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Home » Civile » Singoli Contratti » Rendita perpetua – una guida rapida

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Rendita perpetua – una guida rapida

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Rendita perpetua – una guida rapida
rendita perpetua
Avv. Beatrice Bellato

La rendita perpetua – indice:

  • Cos’è
  • Come funziona
  • Testamento
  • Garanzia ipotecaria
  • Aspetti formali e oggetto
  • Riscatto del debitore
  • Riscatto del creditore
  • Aspetti pratici
  • Prescrizione e ricognizione

Affiancandosi alla rendita vitalizia, la rendita perpetua condivide con essa alcuni tratti comuni. Sono entrambe contratti a prestazioni periodiche a carattere obbligatorio perfezionabili contrattualmente e con atti aventi causa diversa. L’eterogeneità delle fonti costitutive ha portato all’elaborazione di due discipline distinte derivanti dall’unitario concetto di rendita. Si intende tale qualunque prestazione periodica avente ad oggetto denaro o una quantità di cose fungibili.

Cos’è la rendita perpetua

La rendita perpetua, a differenza di quella vitalizia, è descritta dettagliatamente dal legislatore che, all’articolo 1861 del codice civile, ne dà una definizione. La disciplina, applicabile parzialmente anche alla rendita vitalizia, stabilisce che “col contratto di rendita perpetua una parte conferisce all’altra il diritto di esigere in perpetuo la prestazione periodica di una somma di danaro o di una certa quantità di altre cose fungibili, quale corrispettivo dell’alienazione di un immobile o della cessione di un capitale”.

Evidenziamo in questo primo comma della norma il carattere di perpetuità della prestazione, che è corrisposta senza limiti di tempo, e la forma di corrispettivo che comporta l’onerosità della rendita a fronte dell’alienazione di un immobile o della cessione di capitale. Al secondo comma la norma contempla anche la possibilità di una rendita gratuita se “costituita quale onere dell’alienazione gratuita di un immobile o della cessione gratuita di un capitale”.

Riassumendo, dunque, la rendita perpetua può trovare la sua fonte in un titolo costitutivo oneroso o gratuito. Nel primo caso l’alienazione dell’immobile o la cessione del capitale segue le regole normative della vendita mentre alla prestazione di rendita si applicano le norme comuni e quelle specifiche sulla rendita fondiaria di cui all’articolo 1863 del codice civile. Nel secondo caso si applicano le norme sulla donazione al contratto e quelle comuni e sulla rendita fondiaria alla rendita.

Il codice civile poi distingue la rendita fondiaria, riconducibile all’alienazione di un immobile, dalla rendita semplice, con cui viene ceduto del capitale. Ricordiamo che per capitale si intende non soltanto il trasferimento di una somma di denaro bensì la cessione di un credito pro solvendo o la consegna di beni mobili aventi un certo valore.

Come funziona la rendita perpetua: rendite tipiche e atipiche

Abbiamo già accennato come il rapporto di rendita possa essere costituito con qualsiasi titolo oneroso o gratuito e qui aggiungiamo un’ulteriore precisazione per cui tale titolo può derivare da un atto inter vivos o mortis causa.

Il codice civile distingue due tipi di rendite perpetue: quelle tipiche e quelle atipiche.

Le rendite tipiche sono quelle che traggono origine dalla previsione normativa di cui all’articolo 1861 del codice civile e sono costituite con:

  • il contratto oneroso di rendita o
  • la donazione modale.

Le rendite atipiche invece sono quelle che nascono da:

  • una donazione diretta di rendita o
  • da un negozio testamentario.

Sottolineiamo tuttavia come non ci sia una netta distinzione di disciplina fra le due tipologie di rendita dal momento che l’articolo 1869 del codice civile estende a tutte le tipologie di rendita perpetua la disciplina di quelle tipiche.

Il testamento come fonte della rendita perpetua

Secondo la dottrina prevalente il testamento può costituire la fonte della rendita perpetua realizzando una rendita-onere o un legato di rendita.

