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Home » Civile » Matrimonio » I trasferimenti in sede di separazione e divorzio – una guida rapida

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I trasferimenti in sede di separazione e divorzio – una guida rapida

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it I trasferimenti in sede di separazione e divorzio – una guida rapida
Trasferimenti in sede di separazione e divorzio
Avv. Beatrice Bellato

I trasferimenti in sede di separazione e divorzio – indice:

  • Natura giuridica e causa
  • Sede giudiziale e stragiudiziale
  • La forma dei trasferimenti
  • Oggetto e soggetti
  • Trasferimenti verso i figli
  • L’impegno a trasferire
  • Profili fiscali

Nella fase patologica del rapporto coniugale, che può essere regolata con gli strumenti giuridici della separazione e del divorzio, è stata riconosciuta ai coniugi nel tempo l’esercizio di un’autonomia negoziale. Tale autonomia si esprime relativamente alle questioni patrimoniali della famiglia ovvero mediante la stipulazione di accordi traslativi di diritti reali su beni mobili, immobili o altri diritti tra i coniugi stessi, tra coniugi e figli o tra coniugi e terzi. Questi accordi realizzano pertanto dei trasferimenti in sede di separazione e divorzio.

Non ci sono specifici riferimenti normativi che disciplinano l’argomento: la dottrina tuttavia studia e si interroga continuamente sull’autonomia negoziale dei coniugi in sede di separazione e divorzio sostenendo i benefici diretti derivanti alla famiglia dall’esercizio di tale autonomia negoziale. Qualche spunto può derivare dalle principali norme sulla separazione consensuale e sul divorzio ma nessuna disposizione mira a disciplinare direttamente tali aspetti della crisi coniugale. In queste norme si ricava soltanto il riconoscimento da parte della legge dell’autonomia privata con riguardo ai rapporti patrimoniali della famiglia in crisi.

Dopo una prima analisi sulla natura giuridica e la causa che sottende ai trasferimenti in sede di separazione e divorzio si passerà ad approfondire aspetti più pratici quali la forma, il contenuto e l’efficacia. Si tratterà in particolare dei trasferimenti in sede di separazione e divorzio tra coniugi e nei confronti della prole.

La natura giuridica e la causa dei trasferimenti in sede di separazione e divorzio

Trattandosi di accordi traslativi a contenuto patrimoniale i trasferimenti in sede di separazione e divorzio possono essere ricondotti alla fattispecie negoziale dei contratti. Hanno infatti la struttura di veri e propri contratti: le parti, l’oggetto, la forma, la causa e l’accordo. L’elemento più discusso di tale tipologia contrattuale è la causa: diverse e variamente nutrite sono le pronunce giurisprudenziali nonché le interpretazioni dottrinali in merito. In ogni caso, come già detto nell’introduzione, non ci sono norme specifiche che regolano i trasferimenti effettuati in sede di separazione e divorzio. La possibilità ai coniugi di stipulare tali contratti pertanto si fonda sul principio della libertà contrattuale e sulla disponibilità dei diritti che ne costituiscono l’oggetto.

Le varie tesi

Premettendo che gli accordi traslativi di diritti o beni mobili o immobili comportano un arricchimento della sfera giuridica e/o patrimoniale del soggetto che li acquista un orientamento dottrinale ritiene che la causa di tali accordi patrimoniali abbia natura solutoria degli obblighi di mantenimento derivanti dalla separazione o dal divorzio. Tale orientamento è stato tuttavia criticato per le diverse ipotesi di nullità del contratto che potrebbero verificarsi. Come ad esempio nel caso in cui il coniuge destinatario del bene o del diritto oggetto di trasferimento non sia a seguito degli accordi di separazione o divorzio il coniuge avente diritto al mantenimento.

Dopo un’altra tesi molto poco condivisa, sulla quale pertanto non ci si sofferma, si è affermata, soprattutto nella giurisprudenza, una seconda tesi che inserisce i trasferimenti effettuati in sede di separazione e divorzio tra gli accordi transattivi. Anche tale tesi non è esente da critiche non potendo far combaciare perfettamente la tipologia negoziale con la definizione di transazione contenuta nell’articolo 1965 del codice civile.

Neppure è stata accolta l’opinione di alcuni che ha inquadrato i trasferimenti in sede di separazione e divorzio tra i contratti di donazione giustificando le proprie ragioni sulla mancanza dell’animus donandi, della gratuità e della liberalità.

La crisi coniugale

L’opinione più accreditata, confermata anche dalla giurisprudenza, è che gli accordi sui trasferimenti in sede di separazione e divorzio non possano essere ricondotti ad un tipo contrattuale previsto dal legislatore. Non si tratterebbe tuttavia di contratti atipici come definiti dal codice civile all’articolo 1322. Si potrebbe infatti inquadrarli come contratti aventi come causa tipica la regolazione dei rapporti patrimoniali dopo la crisi coniugale facendo riferimento in particolare a due disposizioni. L’articolo 711 del codice di procedura civile e l’articolo 4, tredicesimo comma, della legge sul divorzio. La causa di tali contratti è pertanto la crisi coniugale.

