L’inabilitazione – indice:
Il nostro ordinamento giuridico ha sempre tutelato in un’ottica patrimonialista i soggetti totalmente o parzialmente incapaci d’agire, anche precedentemente alla novella legislativa del gennaio 2004. Questa legge ha spostato l’attenzione dalla tutela del patrimonio del soggetto incapace alla tutela della dignità umana, introducendo l’istituto dell’amministratore di sostegno e modificando quelli già esistenti dell’interdizione e dell’inabilitazione. Quest’ultimo, con effetti per così dire “intermedi” tra l’amministrazione di sostegno e l’interdizione, discende da un provvedimento del giudice e, in alcuni casi, anche successivamente ad un’amministrazione di sostegno già in corso. Il codice civile disciplina l’istituto dell’inabilitazione agli articoli 414 e seguenti.
Cos’è l’inabilitazione
L’inabilitazione è un istituto giuridico che si inserisce nell’ambito della tutela dei soggetti parzialmente incapaci di agire. Viene disciplinato dal codice civile agli articoli 414 e seguenti insieme all’istituto dell’interdizione. La scelta in ordine all’applicazione o meno dell’inabilitazione di un soggetto spetta al giudice. Questi effettua una valutazione sulla gravità dell’infermità in relazione alla tutela degli interessi del soggetto incapace e alla fattispecie concreta, valutando i rapporti dell’incapace con il mondo esterno, quando l’amministrazione di sostegno non è sufficiente a garantirne la piena tutela. Non si può prescindere infatti, nel continuare l’approfondimento, dal citare l’articolo 414 del codice civile che, sebbene riguardi l’interdizione, è applicabile anche all’inabilitazione quando afferma che l’infermità di mente “li rende incapaci di provvedere ai propri interessi”.
La Cassazione, ad esempio, nel 2006 con la sentenza numero 13584 ha affermato in tal senso che “ove si tratti…di gestire un’attività di una certa complessità, da svolgere in una molteplicità di direzioni, ovvero nei casi in cui appaia necessario impedire al soggetto da tutelare di compiere atti pregiudizievoli per sé…ovvero in ogni altra ipotesi in cui il giudice di merito…ritenga lo strumento di tutela apprestato dalla interdizione l’unico idoneo ad assicurare quella adeguata protezione degli interessi della persona che la legge richiede, è quest’ultimo, e non già l’amministrazione di sostegno, l’istituto che deve trovare applicazione”. Il giudice parla di interdizione ma il riferimento si estende all’inabilitazione.
Chi può essere inabilitato
L’articolo 415 del codice civile elenca una serie di soggetti che, affetti da una certa infermità, possono essere inabilitati. Si tratta in particolare di:
- chiunque abbia superato la maggiore età e si trovi in uno stato di infermità mentale così grave da non rendere necessaria l’applicazione dell’interdizione;
- chi, patologicamente prodigale, alcolista o tossico espone sé stesso o la sua famiglia a gravi pregiudizi economici;
- i sordi e i ciechi dalla nascita o dalla prima infanzia che non hanno ricevuto un’educazione sufficiente se non è necessario applicare l’interdizione perché totalmente incapaci di provvedere ai propri interessi.
Non può essere inabilitato, a differenza dell’articolo 414 del codice civile, il minore di età emancipato, salvo si trovi nell’ultimo anno della minore età. In questo caso, ai sensi dell’articolo 416 del codice civile, gli effetti dell’inabilitazione si producono dal giorno in cui il minore compie 18 anni.
Come funziona l’inabilitazione: la domanda
L’inabilitazione si ottiene tramite domanda, ovvero chi è interessato deve attivarsi per ottenerla. Bisogna tuttavia distinguere due aspetti di questa: a quale tribunale presentarla e chi la può presentare.
Con riguardo al primo aspetto l’inabilitazione di uno dei soggetti di cui all’articolo 415 può essere richiesta presentando istanza al tribunale ordinario del luogo dove l’inabilitando ha la residenza o il domicilio. Se invece l’inabilitando è un minore nell’ultimo anno della minore età, l’istanza dev’essere presentata al tribunale per i minorenni con sede nel capoluogo del distretto di Corte d’Appello dove risiede il minore, ai sensi dell’articolo 40 delle disposizioni attuative al codice civile.
L’articolo 417 del codice civile, elenca chi può presentare l’istanza di inabilitazione per i soggetti di cui all’articolo 415:
- lo stesso inabilitando;
- il coniuge;
- la persona stabilmente convivente;
- i parenti entro il quarto grado;
- gli affini entro il secondo grado;
- il tutore o il curatore;
- il pubblico ministero.