Rendita-onere significa che la rendita è apposta come onere alla disposizione con cui viene designato l’erede o a quella di legato. In questo caso sarà il testamento ad attribuire alla vendita o alla donazione l’essere fonte della rendita perpetua. Il rapporto viene regolato dalle norme proprie sulla rendita tipica perpetua in base a quanto stabilito dall’articolo 1869 del codice civile con riferimento alla rendita nascente da un atto di ultima volontà.

Il legato di rendita invece si ha quando con una disposizione a titolo particolare la rendita viene attribuita con legato a carico di un erede o di un legatario. Assimilabile alla donazione diretta di rendita, il legato di rendita segue la disciplina del testamento per cui:

  • la responsabilità dell’erede si estende oltre il valore dei beni ereditari;
  • il legatario risponde nei limiti del valore della cosa legata ai sensi dell’articolo 671 del codice civile;
  • non si applicano le norme in materia di garanzia ipotecaria sulla rendita.

La garanzia ipotecaria

Elemento indispensabile e tassativo della rendita perpetua, sia fondiaria che semplice, è la garanzia ipotecaria. Questa va accesa ogni qual volta scaturisca da un contratto, di qualsiasi tipo, una prestazione perpetua di rendita fondiaria, sia con titolo oneroso che con titolo gratuito. Si deve applicare pertanto sia in caso di donazione con onere di rendita, sia alla rendita costituita con istituzione di eredi che con legato modali.

Nella rendita semplice il codice civile impone, all’articolo 1864, che il debitore della rendita garantisca l’immobile con ipoteca a pena di ripetibilità del capitale.

Con la rendita fondiaria invece chi aliena l’immobile deve garantire con l’ipoteca l’adempimento degli obblighi derivanti dall’alienazione.

Nel caso di rendita perpetua come prestazione di un contratto a favore di terzo la garanzia ipotecaria è posta in capo a colui che aliena l’immobile e non al terzo creditore della rendita.

In dottrina e giurisprudenza sono discussi gli effetti sulla costituzione della rendita priva di garanzia ipotecaria. Alcuni la ritengono elemento essenziale senza il quale il contratto è nullo, altri categorizzano la rendita come contratto atipico fra quelli di cui all’articolo 1869 del codice civile.

Aspetti formali e oggetto del contratto di rendita perpetua

La rendita perpetua, come la rendita vitalizia, richiede la stipulazione del contratto in forma scritta ad sustanziam, qualunque sia la sua fonte costitutiva.

Oltre che per contratto può essere costituita per atto unilaterale, promessa al pubblico, disposizioni testamentarie quali il legato, il sublegato o l’onere testamentario. È ammessa la costituzione della rendita perpetua anche con contratto a favore di un terzo.

Quanto all’oggetto del contratto bisogna distinguere se la rendita si individua nella corresponsione periodica di una somma di denaro o nella consegna di una certa quantità di cose fungibili.

Nel primo caso, avendo un debito di denaro, si applica ad esso il principio nominalistico secondo cui ha rilevanza giuridica il valore nominale del bene. La somma di denaro non deve dunque necessariamente essere determinata ma può essere determinabile. Per mitigare le conseguenze derivanti dal principio nominalistico al creditore, tuttavia, è possibile inserire nel contratto delle clausole di adeguamento della rendita al potere d’acquisto della moneta.

Nel secondo caso le cose fungibili devono essere individuate con certezza e precisione.

Il riscatto del debitore della rendita perpetua

Trattandosi di un obbligazione senza limiti di tempo, il legislatore ha voluto concedere al debitore della rendita la possibilità di sciogliersi dal vincolo mediante la disposizione di cui all’articolo 1865 del codice civile.

La norma, al primo comma, recita come segue: “La rendita perpetua è redimibile a volontà del debitore, nonostante qualunque convenzione contraria”. La forma prevista è dunque una dichiarazione unilaterale che esprima la volontà di recedere dal vincolo costituito. Diversamente invece è previsto per la rendita vitalizia che, essendo un contratto a tempo determinato, impone, per lo scioglimento dal vincolo, la volontà di entrambe le parti e dunque vieta il diritto al riscatto.

