La pensione di reversibilità nella separazione e nel divorzio – indice:
- Cos’è la pensione di reversibilità
- A chi spetta
- Il coniuge superstite
- Nella separazione e nel divorzio
- Il diritto del coniuge separato
- Il diritto del coniuge divorziato
- Giurisprudenza
- Coniuge divorziato e superstite
- Pensione e assegno divorzile
- Ripartizione delle quote nel concorso
La pensione di reversibilità spetta sia al coniuge separato con addebito sia al coniuge divorziato al ricorrere di determinati presupposti. La legge 898/1970 riconosce al coniuge divorziato il diritto alla pensione di reversibilità o ad una quota della stessa nel caso in cui il suo diritto concorra con quello del coniuge superstite. Le vicende giuridiche inerenti la pensione di reversibilità nella separazione e nel divorzio sono ricche di giurisprudenza. Nell’approfondimento seguente si darà spazio alle pronunce più rilevanti e recenti sulla materia.
Cos’è la pensione di reversibilità
La pensione di reversibilità è una percentuale della pensione liquidata al pensionato prima della sua morte. A tale somma possono aver diritto i superstiti secondo quanto stabilito dalla normativa vigente. La legge più recente in materia previdenziale che ha disciplinato i trattamenti pensionistici ai superstiti è la legge 903 del 1965.
L’articolo 22 di tale legge stabilisce al primo comma che “Nel caso di morte del pensionato o dell’assicurato, sempreché per quest’ultimo sussistano, al momento della morte, le condizioni di assicurazione e di contribuzione di cui all’articolo 9, n. 2, lettere
a) e b), spetta una pensione al coniuge e ai figli superstiti che, al momento della morte del pensionato o dell’assicurato, non abbiano superato l’età di 18 anni e ai figli di qualunque età riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi”.
Tale prestazione economica trova la propria ragion d’essere nel fatto che i superstiti, individuati dalla normativa come beneficiari, sono a carico del pensionato defunto al momento della morte. E dunque non sono autosufficienti o sono mantenuti dal pensionato.
Il diritto alla pensione di reversibilità dei superstiti infatti si basa un criterio solidaristico. La tutela previdenziale, che riguarda l’evento morte dell’assicurato, si estende ai superstiti per non far mancare loro il sostegno economico di cui hanno goduto quando il pensionato era in vita.
La valutazione circa la vivenza a carico del defunto del superstite viene effettuata anche sulla base della convivenza del superstite con il defunto.
A chi spetta
I soggetti ai quali spetta tale prestazione economica in particolare sono:
- il coniuge superstite, anche divorziato;
- l’unione civile;
- i figli e
- in mancanza o qualora non ne avessero diritto questi soggetti suddetti, i genitori e i fratelli e le sorelle celibi o nubili a determinate condizioni.
Il coniuge separato o divorziato può avere diritto alla pensione di reversibilità in quanto soggetto che ha beneficiato di un sostegno economico durante la vita del defunto e che conserva, anche dopo la morte dell’obbligato, il diritto a ricevere tale sostegno.
Il coniuge superstite e la pensione di reversibilità nella separazione e nel divorzio
Per coniuge superstite la normativa si riferisce al coniuge, al coniuge separato e al coniuge divorziato.
Bisogna tuttavia vedere a quali condizioni il coniuge separato e divorziato hanno diritto alla pensione di reversibilità ai sensi della normativa civile.
La pensione di reversibilità nella separazione e nel divorzio
Si rammenta che la separazione e il divorzio sono due istituti giuridici funzionali al far venir meno tra i coniugi i rispettivi obblighi, doveri e diritti nati dal matrimonio.
La separazione e il divorzio tuttavia non eliminano il vincolo solidaristico nascente dal matrimonio.
Tale vincolo è quello che nel giudizio di separazione o di divorzio consente al giudice di disporre il mantenimento del coniuge economicamente più debole.