Se invece l’inabilitando è il minorenne nell’ultimo anno della minore età l’istanza può essere promossa solo da:
- i genitori, anche in veste di curatori;
- dal pubblico ministero.
Il giudizio di inabilitazione
Una volta presentata l’istanza si apre il giudizio di inabilitazione. Questo, tuttavia, può trasformarsi in giudizio di interdizione o in amministrazione di sostegno se ve ne sono i presupposti.
Il secondo comma dell’articolo 418 del codice civile, con riguardo alla trasformazione in giudizio di interdizione, infatti recita: “Se nel corso del giudizio d’inabilitazione si rivela l’esistenza delle condizioni richieste per l’interdizione, il pubblico ministero fa istanza al tribunale di pronunziare l’interdizione, e il tribunale provvede nello stesso giudizio, premessa l’istruttoria necessaria”. Affinché il giudice si pronunci sull’interdizione però è necessaria venga promossa l’istanza di interdizione dal pubblico ministero o da chi altro è legittimato a promuoverla. È ammessa invece in giurisprudenza la possibilità, per chi ha fatto domanda di inabilitazione, di modificarla in domanda di interdizione senza che il pubblico ministero promuova un’azione in tal senso.
Il terzo comma dell’articolo 418 invece contempla l’ipotesi in cui si riveli più opportuno nominare un amministratore di sostegno piuttosto che inabilitare il soggetto. Il procedimento viene allora proseguito con il giudice tutelare se il giudice adito per l’inabilitazione dispone in tal senso, d’ufficio oppure su istanza di parte. Il giudice competente a dichiarare l’inabilitazione può, nelle more del procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno, adottare i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per la conservazione e l’amministrazione del suo patrimonio nonché nominare un amministratore di sostegno provvisorio.
Ipotesi differente è la trasformazione del giudizio di interdizione in quello di inabilitazione. In questo caso, ai sensi del primo comma dell’articolo 418, il giudice può dichiarare d’ufficio l’inabilitazione per infermità di mente durante il giudizio di interdizione. Lo deve fare, tuttavia, soltanto dopo essersi accertato che il soggetto è nelle condizioni di essere inabilitato anziché interdetto.
L’esaminazione dell’inabilitando
Prima di dichiarare l’inabilitazione di un soggetto il giudice deve effettuare un accertamento sull’infermità mentale dell’inabilitando mediante lo svolgimento di un colloquio che gli consenta di acquisire i mezzi di prova necessari.
Può avvalersi, ai sensi dell’articolo 419 del codice civile, dell’ausilio di un consulente tecnico per valutare le condizioni dell’inabilitando, nonché interrogare i suoi parenti prossimi e acquisire le informazioni necessarie.
All’esito dell’esame, ove lo ritenga opportuno, il giudice può nominare un curatore provvisorio dell’inabilitando.
La nomina del curatore
Con la dichiarazione di inabilitazione viene nominato un curatore per assistere l’inabilitato nel compimento degli atti di straordinaria amministrazione che non può più compiere autonomamente. La nomina è a carico del giudice tutelare che sceglie la persona più adatta all’incarico tra:
- il coniuge non separato legalmente;
- la persona stabilmente convivente;
- il padre;
- la madre;
- il figlio;
- il fratello o la sorella;
- un parente entro il quarto grado;
- il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata;
- una persona giuridica nelle vesti del proprio legale rappresentante o altro soggetto delegato.
Tali soggetti sono quelli elencati all’articolo 408 del codice civile relativamente alla nomina dell’amministratore di sostegno. A stabilire che il giudice debba scegliere tra questi è l’articolo 424, primo comma, del codice civile, il quale afferma che si applicano agli inabilitati le disposizioni sulla tutela dei minori emancipati.
La curatela da parte di un soggetto ha una durata limitata nel tempo. L’articolo 426 del codice civile infatti stabilisce che l’incarico di curatore non può durare oltre 10 anni salvo si tratti del coniuge, della persona stabilmente convivente, degli ascendenti o dei discendenti.
Gli effetti dell’inabilitazione
Accolta la domanda di inabilitazione e chiuso il giudizio con una sentenza del giudice che dichiara l’inabilitazione, con eventuale nomina del curatore provvisorio, la sentenza e il decreto di nomina vengono resi pubblici. Il cancelliere li annota nel registro delle curatele annotando la data e gli estremi del provvedimento, i dati identificativi dell’inabilitato e del curatore nominato. Lo stesso funzionario provvede a comunicarli entro dieci giorni all’ufficiale di stato civile che effettua le relative annotazioni nell’atto di nascita dell’inabilitato.
