Il trasferimento del genitore collocatario – indice:
- Come funziona
- L’affidamento del minore
- Come decide il giudice
- I criteri del Tribunale di Milano
- In caso di affidamento esclusivo
- In caso di affidamento condiviso
Il genitore collocatario è il genitore che condivide la vita quotidiana con il figlio e si occupa per lo più della sua ordinaria amministrazione. Presso il genitore collocatario infatti il figlio ha la residenza o il domicilio. La scelta in ordine al collocamento del figlio minore viene presa di comune accordo fra i coniugi in sede di separazione consensuale oppure dal giudice in sede di separazione giudiziale. Può essere inoltre modificata in altra sede di modifica degli accordi di separazione o divorzio.
Fra i motivi che possono comportare la modifica del genitore collocatario c’è il trasferimento della residenza del genitore collocatario. Ciò accade quando lo spostamento possa essere pregiudizievole per l’interesse del figlio minore. Tale spostamento può essere pregiudizievole quando rende più difficilmente praticabili i rapporti con l’altro genitore ovvero quando può compromettere la salute psichica del minore. Si pensi ad esempio al trasferimento all’estero del genitore collocatario o comunque al trasferimento ad una distanza tale da rendere più difficile il mantenimento di alcuni rapporti familiari e sociali.
Sulla decisione del coniuge collocatario di trasferirsi lontano dalla residenza dell’altro coniuge, ovvero all’estero, nel caso di figli minori, è possibile stipulare un accordo tra i genitori. Qualora invece questi non siano in grado di raggiungere un accordo il giudice potrà soltanto prendere atto delle scelte effettuate e decidere per la miglior tutela dell’interesse del figlio. Prendendo spunto dall’ampia produzione giurisprudenziale in materia si arriverà a definire i criteri che il giudice utilizza nell’accogliere la domanda di autorizzazione del trasferimento del genitore collocatario qualora l’altro genitore non sia d’accordo sul trasferimento.
Il trasferimento del genitore collocatario
Si è introdotto l’argomento definendo la figura del genitore collocatario. Chiarito ciò ci si chiede cosa succeda qualora questi decida di trasferire la propria residenza e quella del figlio lontano da quella dell’altro coniuge o all’estero.
Anzitutto la decisione del genitore collocatario di trasferirsi con il figlio minore può essere presa d’accordo con il genitore non collocatario. In questo caso non si sollevano particolare problemi e verranno concordati i tempi e le modalità di frequenza del minore con il genitore non collocatario.
La cosa risulta più complessa se il genitore non collocatario non è d’accordo sul trasferimento lontano dalla residenza del coniuge non collocatario o all’estero. In tal caso si instaurerà un contenzioso tra i genitori che potrebbe sfociare anche in una modifica delle condizioni di separazione o divorzio. La decisione in ordine al trasferimento pertanto verrà rimessa ad un giudice che sarà tenuto a decidere, come si esporrà di seguito, valutando in primo luogo l’interesse del minore e in secondo luogo le ragioni sottese al trasferimento.
Bisogna tuttavia sottolineare che il trasferimento del genitore collocatario è un suo diritto, costituzionalmente tutelato, il cui esercizio, se non pregiudizievole per il benessere del figlio minore, non può modificare il suo status di genitore collocatario né pregiudicarlo qualora non ancora acquisito. Gli stessi problemi non si presentano invece nel caso di figlio maggiorenne il quale è già potenzialmente in grado di scegliere con quale genitore stare qualora non sia autonomo.
Prima di giungere alla giurisprudenza più esaustiva sul trasferimento del genitore collocatario tuttavia bisogna fare qualche preliminare cenno al contorno della vicenda che non può non tenere in considerazione dei regimi dell’affidamento condiviso ed esclusivo e dei criteri di collocamento del figlio minore.
I principi generali della giurisprudenza in tema di affidamento dei figli minori
In sede di separazione consensuale gli ex coniugi devono mettersi d’accordo circa l’affidamento dei figli minori. Devono cioè trovare un accordo su chi esercita la responsabilità genitoriale. La responsabilità genitoriale, si rammenta, consiste nelle modalità di decisione sui fatti di ordinaria e straordinaria amministrazione dei figli. Nel nostro ordinamento tali decisioni vanno prese congiuntamente dai coniugi. È fatto salvo il caso in cui il giudice ammetta la possibilità di prendere separatamente le decisioni sulle questioni di ordinaria amministrazione.
