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Home » Civile » Famiglia » Affidamento e collocazione dei figli se il compagno maltratta la madre

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Affidamento e collocazione dei figli se il compagno maltratta la madre

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Affidamento e collocazione dei figli se il compagno maltratta la madre
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Avv. Beatrice Bellato

Affidamento figli se il compagno maltratta la madre – guida rapida

  • Le relazioni dei servizi sociali
  • La posizione della Corte di Cassazione

Con sentenza n. 3060/2022 la Corte di Cassazione ha esaminato un caso di separazione tra coniugi, e di affidamento e collocazione dei figli nell’ipotesi in cui il compagno della madre maltratti la donna.

In particolare, dal Tribunale veniva disposto il collocamento della prole presso il padre. Veniva regolamentato anche il diritto di vista della madre e veniva revocato alla donna l’assegno per il mantenimento.

Alla base della decisione, la prova di alcuni episodi di violenza subiti dalla donna da parte del compagno, che la stessa ha denunciato. Di qui, la necessità che i bimbi crescano in un ambiente sereno e costruttivo per la loro crescita, in cui possano provare l’affetto anche da parte di altri parenti, come i nonni e i cugini.

Le relazioni dei servizi sociali

I giudici di prime cure avevano accertato che vi fossero elementi giustificativi dell’affidamento esclusivo dei figli al padre.

Si osservava in particolare come dalla relazione dei servizi sociali emergeva che:

  • In un dato periodo i minori erano stati affidati al madre perché la madre si era dovuta sottoporre ad alcuni accertamenti clinici
  • In tale periodo la donna aveva incontrato i figli solo un paio di volte nell’arco del trimestre
  • Trascorso questo periodo, i minori erano tornati a stare con la madre e più volte si erano trovati ad assistere a episodi di violenza perpetrati nei confronti della medesima dal compagno
  • La donna aveva denunciato il compagno a seguito delle sollecitazioni degli assistenti sociali.

Di contro, durante la permanenza dei figli dal padre, la relazione dei servizi sociali aveva rilevato che:

  • I piccoli apparivano sereni e circondati da amore e attenzioni, sempre curati nell’aspetto e nell’igiene personale
  • Il papà e i nonni si sono impegnati in maniera costruttiva e propositiva per la crescita e l’educazione
  • I minori vivevano in prossimità della casa della zia paterna con i suoi figli e sono in ottimi rapporti con i cuginetti
  • Stanno molto con la nonna perché il padre ha avviato un’attività ed è assente da casa per diversa ora
  • In quanto all’attività pomeridiana, son ostati iscritti a scuola calcio e scuola danza.

Si conclude dunque riassumendo che le relazioni dei servizi sociali attestano una situazione di maggiore stabilità e serenità in cui i minori si trovano in collocamento dal padre, non risultando elementi che possano indurre a ripristinare la loro permanenza presso la madre.

La posizione della Corte di Cassazione sull’affidamento dei figli in caso di maltrattamenti

Per i giudici della Suprema Corte il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366, co. 1, n. 3, c.p.c., rendendo pertanto superflua la descrizione dei motivi formulati e non assolvendo al raggiungimento dello scopo che tale requisito di contenuto-forma deve soddisfare.

I giudici hanno rammentato come il ricorso debba consistere in un’esposizione che garantisca alla Suprema Corte di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la decisione impugnata.

La prescrizione del requisito risponderà non ad un’esigenza di mero formalismo, bensì quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che consente di intendere bene il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato.

Ciò detto, per soddisfare tale requisito è necessario che il ricorso per Cassazione contenga l’indicazione delle pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, difese e deduzioni di ogni parte in relazione alla posizione avversaria, così come dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e dunque delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la decisione impugnata.

Per i giudici, la struttura del ricorso in esame non rispetta tali necessari contenuti. Non indica infatti i fatti storici che hanno occasionato la controversia. Né individua le ragioni giuridiche su cui la domanda era stata introdotta in primo grado. Né espone, pur sinteticamente, le argomentazioni giustificative del decreto impugnato.

Avv. Bellato – diritto civile e di famiglia

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