Il diritto alla pensione di reversibilità del coniuge superstite infatti si basa su questo vincolo. Per questo motivo il coniuge superstite ha diritto ad essere economicamente sostenuto anche dopo la morte dell’obbligato al mantenimento. Vige infatti nel nostro ordinamento la presunzione per cui la morte del defunto crei una situazione di bisogno nei superstiti.
Negli anni, tuttavia, si sono susseguiti vari orientamenti giurisprudenziali sui presupposti che danno diritto alla pensione di reversibilità al coniuge separato e divorziato.
Il criterio solidaristico descritto dalla giurisprudenza
Molto esaustiva è la spiegazione che la giurisprudenza ha riportato nella sentenza n. 16093 del 2012 sul principio solidaristico.
Secondo tale principio, afferma la Corte, “il meccanismo divisionale non è strumento di perequazione economica fra le posizioni degli aventi diritto, ma è preordinato alla continuazione della funzione di sostegno economico, assolta a favore dell’ex coniuge e del coniuge convivente, durante la vita del dante causa, rispettivamente con il pagamento dell’assegno di divorzio e con la condivisione dei rispettivi beni economici da parte dei coniugi conviventi”.
La pensione di reversibilità va a sostituire tali rispettivi benefici che vengono a mancare al coniuge al momento della morte dell’altro.
Il coniuge separato e la pensione di reversibilità
Il coniuge separato ha diritto alla pensione di reversibilità sia che ci sia stato addebito della separazione o meno.
Con l’ordinanza n. 9649 del 12/05/2015 infatti la Corte di Cassazione ha precisato che:
“La pensione di reversibilità, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 286 del 1987, va riconosciuta anche al coniuge separato per colpa o con addebito, equiparato sotto ogni profilo al coniuge superstite (separato o non), dovendosi applicare ad entrambe le ipotesi l’art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903, che non richiede, quale requisito per ottenere la pensione di reversibilità, la vivenza a carico al momento del decesso del coniuge e lo stato di bisogno, ma unicamente l’esistenza del rapporto coniugale con il defunto pensionato o assicurato, rispondendo la tutela previdenziale allo scopo di porre il coniuge superstite al riparo dall’eventualità dello stato di bisogno, senza che detto stato (anche per il coniuge separato per colpa o con addebito) ne sia concreto presupposto e condizione”.
L’orientamento precedente invece escludeva che al coniuge separato al quale fosse stata addebitata la separazione potesse essere riconosciuto il diritto alla pensione di reversibilità.
La pensione di reversibilità nella separazione e nel divorzio: il diritto del coniuge divorziato
L’articolo 9 della legge 898 del 1970 attribuisce al coniuge divorziato il diritto al pensione di reversibilità.
La norma tuttavia distingue il caso in cui il coniuge divorziato sia l’unico avente diritto alla pensione di reversibilità dal caso in cui il coniuge divorziato concorra nel suo diritto con il coniuge superstite.
Senza coniuge superstite
Nel primo caso, il secondo comma dell’articolo 9, stabilisce che:
“In caso di morte dell’ex coniuge e in assenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, il coniuge rispetto al quale é stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell’articolo 5, alla pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza”.
La norme dunque pone i seguenti presupposti affinché il coniuge divorziato possa conseguire il suo diritto alla pensione di reversibilità in assenza di un coniuge superstite:
- non aver contratto un nuovo matrimonio;
- essere titolare dell’assegno divorzile;
- l’inizio del rapporto assicurativo del defunto in data anteriore alla pronuncia della sentenza di divorzio.
In concorso con il coniuge superstite
Il terzo comma dell’articolo 9 tratta l’ipotesi in cui al coniuge divorziato spetti una quota della pensione di reversibilità in quanto presente un coniuge superstite avente anch’egli diritto alla pensione di reversibilità.
