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Home » Civile » Matrimonio » Separazione e divorzio: le differenze

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Separazione e divorzio: le differenze

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Separazione e divorzio: le differenze
separazione e divorzio: la differenza
Avv. Beatrice Bellato

La differenza tra separazione e divorzio – indice:

  • Separazione
  • Divorzio
  • Negoziazione assistita
  • Procedure
  • L’assegno di mantenimento
  • L’assegno divorzile
  • I diritti successori

La separazione e il divorzio sono le due procedure messe a disposizione dal nostro ordinamento giuridico per porre rimedio ad un matrimonio che non ha avuto buon fine. Pur essendo proiettate alla realizzazione del medesimo scopo, ovvero sollevare la coppia, non più affettivamente unita, dagli obblighi nascenti dal matrimonio, presentano delle differenze sostanziali e procedurali. È opportuno pertanto averle ben chiare prima di procedere con le stesse.

I  due istituti giuridici trovano le proprie fonti normative in varie norme di legge. La fonte principale della separazione è il Codice Civile, mentre, altre fonti per entrambi gli istituti sono costituite da alcune leggi speciali quali: la legge 898/1970 che per la prima volta ha introdotto il divorzio quale causa di scioglimento del matrimonio; la legge 132/2014 che ha introdotto la procedura di negoziazione assistita, utilizzabile, come si vedrà, in entrambi gli istituti; e infine nella legge sul “divorzio breve“, la n. 55/2015.

In via preliminare si ricorda che in ogni caso la legge italiana rende il procedimento di separazione coniugale propedeutico a quello di divorzio. In nessun caso è possibile far cessare gli effetti civili del matrimonio senza essersi prima separati.

Cos’è la separazione

Proprio partendo dal presupposto che non vi può essere divorzio senza separazione è opportuno aprire l’approfondimento parlando di quest’ultima.

La separazione è l’istituto giuridico con cui si può ottenere la sospensione degli effetti civili del matrimonio. È disciplinata dal codice civile agli artt. 150 e seguenti e nel codice di procedura civile agli artt. 706 e seguenti.  A seguito della stessa infatti non sarà più obbligatorio per i coniugi rispettare i doveri derivanti dalla vita coniugale nonché cesseranno alcuni aspetti della vita patrimoniale dei coniugi. Possono subentrare invece delle nuove obbligazioni di natura patrimoniale in capo ad uno dei due coniugi, come ad esempio l’assegno di mantenimento. Con la separazione, a differenza del divorzio, i coniugi separandi o separati possono riconciliarsi in ogni momento. La separazione infatti fa venir meno l’obbligo di rispettare alcuni doveri della vita coniugale ma non elide il vincolo e pertanto rimangono in essere gli obblighi di assistenza morale e materiale del coniuge.

La separazione può avvenire consensualmente o giudizialmente. È consensuale quando i coniugi sono d’accordo sulle condizioni patrimoniali e familiari posteriori allo scioglimento del vincolo matrimoniale. L’iniziativa di separarsi consensualmente può essere intrapresa con 4 modalità: il ricorso al Presidente del tribunale dove uno dei due coniugi hanno la residenza o il domicilio, con la conversione di un giudizio di separazione in separazione consensuale, con la negoziazione assistita e infine presso l’ufficio comunale dello stato civile competente soltanto in assenza di prole ovvero di accordi di natura patrimoniale. La separazione viene intrapresa di fronte al giudice invece quando l’accordo non è stato raggiunto. Sarà uno dei due coniugi pertanto ad agire in via giudiziale mediante ricorso al tribunale ed a citare l’altro coniuge in giudizio.

Cos’è il divorzio

Il divorzio invece, successivo alla separazione, porta alla cessazione o allo scioglimento degli effetti civili del matrimonio. Tale istituto giuridico è disciplinato prevalentemente, a differenza della separazione, dalla legge sul divorzio, la n. 898/1970.

Come la separazione, anche l’iniziativa di divorzio può essere intrapresa dai coniugi congiuntamente, in quanto d’accordo nel regolare gli aspetti economici e familiari delle proprie vite, oppure separatamente e con il necessario affidamento della controversia ad un giudice. Il divorzio consensuale o congiunto si attiva depositando ricorso al Tribunale del luogo di residenza o domicilio di uno dei due coniugi, ovvero con la negoziazione assistita oppure presso l’ufficio comunale dello stato civile competente ma solo nei due casi previsti dall’articolo 3, primo comma, n. 2) della legge 898/1970.

L’articolo 5 della legge 898/1970 stabilisce, oltre alla cessazione degli effetti civili del matrimonio ulteriori effetti del divorzio. Si tratta ad esempio dell’obbligo alla corresponsione dell’assegno divorzile, ovvero della perdita da parte della donna del cognome dell’ex coniuge nonché del diritto all’assistenza sanitaria erogata dall’ente mutualistico nei confronti del coniuge deceduto.

La negoziazione assistita nella separazione e nel divorzio

La legge 132/2014 ha introdotto per entrambi gli istituti la possibilità di ottenerne la sospensione o lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio in maniera più rapida mediante la procedura di negoziazione assistita, ovvero con il solo appoggio di uno studio legale.