L’affidamento condiviso
Dal 2013 nel nostro ordinamento giuridico è prevalsa il sistema dell’affidamento condiviso su quello esclusivo. L’articolo 337-ter, primo comma, del codice civile introdotto con la riforma afferma infatti che “Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.
Se i coniugi non riescono a raggiungere un accordo circa l’affidamento tale compito spetta al giudice.
Il secondo comma della stessa norma introduce pertanto i criteri con cui il giudice deve decidere sull’affidamento del figlio minore. A tali criteri è stato dato più volte riscontro da parte della giurisprudenza, in particolare nella sentenza 18817/2015 in cui si legge che:
“In tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico che il giudice, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore, fermo restando, in ogni caso, il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione”.
L’affidamento esclusivo
Il giudice decide per l’affidamento esclusivo soltanto in determinati casi, ovvero quando l’affidamento condiviso sia contrario all’interesse della prole. In tal caso solo il genitore affidatario esercita la responsabilità genitoriale. Tale genitore, comunque, dovrà consultarsi con il genitore escluso dall’affidamento per le questioni di straordinaria amministrazione.
Con la sentenza n. 977 del 2017 la Corte di Cassazione ha affermato che “La regola dell’affidamento condiviso dei figli è derogabile solo ove la sua applicazione risulti «pregiudizievole per l’interesse del minore», il che si verifica nell’ipotesi in cui il genitore non collocatario si sia reso totalmente inadempiente al diritto di visita perché residente all’estero, essendo tale comportamento indicativo dell’inidoneità ad affrontare quelle maggiori responsabilità che l’affido condiviso comporta anche a carico del genitore con il quale il figlio non coabiti stabilmente”.
Come può incidere il trasferimento sul collocamento e sull’affidamento del figlio
Come si diceva sopra, quando non interviene un accordo tra i coniugi sul trasferimento, la decisione sarà rimessa al giudice. Di seguito si esporrà l’orientamento giurisprudenziale prevalente sulla questione.
Come stabilito nella nota sentenza n. 9633/2015 la decisione di trasferirsi del coniuge separato non può essere d’ostacolo al riconoscimento della posizione di genitore collocatario nonché affidatario. Il giudice può solo prendere atto della scelta personale e valutare quale sia la forma di affidamento e di collocamento più idonea per l’interesse del minore.
Nel cuore della sentenza i giudici spiegano in un primo momento quanto appena riassunto: ” Va sottolineato che oggetto del presente giudizio è l’affido e il collocamento dei figli di una coppia di coniugi separati, nell’ambito del quale il giudice non ha il potere d’imporre all’uno o all’altro dei coniugi stessi di rinunziare a un progettato trasferimento, che del resto corrisponde a un diritto fondamentale costituzionalmente garantito, come giustamente rilevato dai giudici del reclamo. Il giudice non può che prendere atto delle determinazioni al riguardo assunte dell’interessato e regolarsi di conseguenza nella decisione, che gli compete, sull’affido e il collocamento dei figli minori. Nessuna norma, inoltre, impone di privare il coniuge che intenda trasferirsi, per questo solo fatto, dell’affido o del collocamento dei figli presso di sé; la decisione del giudice è discrezionale e deve ispirarsi, come correttamente ricorda il ricorrente, al superiore interesse dei figli minori“.
La preminenza dell’interesse del figlio minore
La valutazione del giudice è funzionale all’interesse del figlio con lo scopo di limitare il più possibile il deterioramento inevitabile del legame con il genitore non collocatario.
“In altri termini, di fronte alle scelte insindacabili sulla propria residenza compiute dei coniugi separati, i quali non perdono, per il solo fatto che intendono trasferire la propria residenza lontano da quella dell’altro coniuge, l’idoneità ad essere collocatari dei figli minori, il giudice ha esclusivamente il dovere di valutare se sia più funzionale al preminente interesse della prole il collocamento presso l’uno o l’altro dei genitori, per quanto ciò incida negativamente sulla quotidianità dei rapporti con il genitore non collocatario: conseguenza, questa, comunque ineluttabile, sia nel caso di collocamento presso il genitore che si trasferisce, sia nel caso di collocamento presso il genitore che resta”.
L’articolo 337-ter del codice civile
Se si legge infatti il secondo comma dell’articolo 337-ter del codice civile è stabilito che “Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all’articolo 337 bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori”.