La norma recita: “Qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità , una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti é attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale é stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell’assegno di cui allo articolo 5. Se in tale condizione si trovano più persone, il tribunale provvede a ripartire fra tutti la pensione e gli altri assegni, nonché a ripartire tra i restanti le quote attribuite a chi sia successivamente morto o passato a nuove nozze”.
La prima giurisprudenza sulla pensione di reversibilità nella separazione e nel divorzio
Fra le prime pronunce giurisprudenziali sul diritto alla pensione del coniuge divorziato in presenza di un coniuge superstite si segnala la sentenza della Corte di Cassazione n. 23862/2008. In tale occasione i giudici hanno affermato che:
“In presenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, il diritto del coniuge divorziato ad una quota del trattamento di reversibilità dell’ex coniuge deceduto, non costituisce soltanto un diritto vantato nei confronti del coniuge superstite avente – in quanto tale – natura e funzione di prosecuzione del precedente assegno di divorzio, ma costituisce un autonomo diritto (di natura previdenziale, al pari di quel diritto che si configura invece, ai sensi del secondo comma del citato art. 9, allorché manchi un coniuge superstite con i requisiti per la pensione di reversibilità) al trattamento di reversibilità, che l’ordinamento attribuisce al medesimo coniuge superstite, con la sola peculiarità per cui un tal diritto è limitato, quantitativamente, dall’omologo diritto spettante al coniuge superstite”.
Affermato ciò la Corte conclude che: “Ne consegue che sia il coniuge divorziato che quello superstite sono titolari di un proprio diritto all’unico trattamento di reversibilità (diritto autonomo e concorrente, in pari grado, che si qualifica, per l’appunto, come diritto ad una quota della pensione di reversibilità) ed il coniuge superstite non è più l’unico naturale destinatario della pensione di reversibilità spettante al coniuge sopravvissuto, là dove, anche nell’ipotesi in cui vi sia il concorso di più coniugi divorziati e del coniuge superstite, quel che viene diviso è l’unico trattamento di reversibilità spettante, in astratto, al coniuge superstite e non un diritto di quest’ultimo”.
Il concorso tra il coniuge divorziato e il coniuge superstite
Il defunto può lasciare più coniugi superstiti qualora dopo il divorzio abbia contratto un nuovo matrimonio. In questo caso si crea un concorso di diritti: quello del coniuge divorziato e quello del coniuge superstite. Data la complessità delle situazioni giuridiche che si sono venute a creare in questa ipotesi la giurisprudenza in materia è stata prolifica.
Si pensi che vi è un unico trattamento pensionistico di reversibilità che in questo caso dev’essere diviso fra più soggetti. L’uno, il coniuge superstite che ha un diritto naturale alla pensione di reversibilità quale fattore di continuità del sostegno economico ricevuto in vita dal coniuge defunto. L’altro, il coniuge divorziato, che ha diritto alla pensione di reversibilità ex articolo 9 delle legge 898/1970.
Diritto alla pensione di reversibilità e assegno divorzile
L’articolo 9, secondo e terzo comma della legge sul divorzio, limita l’esercizio del diritto alla pensione di reversibilità del coniuge divorziato alla titolarità dell’assegno divorzile. Come si legge nella sentenza n. 4107 del 20/02/2018 l’assegno dev’essere riconosciuto con decorrenza anteriore alla morte del defunto anche con sentenza non ancora passata in giudicato. La Corte di Cassazione ha fornito alcune precisazioni sulla titolarità dell’assegno divorzile.
Ad esempio non sorge il diritto alla pensione di reversibilità se il giudice ha disposto l’assegno divorzile in misura simbolica. Così la Cassazione ha affermato nella sentenza n. 20477 del 28/09/2020 in cui si legge che: “Il diritto del coniuge divorziato alla pensione di reversibilità ex art. 9 della l. n. 898 del 1970 presuppone (anche ai sensi della norma interpretativa di cui all’art. 5 della l. n. 263 del 2005) non solo che il richiedente al momento della morte dell’ex coniuge sia titolare di assegno di divorzio giudizialmente riconosciuto, ma anche che detto assegno non sia fissato in misura simbolica, ponendosi la diversa interpretazione in contrasto con la “ratio” dell’attribuzione del trattamento di reversibilità al coniuge divorziato, da rinvenirsi nella continuazione del sostegno economico prestato in vita all’ex coniuge e non già nell’irragionevole esito di assicurare al coniuge divorziato una condizione migliore rispetto a quella già in godimento”.