La Cassazione ha recepito tale interpretazione in una nota sentenza del 2004, la numero 5741. In tale sentenza la Corte ha affermato che “Gli accordi di separazione personale fra i coniugi, contenenti attribuzioni patrimoniali da parte dell’uno nei confronti dell’altro e concernenti beni mobili o immobili, non risultano collegati necessariamente alla presenza di uno specifico corrispettivo o di uno specifico riferimento ai tratti propri della “donazione”, e tanto più per quanto può interessare ai fini di una eventuale loro assoggettabilità all’actio revocatoria di cui all’art. 2901 c.c. rispondono, di norma, ad un più specifico e più proprio originario spirito di sistemazione dei rapporti in occasione dell’evento di “separazione consensuale”, il quale, sfuggendo in quanto tale da un lato alle connotazioni classiche dell’atto di “donazione” vero e proprio, e dall’altro a quello di un atto di vendita, svela, di norma, una sua “tipicità” propria…”.

In che sedi possono essere stipulati gli accordi di trasferimento

Gli accordi patrimoniali tra i coniugi sono soggetti a dei requisiti formali che variano in base a quando gli stessi vengono fatti. Possono infatti inserirsi:

  • nella procedura di separazione o divorzio giudiziali;
  • nel verbale di separazione consensuale o di divorzio congiunto;
  • in un momento distinto dall’esecuzione di tali procedimenti e quindi in un accordo esterno che può essere autonomo oppure discendere dall’assunzione di un obbligo determinato in sede di separazione o divorzio.

Le due sedi in cui possono essere presi tali accordi sono pertanto quella giudiziale, nelle prime due ipotesi suddette, e quella stragiudiziale per l’ultima ipotesi.

La forma dei trasferimenti

Tali accordi tuttavia, non essendo configurabili come donazioni o convenzioni matrimoniali, richiedono soltanto la forma scritta quale requisito di forma.

Sul piano applicativo tuttavia si pongono dei problemi circa l’idoneità del verbale di udienza di separazione o divorzio ad avere la forma di atto pubblico. Seguendo la dottrina che ritiene che la forma di atto pubblico possa essere conferita solo dal notaio, il verbale di separazione sicuramente non soddisfa i requisiti di atto pubblico. Si tratterebbe infatti di un atto proveniente da un’autorità giudiziaria e avente natura meramente processuale che non soddisferebbe i requisiti per una valida trascrizione dell’atto stesso rimanendo cosi inadempiuti gli obblighi pubblicitari previsti dalla legge.

Una giurisprudenza meno recente invece ritiene che il verbale di udienza di separazione o divorzio assume la forma di atto pubblico ai sensi dell’articolo 2699 del codice civile e pertanto costituisca titolo idoneo alla valida trascrizione dei trasferimenti. Gli atti traslativi ovvero costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali su beni immobili derivanti dagli accordi assunti tra i coniugi in sede di separazione e divorzio infatti sono soggetti a trascrizione ex articolo 2643 del codice civile.

Sulla questione è stata interpellata di recente la Corte di Cassazione lo scorso febbraio e pronunciatasi con l’ordinanza interlocutoria n. 3089 con riguardo ad un trasferimento immobiliare effettuato in sede di divorzio congiunto. Il Supremo Collegio tuttavia non è giunto ad una soluzione della questione, tale è stata ritenuta l’importanza della stessa, e la ha rimessa al vaglio delle Sezioni unite della Cassazione.

L’oggetto e i soggetti dei trasferimenti in sede di separazione e divorzio

Come già emerso nelle righe precedenti, i trasferimenti in sede di separazione e divorzio possono avere ad oggetto atti traslativi di:

  • diritti reali su beni mobili;
  • diritti reali su beni immobili;
  • su altri tipi di beni;
  • quote di un diritto in comunione a più persone.

Possono tuttavia avere ad oggetto anche atti costitutivi di diritti reali su cosa altrui. Può essere costituito ad esempio un diritto di usufrutto oppure un diritto di garanzia come il pegno o l’ipoteca.

Tali trasferimenti possono essere diretti da un coniuge all’altro, dai coniugi ai figli o dai coniugi a soggetti terzi. Quest’ultima ipotesi è stata tuttavia soggetta a parecchie critiche da parte della dottrina. Non ci si sofferma su di essa in tal sede ma a titolo esemplificati si pensi, per esempio, all’accordo transattivo tra un coniuge e un creditore dell’altro coniuge avente ad oggetto il trasferimento di alcuni beni mobili in cambio di una concessione da parte del coniuge debitore al coniuge trasferente.

Particolare rilievo, in quanto più frequenti nella prassi, sono i trasferimenti di diritti reali immobiliari tra coniugi e nei confronti dei figli.