Resa pubblica la sentenza che dichiara l’inabilitazione, il provvedimento inizia a produrre i suoi effetti, ai sensi dell’articolo 421 del codice civile. In primo luogo viene limitata la capacità d’agire dell’inabilitato dal momento della pubblicazione della sentenza. L’inabilitato può, ai sensi del primo comma dell’articolo 427 del codice civile, continuare a compiere autonomamente:
- gli atti di ordinaria amministrazione;
- alcuni atti di straordinaria amministrazione senza essere assistito dal curatore se concesso dall’autorità giudiziaria;
- l’esercizio dell’impresa commerciale se autorizzato dal tribunale su parere del giudice tutelare, ai sensi dell’articolo 425 del codice civile.
La capacità d’agire dell’inabilitato dunque è limitata ai soli atti di ordinaria amministrazione salvo qualche eccezione riconosciutagli.
Se l’inabilitato compie atti eccedenti l’ordinaria amministrazione senza l’assistenza del curatore o qualsiasi altro atto che non rispetti le formalità imposte dalla legge, questi atti sono invalidi e annullabili ai sensi del terzo comma dell’articolo 427 del codice civile. Possono chiedere l’annullamento di tali atti l’inabilitato stesso o i suoi eredi o aventi causa. L’azione di annullamento si prescrive nel termine di 5 anni a partire dal giorno in cui è cessata o è stata revocata l’inabilitazione, nonché da quando è morto l’inabilitato.
La revoca dell’inabilitazione
Quando cessa la causa che ha portato all’inabilitazione gli stessi soggetti che ne hanno fatto istanza, ad esclusione dell’inabilitato, possono chiederne la revoca ai sensi dell’articolo 429 del codice civile. La domanda di revoca dev’essere presentata tramite ricorso e notificata al pubblico ministero, unitamente al decreto che fissa la data dell’udienza, e all’inabilitato. Quest’ultimo starà in giudizio assistito dal curatore.
Per valutare effettivamente il venir meno dei presupposti della misura tutelare il secondo comma dell’articolo 429 prescrive a carico del giudice tutelare l’obbligo di vigilare se l’inabilitazioni stia o meno continuando. In tale ultimo caso ha l’obbligo di informare il pubblico ministero.
Durante il giudizio di revoca dell’inabilitazione il giudice può ritenere opportuno che il soggetto venga assistito, successivamente alla revoca, da un amministratore di sostegno. Il terzo comma dell’articolo 429 dispone allora la trasmissione degli atti al giudice tutelare.
La sentenza che dichiara la revoca dell’inabilitazione produce i suoi effetti da quando passa in giudicato ai sensi dell’articolo 431 del codice civile. Differisce, dunque, da quanto invece accade per il provvedimento di inabilitazione che produce i suoi effetti da quando viene reso pubblico. L’inabilitato riacquista la piena capacità di agire e può riprendere ad esercitare i propri diritti. Il legislatore, tuttavia. ha imposto un requisito particolare di validità degli atti compiuti dal soggetto dopo la revoca della inabilitazione. Sono considerati pienamente validi infatti soltanto quelli per i quali è esclusa ogni impugnativa. La possibilità di impugnare è esclusa se la sentenza di revoca è passata in giudicato. Al contrario, possono essere soggetti ad impugnazione gli atti compiuti quando la revoca è stata esclusa da una sentenza passata in giudicato.
Dalla revoca dell’interdizione all’inabilitazione
Rimanendo nell’ambito dei provvedimenti di revoca c’è un altro caso in cui può essere dichiarata l’inabilitazione partendo da un giudizio di interdizione ed è l’ipotesi enucleata dall’articolo 432 del codice civile. La norma afferma che il giudice che revoca la sentenza di interdizione di un soggetto può, nello stesso tempo, qualora ritenga il soggetto incapace di provvedere completamente ai propri interessi, dichiarare l’inabilitazione di tale soggetto.
Anche in questo caso, la validità degli atti compiuti dall’inabilitato dopo la sentenza di revoca dell’interdizione è subordinata all’esclusione della revoca con sentenza passata in giudicato.
Avv. Bellato – diritto di famiglia e matrimoniale, separazione e divorzio