo stabilisce l’articolo 662 del codice di procedura civile. Se compare, invece, il giudice verifica i presupposti dell’azione di convalida richiesta e, nel caso di intimato moroso, accerta la persistenza della morosità.
Se a non comparire è l’intimato, oppure compare ma non si oppone l’articolo 663 del codice di procedura civile afferma che il giudice convalida lo sfratto (o la licenza) la cui esecuzione avrà effetto trascorsi 30 giorni dalla data in cui la formula esecutiva è stata posta in calce alla citazione.
L’articolo 668 offre un rimedio alla mancata opposizione del convenuto per sua assenza all’udienza di convalida dello sfratto. Questo può proporre opposizione dopo la convalida, se non sono ancora passati 10 giorni dall’esecuzione, se dimostra alternativamente che la notificazione non gli è giunta per irregolarità della stessa o per caso fortuito o forza maggiore. L’opposizione va proposta al tribunale nelle modalità previste per l’opposizione al decreto ingiuntivo.
L’ordinanza di rilascio
L’ordinanza di rilascio dell’immobile viene pronunciata dal giudice, quando il locatore lo richieda, se l’intimato comparso in udienza si è opposto con eccezioni non fondate su prove scritte. Presuppone che il giudice abbia attentamente analizzato le prove addotte dal locatore a sostegno della sua richiesta ed escluso l’esistenza di eccezioni valide da parte del convenuto.
L’articolo 665 del codice di procedura civile che la disciplina tuttavia aggiunge che l’ordinanza “può essere subordinata alla prestazione di una cauzione per i danni e le spese”.
Non è impugnabile ed è immediatamente esecutiva. Resta tuttavia la possibilità per il conduttore convenuto di presentare delle eccezioni in un autonomo processo successivo.