Le modalità con cui il debitore deve esercitare il diritto di riscatto sono previste all’articolo 1866 del codice civile che afferma come “Il riscatto della rendita semplice e della rendita fondiaria si effettua mediante il pagamento della somma che risulta dalla capitalizzazione della rendita annua sulla base dell’interesse legale. Le modalità del riscatto sono stabilite dalle leggi speciali”. La dichiarazione unilaterale del debitore deve essere quindi accompagnata dal pagamento della somma che risulta dalla capitalizzazione della rendita annua sulla base dell’interesse legale.

La norma poi prosegue contemplando alcuni limiti al diritto di riscatto del debitore. Le parti possono infatti stabilire una durata minima della rendita non superiore alla durata della vita del beneficiario o comunque non eccedente i dieci anni per la rendita semplice e i trent’anni per la rendita fondiaria (secondo comma)

Può essere inoltre stabilito un termine di preavviso per l’esercizio del diritto di riscatto non superiore a un anno (terzo comma).

L’esercizio del riscatto da parte del creditore

Anche il creditore ha la possibilità di sciogliere il vincolo derivante dal rapporto di rendita perpetua. Il legislatore ha voluto tutelare la sua posizione in determinati casi in cui il comportamento del debitore metta in pericolo la prosecuzione del rapporto. Alcune ipotesi sono descritte dall’articolo 1867 del codice civile e si verificano quando:

  • il debitore è in mora del pagamento di due annualità di rendita;
  • il creditore non ha ricevuto le garanzie promesse o il debitore non sostituisce quelle già date che vengano a mancare con altre di uguale entità;
  • quando dal contratto di alienazione o divisione deriva la divisione del fondo su cui è garantita la rendita fra più di tre persone.

L’altra norma che disciplina un ipotesi di riscatto da parte del creditore è l’articolo 1868 del codice civile che afferma quanto segue: “Si fa pure luogo al riscatto della rendita, nel caso d’insolvenza del debitore, salvo che, essendo stato alienato il fondo su cui era garantita la rendita, l’acquirente se ne sia assunto il debito o si dichiari pronto ad assumerlo”.

Aspetti pratici del riscatto

Tecnicamente il riscatto si esercita con un negozio unilaterale recettizio. Ciò significa che deve giungere a conoscenza del destinatario per produrre i suoi effetti. Accanto ad esso si produce lo scioglimento del rapporto che si perfeziona con il pagamento da parte del debitore del capitale riscattato al creditore. Il debitore quindi si libera dall’obbligazione di rendita da cui scaturisce la definitiva estinzione del rapporto. La dottrina in merito ha distinto giuridicamente il riscatto esercitato dal debitore da quello posto in essere dal creditore. Il primo si riconduce ad un negozio a carattere reale, il secondo ad un negozio invece consensuale.

Il diritto al riscatto si applica a qualunque tipo rendita indipendentemente dalla sua fonte, sia che essa sia onerosa o gratuita, inter vivos o mortis causa, in base al dettato dell’articolo 1869 del codice civile.

La prescrizione della rendita e l’istituto della ricognizione

Ricordiamo che tutti i rapporti di durata soggiacciono a un termine di prescrizione del diritto alla prestazione che ne costituisce l’oggetto. La rendita perpetua è sottoposta a un doppio termine di prescrizione, l’uno operante sull’unitario rapporto di rendita e l’altro sulle singole prestazioni periodiche. Il primo corrisponde a quello ordinario di dieci anni e il secondo a cinque.

Il legislatore ha posto un rimedio al decorso della prescrizione con l’istituto della ricognizione di cui all’articolo 1870 del codice civile. Questo afferma che “Il debitore della rendita o di ogni altra prestazione annua che debba o possa durare oltre i dieci anni deve fornire a proprie spese al titolare, se questi lo richiede, un nuovo documento, trascorsi nove anni dalla data del precedente”.

Tale istituto dunque consente al debitore di interrompere il decorso della prescrizione nonché di dotarsi di un nuovo documento comprovante l’esistenza del rapporto.

Avv. Bellato – diritto civile e contrattuale

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