Come si può notare da quanto appena affermato è possibile esperire la procedura con entrambi gli istituti.  Si parla, nel caso della separazione di separazione “breve” proprio per i tempi ridotti con cui la stessa si ottiene. Qualora si opti per quest’ultima i tempi del procedimento sono parecchio veloci: sono sufficienti una sessantina di giorni. Per quanto concerne i costi sia nel divorzio che nella separazione con negoziazione assistita questi sono inferiori rispetto a quelli risultanti dalla procedura ordinaria innanzi al tribunale.

Le procedure di separazione e divorzio a confronto: tempi e costi

Sotto il profilo esecutivo le procedure di separazione e divorzio sia in via consensuale che giudiziale si somigliano.

Le procedure in via giudiziale sono più lunghe rispetto a quelle intraprese consensualmente dai coniugi, con o senza negoziazione assistita. Per quanto riguarda la separazione giudiziale questa può durare, mediamente, dai 2 ai 4 anni. Nel divorzio giudiziale è difficile stabilire una durata media in quanto incidono troppi fattori a determinarla. In ogni caso, salvo l’ipotesi in cui il coniuge convenuto in giudizio accolga in prima udienza le proposte del coniuge ricorrente, il procedimento di divorzio giudiziale avrà una durata di minimo un anno.

Anche sotto il profilo economico definire i costi dei due procedimenti non è semplice. Le tariffe degli avvocati sono simili per entrambe le procedure ed oscillano tra i 1500 e i 3000 euro.

L’assegno di mantenimento in sede di separazione e divorzio

L’assegno di mantenimento è un’obbligazione economica che può nascere in capo ad uno dei due coniugi sia in sede di separazione che di divorzio se ci sono figli minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti per garantire il loro diritto di essere mantenuti. Varie norme di legge a partire dall’art. 30 della nostra Costituzione per arrivare ad alcune norme del codice civile prevedono il diritto della prole e il dovere dei genitori al mantenimento. Ai sensi dell’articolo 337-ter c.c. “Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando: … 4) le risorse economiche di entrambe i genitori”.

Tale assegno può spettare, solo in sede di separazione, anche al coniuge non avente adeguati redditi propri e al quale non è addebitabile la separazione ai sensi dell’articolo 156 c.c. Sull’adeguatezza dei redditi citata dalla norma ha chiarito la Corte di Cassazione più volte che la norma si riferisce al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio e in relazione alle possibilità economiche dei coniugi. In ogni caso “L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato”. Tale obbligazione economica si differenzia dall’assegno divorzile erogabile in sede di divorzio in quanto la sospensione degli effetti civili del matrimonio mantiene in vita il dovere di assistenza materiale derivante dal vincolo coniugale ex art. 143, secondo comma, c.c.

L’assegno divorzile

L’assegno divorzile è la prestazione economica che sostituisce l’assegno di mantenimento nei confronti del coniuge nella separazione. Come poco fa esposto si differenzia da tale assegno in quanto, secondo i più recenti orientamenti giurisprudenziali, trattasi di obbligazione nascente dal dovere di solidarietà economica previsto dall’articolo 2 della Costituzione e in relazione all’articolo 23 della stessa. Come chiarito dalla Cassazione nella sentenza 12196/2017 infatti tale assegno spetta per garantire l’autosufficienza economica dell’altro coniuge ma non il mantenimento del tenore di vita precedentemente tenuto come con l’assegno di mantenimento.

La sua fonte normativa è l’articolo 5 della legge 898/1970 che recita quanto segue “Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive“.

I diritti successori nella separazione e nel divorzio

Per quanto riguarda la separazione, ai sensi dell’articolo 548 c.c. “Il coniuge cui non è stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato, ai sensi del secondo comma dell’articolo 151, ha gli stessi diritti successori del coniuge non separato”. Al coniuge invece cui la separazione è stata addebitata spetta soltanto un “assegno vitalizio”. Tale assegno gli spetta solo se all’apertura della successione costui godeva degli alimenti a carico del coniuge deceduto. A stabilirlo è il secondo comma della suddetta norma. L’importo dell’assegno ai sensi della norma è “commisurato alle sostanze ereditarie ed alla qualità e al numero degli eredi legittimi”.  La dottrina pertanto lo ritiene un legato di alimenti ex lege.

Nel divorzio invece interviene la legge 898/1970 a definire i diritti successori del coniuge divorziato. L’articolo 9-bis di tale legge stabilisce che “A colui al quale è stato riconosciuto il diritto alla corresponsione periodica di somme di denaro a norma dell’articolo 5, qualora versi in stato di bisogno, il tribunale, dopo il decesso dell’obbligato, può attribuire un assegno periodico a carico dell’eredità tenendo conto dell’importo di quelle somme, della entità del bisogno, dell’eventuale pensione di reversibilità, delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche”.

Ciò significa che l’ex coniuge superstite, qualora a seguito del divorzio avesse maturato il diritto alla corresponsione di somme di denaro a carico del coniuge defunto, può chiedere, rivolgendosi al tribunale, che gli venga attribuito un assegno periodico a carico dell’eredità. Di tale assegno il coniuge beneficiario avrà diritto soltanto finché non avrà contratto nuove nozze o sarà cessato il suo stato di bisogno.

Avv. Bellato – diritto di famiglia e matrimoniale, separazione e divorzio

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