Assegno divorzile “una tantum” e pensione di reversibilità
Ancora più chiarificatrice è stata la sentenza n. 22434 del 24/09/2018 in cui si legge che “Ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità in favore del coniuge nei cui confronti è stato dichiarato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, la titolarità dell’assegno di cui all’art. 5 della l. n. 898 del 1970, deve intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile dell’assegno periodico divorzile al momento della morte dell’ex coniuge e non già come titolarità astratta del diritto all’assegno divorzile già definitivamente soddisfatto con la corresponsione in unica soluzione“.
Dall’ultima sentenza citata emerge l’ipotesi in cui l’assegno divorzile sia stato corrisposto in un’unica soluzione.
In questo caso, afferma la Corte, “difetta il requisito funzionale del trattamento di reversibilità, che è dato dal medesimo presupposto solidaristico dell’assegno periodico di divorzio, finalizzato alla continuazione del sostegno economico in favore dell’ex coniuge, mentre nel caso in cui sia stato corrisposto l’assegno “una tantum” non esiste una situazione di contribuzione economica che viene a mancare”.
Già nel 2016 i giudici avevano escluso la possibilità per l’ex coniuge divorziato al quale era stato liquidato l’assegno in un’unica soluzione di vedersi riconosciuto il diritto ad un quota della pensione di reversibilità. La liquidazione in un’unica soluzione dell’assegno concordata fra le parti, afferma la Corte nella sentenza n. 9054/2016, estingue l’obbligazione al sostegno economico cui è tenuto l’obbligato. Il beneficiario pertanto è completamente soddisfatto e non può più pretendere nulla di natura economica. Né può considerarsi titolare dell’assegno divorzile al momento della morte dell’altro coniuge, condizione che gli attribuirebbe il diritto alla pensione di reversibilità o ad una sua quota.
La pensione di reversibilità nella separazione e nel divorzio: la ripartizione delle quote di pensione tra coniuge divorziato e coniuge superstite
In presenza di un coniuge superstite avente il diritto alla pensione di reversibilità la legge affida al tribunale il compito di determinare le quote di pensione spettanti ai superstiti. Il giudice poi provvederà con il relativo provvedimento di attribuzione.
Con varie pronunce giurisprudenziali è stato possibile riassumere quali sono i criteri con cui il giudice effettua la ripartizione delle quote. In particolare il giudice valuta “con prudente apprezzamento, in armonia con la finalità solidaristica dell’istituto”:
- la durata dei rispettivi matrimoni, ritenuto, anche in pronunce precedenti, quale criterio principale di valutazione;
- la durata della convivenza prematrimoniale. In particolare, sulla convivenza more uxorio, la Corte di Cassazione ha affermato nel 2011 con sentenza n. 26358 che si deve riconoscere “alla convivenza “more uxorio” non una semplice valenza “correttiva” dei risultati derivanti dall’applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, bensì un distinto ed autonomo rilievo giuridico, ove il coniuge interessato provi stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale”;
- le condizioni economiche dei superstiti e
- l’entità dell’assegno divorzile.
Questi sono i criteri emersi dalla recente ordinanza n. 8263 del 28/04/2020 già enunciati dalla Cassazione nel 2012 con sentenza n. 16093. Il giudice deve adottare il provvedimento di ripartizione delle quote di pensione di reversibilità tra l’ex coniuge divorziato e il coniuge superstite con sentenza.
Avv. Bellato – diritto di famiglia e matrimoniale, separazione e divorzio