Amministratore di sostegno: le autorizzazioni del giudice tutelare – indice:
- L’amministratore di sostegno
- Le autorizzazioni: quando
- Autorizzazioni e testamento
- La capacità di donare
- Le DAT
L’istituto dell’Amministrazione di sostegno
La Legge n. 6/2004, integrando il codice civile, ha introdotto l’istituto dell’amministrazione di sostegno. La persona che, per effetto di un’infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno. Tale misura, a differenza dell’interdizione e dell’inabilitazione, è meno drastica. La scelta tra l’amministrazione di sostegno e le più limitanti misure dell’interdizione o dell’inabilitazione non dipende dalla gravità dell’incapacità o della patologia da cui risulti affetta la persona beneficiaria. Dipende invece dalla concreta idoneità della misura a realizzare la piena tutela del soggetto (cfr. sent. Corte cost., n. 440/05).
La misura dell’amministrazione di sostegno si caratterizza per la sua flessibilità e capacità di essere modificata. Si possono infatti ampliare o restringere i poteri dell’amministratore di sostegno in relazione alle specifiche esigenze del beneficiario che possono mutare nel tempo. Tale flessibilità e modificabilità non sono presenti nel diverso istituto dell’interdizione. Questo esclude la capacità di agire del soggetto, rendendosi così misura idonea nei casi in cui la persona, in forza della propria patologia e condotta, sia esposta costantemente al rischio di pregiudizi. Questa circostanza consente di ritenere che la misura dell’amministrazione di sostegno possa essere considerata idonea in alcuni casi. Si tratta di quelli in cui per patologia e condizione, il beneficiario non sia esposto a tali rischi e pregiudizi essendo impossibile per lo stesso assumere decisioni in autonomia.
Il ruolo dell’amministratore di sostegno
Il beneficiario, pertanto, conserva la capacità di agire per gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana. Non solo, ma anche per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza o l’assistenza dell’amministratore di sostegno. L’amministratore di sostegno deve tenere conto delle aspirazioni e dei bisogni del beneficiario e attuarli con diligenza. Deve altresì informarlo circa gli atti da compiere, ai quali si applica, in quanto compatibile, la disciplina dettata per la tutela (salvo per quanto concerne le autorizzazioni eventualmente necessarie, che sono tutte di competenza del giudice tutelare, anche per gli atti più importanti, anziché del Tribunale).
L’amministratore di sostegno, quindi, agirà di regola in rappresentanza dell’amministrato, per tutti gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, salvo che il giudice abbia autorizzato l’interessato a compierne taluno da solo o con l’assistenza dell’amministratore.
Quando sono necessarie le autorizzazioni del Giudice Tutelare?
È quindi necessario distinguere tra atti di ordinaria e di straordinaria amministrazione.
Per i primi l’amministratore di sostegno può agire in virtù di quanto indicato nel decreto di nomina, che può essere più o meno restrittivo a seconda dei casi concreti: la misura è infatti adattabile a una serie indefinita e infinita di casi e privilegia sempre il beneficiario, la cui autodeterminazione e libertà devono sempre essere garantite.
Per quanto riguarda invece gli atti di straordinaria amministrazione, i quali comportano una modifica del patrimonio del beneficiario, è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare.
Sono considerati atti di straordinaria amministrazione (a titolo esemplificativo e non esaustivo) e, pertanto, per gli stessi è richiesta l’autorizzazione del giudice tutelare:
- l’acquisto di beni, tranne i beni mobili necessari per l’economia domestica e per l’amministrazione del patrimonio;
- la riscossione di capitali;
- il consenso alla cancellazione di ipoteche o allo svincolo di pegni;
- l’assunzione di obbligazioni;
- l’accettazione o la rinuncia all’eredità;
- l’accettazione di donazioni o di legati;
- la stipulazione di contratti di locazione d’immobili di durata superiore ai nove anni;
- la promozione di giudizi, salvo che si tratti di denunzie di nuova opera o di danno temuto, di azioni possessorie o di sfratto e di azioni per riscuotere frutti o per ottenere provvedimenti conservativi;
- l’alienazione di beni;
- la costituzione di pegni o ipoteche;
- la promozione di un giudizio di divisione ereditaria o comunque procedere a divisione ereditaria;
- la sottoscrizione di transazioni;
- l’accettazione di concordati;
- la proposizione di un ricorso per la separazione dei coniugi o per il divorzio
Il beneficiario può fare testamento? Lo può fare anche a favore dell’amministratore di sostegno? Servono le autorizzazioni del Giudice Tutelare?
L’articolo 411 del codice civile al comma 3 recita: “Sono in ogni caso valide le disposizioni testamentarie e le convenzioni in favore dell’amministratore di sostegno che sia parente entro il quarto grado del beneficiario, ovvero che sia coniuge o persona che sia stata chiamata alla funzione in quanto con lui stabilmente convivente”.
Pertanto, stando alla lettera della legge, il beneficiario dell’amministrazione di sostegno può fare testamento, trattandosi di atto personalissimo.