I trasferimenti verso i figli

Si sono susseguiti vari orientamenti giurisprudenziali in merito alla possibilità dei coniugi di adempiere all’obbligo di mantenimento dei figli minorenni o maggiorenni che non hanno ancora raggiunto l’autosufficienza economica mediante attribuzioni patrimoniali.

Parte della dottrina lo ritiene inammissibile in quanto ha ritenuto che l’adempimento all’obbligo di mantenimento vada necessariamente eseguito mediante una prestazione pecuniaria e periodica.

Alcuni giudici di merito invece hanno ammesso la possibilità di assolvere l’obbligo di mantenimento mediante la costituzione in capo ad un coniuge del diritto di usufrutto su un immobile la cui nuda proprietà veniva trasferita al figlio. In altre pronunce i giudici sono venuti ad ammettere la fattispecie e ad inquadrarla nel contratto a favore di terzi.

Anche la giurisprudenza di legittimità infine ha riconosciuto l’ammissibilità dei trasferimenti patrimoniali in favore della prole. In particolare anch’essa ritenendo applicabile lo schema del contratto a favore di terzi ex articolo 1411 del codice civile.

L’orientamento giurisprudenziale del 2004

Nel 2004 la Giurisprudenza ha avuto infatti modo di affermare, nella sentenza n. 11342, l’orientamento secondo cui “È di per sé valida la clausola dell’accordo di separazione che contenga l’impegno di uno dei coniugi, al fine di concorrere al mantenimento del figlio minore, di trasferire, in suo favore, la piena proprietà di un bene immobile, trattandosi di pattuizione che dà vita ad un contratto atipico, distinto dalle convenzioni matrimoniali e dalle donazioni, volto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ai sensi dell’art. 1322 cod. civ.”.

Si legge nelle predette righe il riferimento “all’impegno” di un coniuge al trasferimento della proprietà di un bene immobile al figlio. Ciò come parziale adempimento dell’obbligo di mantenimento. A tale impegno si è conferita la natura di contratto preliminare a favore di terzi ex articolo 1411 del codice civile. Assumerà poi la qualità di vero e proprio contratto unilaterale quando si dà esecuzione all’obbligo promesso.

È stata pertanto superata l’idea che l’obbligo al mantenimento dei figli potesse essere adempiuto soltanto con una prestazione pecuniaria a carattere periodico. È stato invece ammesso che lo stesso obbligo possa essere adempiuto mediante l’attribuzione di beni o diritti o l’assunzione dell’impegno a trasferirli.

L’impegno a trasferire

Come poco fa detto è consentito ai coniugi di limitarsi a pattuire un impegno al trasferimento. Sia di diritti reali su beni mobili o immobili sia di diritti su cosa altrui. Ciò è possibile sia in sede di udienza presidenziale di separazione consensuale sia in sede di udienza di divorzio congiunto. Successivamente, a tale impegno si sostituirà l’atto traslativo vero e proprio.

Che tipo di schema negoziale si applica all’impegno e al successivo atto traslativo? Ribadendo che tali atti non possono adottare lo schema della donazione non si può affermare nemmeno la possibilità di ricorrere allo schema della compravendita. La Cassazione ha individuato la soluzione. Ha ritenuto dare la forma del contratto preliminare ex articolo 1333 del codice civile all’impegno al trasferimento. Al successivo atto invece la forma di contratto definitivo della medesima fattispecie normativa.

Profili fiscali dei trasferimenti in sede di separazione e divorzio

Facendo un breve cenno ai profili fiscali dell’argomento in esame l’articolo 19 della legge n. 74/1987 stabilisce che “Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli articoli 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa“.

La norma in altre parole dichiara la totale esenzione fiscale dei trasferimenti in sede di divorzio e separazione. Affinché si possa godere di tale esenzione tuttavia gli accordi di trasferimento assunto in sede di separazione e divorzio devono essere formalizzati nei relativi verbali. Tale esenzione non riguarda soltanto gli accordi stipulati tra i coniugi. Non riguarda soltanto cioè quelli aventi ad oggetto un’attribuzione patrimoniale a favore di un coniuge, ma anche quelli nei confronti dei figli.

L’esenzione confermata dalla Cassazione

A conferma di quanto detto si riporta la pronuncia della Corte di Cassazione nella sentenza 30 maggio 2005, n. 11458:

“Nella ipotesi di trasferimento di immobili in adempimento di obbligazioni assunte in sede di separazione personale dei coniugi, l’art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, alla luce delle sentenze della Corte costituzionale 10 maggio 1999, n. 154 e 15 aprile 1992, n. 176, deve essere interpretato nel senso che l’esenzione “dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa” di “tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio” si estende “a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi”, in modo da garantire l’adempimento delle obbligazioni che i coniugi separati hanno assunto per conferire un nuovo assetto ai loro interessi economici, anche con atti i cui effetti siano favorevoli ai figli“.

Avv. Bellato – diritto di famiglia e matrimoniale, separazione e divorzio

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