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Home » Civile » Famiglia » Assegno di mantenimento, ecco i criteri che giustificano l’aumento

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Assegno di mantenimento, ecco i criteri che giustificano l’aumento

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Assegno di mantenimento, ecco i criteri che giustificano l’aumento
Assegno familiare
Avv. Beatrice Bellato

L’assegno di mantenimento ed il suo aumento – indice:

  • Proporzione al reddito
  • Non solo alimentare
  • Bigenitorialità e prevalenza

Con la sentenza n. 25134/2018, la Corte di Cassazione è intervenuta sul tema dell’assegno di mantenimento fornendo alcune interessanti linee guida per la determinazione del valore da destinare ai figli. Si tratta di un intervento piuttosto completo, che probabilmente sarà in grado di influenzare, su questo tema, le future decisioni dei giudici.

Ma che cosa ha stabilito la Corte? E in che modo tale valutazione potrà impattare sulle quantificazioni potenziali degli aumenti degli assegni di mantenimento?

Cerchiamo di riassumere in modo ordinato l’insieme delle valutazioni degli Ermellini.

Mantenimento dei figli in proporzione al reddito e alle risorse economiche

Anzitutto, la Corte di Cassazione cita l’art. 148 cod. civ. ricordando come il legislatore abbia prescritto che entrambi i coniugi siano tenuti ad adempiere all’obbligazione di mantenimento dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo le loro capacità di lavoro professionale o casalingo.

Tuttavia, lo stesso articolo non stabilisce un criterio automatico che possa aiutare una facile determinazione dell’importo dei rispettivi contributi, rappresentato dal calcolo percentuale dei redditi dei due soggetti, che finirebbe con il penalizzare il coniuge più debole. L’articolo introduce invece un sistema più completo ed elastico di valutazione, che tenga conto non solo dei redditi quanto anche di ogni altra risorsa economica, ivi compreso il valore intrinseco dei beni immobili, o delle capacità di svolgere un’attività professionale domestica, e che si esprima sulla base di un’indagine comparativa delle condizioni.

Assegno di mantenimento, non solo alimentare

In aggiunta a ciò, i giudici ricordano anche come nella determinazione dell’assegno di mantenimento non si possa che tenere in considerazione dell’evidenza per la quale il dovere di mantenere, di istruire e di educare la prole, stabilito dall’art. 147 cod. civ., vincola i coniugi a far fronte ad una molteplicità di necessità dei figli, che non possono essere ricondotte solamente all’obbligo alimentare, ma devono essere estese anche all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, fino all’assistenza morale e materiale, e all’opportuna predisposizione di una stabile organizzazione domestica, che si adeguata – fino a quando la loro età lo richieda – a rispondere a ogni bisogno di cura e di educazione.

Alla luce di quanto sopra, gli Ermellini rammentano come nell’imporre a ognuno dei coniugi l’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, il giudice di merito debba individuare quali sono gli elementi da tenere in considerazione nella determinazione dell’assegno, oltre alle esigenze del figlio, il tenore di vita dello stesso, goduto in costanza di convivenza, e le risorse economiche dei genitori, oltre ai tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura dei loro assistiti.

Mantenimento del figlio, tra bigenitorialità e prevalenza genitoriale

Sempre in merito ai principali elementi ritenuti dalla pronuncia della Suprema Corte, i giudici sottolineano come in tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico del giudice – che non potrà che avere come esclusivo interesse morale e materiale quello della prole – deve operare circa le capacità dei genitori di crescere e di educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, e debba essere formulato tenendo in considerazione, sulla base di concreti elementi, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di garantire al minore.

In ogni caso – proseguono poi gli Ermellini – deve essere assicurato il rispetto del principio della bigenitorialità, che deve intendersi come presenza comune dei genitori nella vita del figlio, che sia idoneo ad assicurargli una stabile consuetudine di vita e di salde relazioni affettive con entrambi, che hanno intuibilmente il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione e istruzione.

Ulteriormente, nell’ambito dell’affidamento condiviso di un minore, deve rappresentare una idonea misura a salvaguardare il suo preminente interesse ad una crescita serena e armoniosa, in una situazione che non potrà che essere quella di disgregazione della famiglia, la sua collocazione stabile presso il genitore con il quale ha in prevalenza vissuto in precedenza, e che possa assicurargli una maggiore attenzione, poiché in questo modo ritenuto più idoneo a prendersi cura dello stesso, garantendo nel contempo al genitore che non è collocatario, degli ampi periodi di tempo per tenere il figlio presso di sé.

Avv. Bellato – diritto civile e di famiglia

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