L’interesse ad una crescita equilibrata del minore è sicuramente il primo aspetto che il giudice valuta nell’accogliere o meno la domanda di trasferimento. Il Tribunale di Milano con sentenza dell’11.06.2014 ha esposto bene quali domande deve porsi il giudice per giungere alla decisione più idonea alla tutela di tale interesse. Nel prossimo paragrafo si potrà vedere l’applicazione concreta dell’articolo 337-ter del codice civile operata dal Tribunale di Milano.
Gli elementi che consentono di valutare se l’interesse del figlio è tutelato con il trasferimento
Le domande che il giudice deve porsi per applicare i principi del codice civile e garantire l’effettiva tutela degli interessi del minore sono:
- i motivi per i quali il genitore collocatario decide di trasferirsi. Tali motivi possono essere ad esempio di natura lavorativa per lo svolgimento di un’attività economicamente vantaggiosa per sé e per il figlio. Le ragioni che portanto il genitore collocatario a trasferirsi tuttavia devono tenere conto di un interesse non esclusivo del genitore bensì anche del figlio. Solo così il giudice potrà accogliere la domanda di trasferimento;
- come il trasferimento influirebbe sui tempi e le modalità di frequentazione del figlio con il genitore non collocatario. La valutazione in particolare verterà sul fatto che quest’ultimo non sia sottoposto ad impegni economici oggettivamente insostenibili in relazione alla propria capacità reddituale;
- la disponibilità del genitore non collocatario ad adattarsi al cambiamento, anche ipotizzando un’eventuale cambio di residenza per mantenere i rapporti con il figlio;
- che il trasferimento non sia motivato dalla volontà di ostacolare i rapporti tra il figlio e l’altro genitore;
- l’incidenza del trasferimento sui rapporti e i legami del figlio con amici e parenti di entrambi i genitori. Il giudice compie tale valutazione nell’ottica di conservare tali rapporti e impedire che l’allontanamento possa influire negativamente sul benessere e la crescita del minore;
- come incide sulla psiche del minore lo spostamento, l’adattamento ad una nuova realtà sociale e culturale. L’approdo presso un ambiente culturale diverso da quello della sua prima esistenza nonché diverso da quello di stabile organizzazione del padre potrebbe incidere anche negativamente sul legame fra i due;
- il rapporto tra età del minore ed effetti del cambiamento;
- la volontà o meno del minore di trasferirsi.
Il trasferimento del genitore collocatario e l’affidamento esclusivo
L’affidamento esclusivo del figlio minore facilita il trasferimento della residenza del coniuge affidatario e di quella del figlio all’estero. Il genitore non affidatario infatti non può ostacolare tale legittimo diritto del genitore affidatario. Può tuttavia esercitare il suo diritto di visita ai sensi dell’articolo 21 della Convezione Aja del 25 ottobre 1980. Tale convenzione è stata stipulata per regolare gli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori. Tale fenomeno si può verificare nel caso in cui un genitore trasferisca il figlio minore all’estero senza il consenso dell’altro genitore.
Affidamento condiviso e trasferimento del genitore collocatario
Il regime dell’affidamento condiviso si sposa perfettamente con il concetto della bigenitorialità e del collocamento paritario del figlio minore. Come afferma la Cassazione nell’ordinanza n. 19323 del 17/09/2020 “Il regime legale dell’affidamento condiviso, tutto orientato alla tutela dell’interesse morale e materiale della prole, deve tendenzialmente comportare, in mancanza di gravi ragioni ostative, una frequentazione dei genitori paritaria con il figlio, tuttavia nell’interesse di quest’ultimo il giudice può individuare un assetto che si discosti da questo principio tendenziale, al fine di assicurare al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena”.
Come perciò affermato dalla stessa stessa Corte, con l’ordinanza 24526/2010, in caso di trasferimento del genitore collocatario all’estero “la distanza tra i luoghi di residenza dei genitori può, in linea di principio, precludere la possibilità di un affidamento condiviso del minore solo quando si traduca in un comportamento, da parte di uno dei genitori, che escluda il genitore medesimo dal pari esercizio della potestà genitoriale, così da rendere non rispondente all’interesse del figlio l’adozione, nel caso concreto, del modello legale prioritario di affidamento”.
Avv. Bellato – diritto di famiglia e matrimoniale, separazione e divorzio