Stando a quanto afferma la Corte di Cassazione con sentenza n. 20146/2018, è inadempiuta l’obbligazione di restituzione dell’immobile locato se il locatore non ne riacquista la completa disponibilità a causa della presenza dei mobili del conduttore.
Restituzione della cosa locata
Per poter comprendere quali siano state le motivazioni che hanno indotto gli Ermellini a sposare un simile assunto, giova rammentare come l’art. 1590 del codice civile preveda che:
Il conduttore deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto.
In mancanza di descrizione, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione.
Il conduttore non risponde del perimento o del deterioramento dovuti a vetustà.
Le cose mobili si devono restituire nel luogo dove sono state consegnate.
La norma del codice prevede dunque un dovere di restituire il bene, quale obbligazione gravante sul conduttore allo scadere della locazione. Un’obbligazione che non riguarda le conseguenze che derivano al bene dal passare del tempo, considerato che le stesse conseguenze si sarebbero prodotte se il bene non fosse stato concesso in godimento.
Ebbene, in questo ambito i giudici della Suprema Corte hanno ritenuto come l’obbligazione di restituzione dell’immobile locato come da art. 1590 c.c. sia inadempiuta fino a quando il locatore non sia in grado di riacquistare la completa disponibilità, potendo così farne l’uso che preferisce secondo la sua destinazione.
Danni per ritardata restituzione
La valutazione che sopra abbiamo appena riassunto non è certo improduttiva di effetti pratici, a cominciare dalla mora, che potrà essere applicata anche nel caso in cui l’immobile locato sia stato restituito al proprietario, ma ancora occupato da beni mobili del conduttore, che non debbano consegnarsi al locatore.
In questo scenario può infatti ben prodursi la conseguenza di cui all’art. 1591 c.c., secondo cui:
Il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno.
Il ritardo nella restituzione della cosa importa infatti un prolungamento del godimento di essa da parte del conduttore e, di contro, un’impossibilità di disporne da parte del locatore. Impone pertanto necessariamente che per il periodo di ulteriore godimento e di ulteriore indisponibilità, il locatore riceva un corrispettivo nella misura pattuita nel contratto.
Nel caso in cui il versamento di tale corrispettivo sia insufficiente, in quanto il ritardo della disponibilità in capo al locatore può arrecare pregiudizio allo stesso (si pensi al caso in cui il locatore si sia impegnato a locare l’immobile ad altra persona), allora il conduttore sarà tenuto anche al risarcimento dei danni.
Come intuibile, l’azione per danni e l’azione per riconsegna possono cumularsi o possono essere esperite indipendentemente. Nessuna preclusione vi è dunque in capo al locatore per l’esercizio dell’azione per danni, dal fatto che egli abbia o meno esercitato in passato quella per la riconsegna.
Rilascio coattivo del bene locato
Peraltro, per i giudici della Suprema Corte a nulla rileverebbe il fatto che il rilascio del bene locato sia avvenuto non volontariamente, bensì coattivamente ex art. 608 c.p.c., atteso che la formale chiusura del processo esecutivo non determina l’automatica cessazione degli effetti sostanziali collegati al rapporto di locazione.
La sentenza impugnata in Cassazione produce dunque il rinvio della causa alla Corte d’appello, con il giudice di rinvio che dovrà fare applicazione dei principi di diritto enunciati dalla pronuncia, per cui “l’obbligazione di restituzione dell’immobile locato, prevista dall’art. 1590 c.c., resta inadempiuta qualora il locatore non ne riacquisti la completa disponibilità, così da poterne fare uso secondo la sua destinazione, sicché la mora e gli effetti dell’art. 1591 c.c. si producono anche ove egli torni formalmente in possesso del bene, ma questo sia inutilizzabile perché ancora occupato da beni mobili del conduttore che non debbano consegnarsi al locatore, a nulla rilevando che il rilascio sia avvenuto coattivamente ex art. 608 c.p.c., atteso che la formale chiusura del processo esecutivo non determina l’automatica cessazione degli effetti sostanziali collegati al rapporto di locazione”.
Ancora, sempre in tema di principio di diritto, i giudici affermano che “ove, esaurite le operazioni esecutive per il rilascio coattivo dell’immobile, all’interno di questo permangano beni, precedentemente entrati nel possesso o nella detenzione del conduttore, che sono stati affidati a un custode giudiziario, lo stazionamento degli stessi nei locali non può ascriversi a una tolleranza del locatore, dal momento che tale situazione è determinata dalle esigenze di custodia, di cui si fa carico il soggetto all’uopo incaricato, e non dalla condotta dell’avente diritto al rilascio in quanto tale”.
Infine, come ultimo principio di diritto, la sentenza della Cassazione conclude affermando che “ai fini della concreta risarcibilità di danni subiti dal creditore, l’art.1227 comma 2, c.c., nel porre la condizione dell’inevitabilità, da parte del creditore, con l’uso della ordinaria diligenza, impone anche una condotta attiva o positiva diretta a limitare le conseguenze dannose di detto comportamento, ma nell’ambito dell’ordinaria diligenza, all’uopo richiesta, sono ricomprese soltanto quelle attività che non siano gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici”.