L’erede testamentario può essere l’amministratore di sostegno designato, purché questi sia:
- parente entro il quarto grado del beneficiario, oppure
- coniuge, oppure
- persona stabilmente convivente (o anche l’unito civilmente, a seguito dell’entrata in vigore della Legge 76/2016 c.d. Legge Cirinnà).
Pertanto, se la figlia di una persona anziana e non più autosufficiente viene nominata amministratrice di sostegno del padre, questi potrà disporre a suo favore con il proprio testamento e la disposizione sarà valida. Essendo il testamento un atto personalissimo, non è richiesta alcuna autorizzazione da parte del giudice tutelare.
Dato che la misura dell’amministrazione di sostegno, tuttavia, è flessibile e si attaglia di volta in volta al caso concreto, potrebbe essere che il giudice nel decreto di nomina dell’amministratore di sostegno preveda espressamente che il beneficiario non possa testare. Questo accade laddove il soggetto, attraverso il testamento, potrebbe arrecarsi un pregiudizio (si pensi ad esempio a un soggetto prodigo, che sperpera tutto il suo denaro: impedirgli di testare è un modo per tutelarlo e, pertanto, il giudice potrà limitare la sua capacità di testare).
Il beneficiario può donare?
Il beneficiario di amministrazione di sostegno conserva la sua capacità di donare, salvo che il giudice tutelare, anche d’ufficio, ritenga di limitarla – nel provvedimento di apertura dell’amministrazione di sostegno o in occasione di una sua successiva revisione – tramite l’estensione, con esplicita clausola ai sensi dell’art. 411, quarto comma, primo periodo, codice civile, del divieto previsto per l’interdetto e l’inabilitato dall’art. 774, primo comma, primo periodo, codice civile.
In particolare, alla luce degli artt. 2 e 3 della Costituzione, deve escludersi che la persona beneficiaria di amministrazione di sostegno possa essere privata della capacità di donare fuori dai casi espressamente stabiliti dal giudice tutelare ai sensi dell’art. 411, quarto comma, primo periodo, codice civile, restando tale capacità integra in mancanza di diversa espressa indicazione.
Il giudice tutelare potrebbe d’ufficio escludere la capacità di donare solo «in presenza di situazioni di eccezionale gravità, tali da indurre a ritenere che il processo di formazione e manifestazione della volontà possa andare incontro a turbamenti per l’incidenza di fattori endogeni o di agenti esterni».
La disciplina dell’amministratore di sostegno, in particolare, non contiene alcuna espressa previsione di raccordo con le disposizioni in materia di atti personalissimi quali la donazione, il testamento e il matrimonio. Di tali atti invece le norme dello stesso codice civile relative a minori, interdetti e inabilitati si occupano con previsioni variamente limitative. Il silenzio del legislatore non ha impedito, tuttavia, che in sede giurisprudenziale si chiarissero i rapporti intercorrenti tra l’amministrazione di sostegno e i coesistenti istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione. In particolare, le differenze tra le originarie previsioni codicistiche e la nuova misura si sono rivelate subito molto profonde. Ciò ha impedito l’estensione analogica all’amministrazione di sostegno delle disposizioni codicistiche riguardanti l’interdizione e l’inabilitazione.
L’amministratore di sostegno e il rifiuto alle cure in assenza di DAT: servono le autorizzazioni del Giudice Tutelare?
La Legge 22 dicembre 2017 n. 219 ha introdotto nel nostro ordinamento le c.d. DAT (“Disposizioni Anticipate di Trattamento”). Un soggetto può scegliere, in caso di futura incapacità di esprimere il proprio consenso o dissenso alle cure, se rifiutare determinate cure mediche laddove venga a trovarsi in una determinata condizione fisica e/o psichica.
La giurisprudenza di merito è ormai unanime nel ritenere che in assenza di DAT (“disposizioni anticipate di trattamento”), l’amministratore di sostegno, ricostruita la volontà della persona amministrata, anche in via presuntiva e sulla base delle dichiarazioni già rese in passato da tale soggetto, risulta pienamente abilitato a rifiutare le cure proposte, senza bisogno dell’intervento del giudice tutelare. La volontà della persona divenuta incapace di esprimersi viene quindi ricostruita, in quanto espressa in precedenza, anche in assenza delle forme del testamento biologico. È quanto affermato dal Tribunale di Roma, IX Sezione Civile, Ufficio del Giudice Tutelare, con provvedimento del 23 settembre 2019.
La ratio dell’amministrazione di sostegno infatti è quella di tutelare al meglio gli interessi del beneficiario. Se questi non ha disposto alcunché con un testamento biologico, ma le sue determinazioni sono inequivocabili, l’amministratore di sostegno può disporre il rifiuto alle cure del beneficiario senza chiedere l’autorizzazione al giudice tutelare.
Avv. Bellato – diritto di famiglia e matrimoniale, separazione e divorzio