La revisione e la cessazione dell’assegno divorzile – indice:
- Cosa sono
- Presupposti della revisione
- Come funziona la revisione
- Decorso degli effetti
- Soppressione dell’assegno
- Redditi da lavoro
- Negoziazione assistita
- Cessazione dell’assegno
La revisione e la cessazione dell‘assegno divorzile sono due istituti che modificano l’obbligo-diritto all’assegno previsto dall’articolo 5 della legge sul divorzio (numero 898 del 1970). La prima è espressamente prevista dall’articolo 9 della anzidetta legge e richiede l’azione di una delle parti coinvolte nel divorzio. La seconda consegue a varie circostanze, non tutte espressamente indicate dalla legge, e operanti senza l’intervento di un giudice.
Cosa sono la revisione e la cessazione dell’assegno divorzile
La revisione dell’assegno divorzile è lo strumento messo a disposizione dal legislatore per modificare la misura dell’importo dell’assegno, per sopprimerlo oppure chiederne la corresponsione precedentemente rifiutata o non richiesta. La legge sul divorzio disciplina quando e in quali circostanze può esserne richiesta la revisione. Le si vedrà nei paragrafi successivi.
La cessazione dell’assegno divorzile indica l’insieme di cause che determinano l’estinzione dell’assegno. Si tratta per lo più di cause che operano automaticamente come la morte di un degli ex coniugi, la prescrizione dell’assegno, il passaggio a nuove nozze e il venir meno dei presupposti che ne giustificano la corresponsione.
Dopo aver brevemente reso l’idea di cosa siano la revisione e la cessazione dell’assegno divorzile si procede al loro approfondimento nel testo che segue.
Quando può avvenire la revisione dell’assegno divorzile
L’assegno divorzile, a norma dell’articolo 9, primo comma, della legge 898 del 1970 può essere revisionato quando “sopravvengano giustificati motivi dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio”.
Per giustificati motivi sopravvenuti la norma intende fatti nuovi intervenuti successivamente al provvedimento di cui si domanda la revisione.
Sull’operato del giudice in relazione ai “giustificati motivi” si riportano testuali parole di una recente sentenza della Corte di Cassazione, la numero 787 del 2017: “Il provvedimento di revisione dell’assegno divorzile – previsto dalla L. n. 898 del 1970, art. 9 – postula non soltanto l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi, ma anche la idoneità di tale modifica a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell’assegno, secondo una valutazione comparativa delle condizioni economiche di entrambe le parti”.
Come procedere alla revisione dell’assegno
Integrando parte della norma sopra riportata “il tribunale, in camera di consiglio e, per i provvedimenti relativi ai figli, con la partecipazione del pubblico ministero, può, su istanza di parte, disporre la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli e di quelle relative alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere ai sensi degli articoli 5 e 6″.
La revisione può avvenire soltanto su istanza di parte e in ogni tempo. Per completezza si rende noto il disposto dell’articolo 710 del codice di procedura civile secondo cui ”le parti possono sempre chiedere, con le forme del procedimento in camera di consiglio, la modificazione dei provvedimenti riguardanti i coniugi e la prole conseguenti la separazione”. È necessaria dunque una statuizione del giudice adottata rebus sic stantibus. Ciò significa che tali statuizioni rimangono suscettibili di modifiche successive qualora sopravvengano nuovi fatti che determinino sostanziali cambiamenti.
Presupposto della validità della domanda di revisione è il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio.
La domanda di revisione può essere proposta anche allo stesso giudice investito del divorzio. In tal senso si è espressa la Corte d’Appello di Bologna nel 2015 giustificando le proprie ragioni nell’esistenza del processo simultaneo.
Chi può chiedere la revisione
È controversa la questione se a proporre la domanda di revisione possano essere solo i soggetti facenti parte del giudizio di divorzio e dunque gli ex coniugi oppure anche il figlio maggiorenne per il suo diritto al mantenimento.
Appare pacifica l’idea che anche il figlio maggiorenne, se è stato parte del procedimento di divorzio, possa usufruire del procedimento camerale di cui all’articolo 9 della legge divorzile per chiedere la revisione dell’assegno. Non sembra invece possibile, per la giurisprudenza maggioritaria, l’utilizzo della procedura da parte del figlio che era minorenne al tempo del processo di divorzio e dunque non partecipe allo stesso. In tal caso, divenuto maggiorenne, si ritiene possa esperire un procedimento autonomo non camerale.
Il contenuto della domanda di revisione
Con la domanda di revisione dell’assegno divorzile si può giungere ad una diminuzione o ad un incremento dell’importo dello stesso, alla soppressione o al suo riconoscimento ex novo.
Quanto alla soppressione, il giudice può stabilire la perdita del diritto all’assegno dell’ex coniuge beneficiario solo quando sono intervenuti dei fatti modificativi delle sue condizioni patrimoniali che elimino del tutto i presupposti di averne bisogno.
Il riconoscimento ex novo dell’assegno può essere chiesto quando in sede di divorzio era stato negato o non era stato chiesto. Lo conferma la suprema corte con la sentenza numero 108 del 2014 affermando che “L’art. 9 legge n. 898 del 1970, che consente la revisione delle condizioni di divorzio relative, tra l’altro, ai rapporti economici per sopravvenienza di “giustificati motivi”, può essere legittimamente applicata in difetto di espresse distinzioni anche nell’ipotesi in cui l’assegno divorzile sia stato originariamente negato o non abbia costituito oggetto di richiesta al momento della pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio”.
Modifica dell’assegno condizionata
La modifica dell’assegno oggetto della domanda di revisione può essere condizionata al verificarsi di un evento incerto e futuro (condizione). Ciò si verifica o su accordo degli ex coniugi che congiuntamente richiedono la revisione delle condizioni di divorzio oppure su decisione del giudice.
L’evento incerto e futuro si intende andrà ad incidere sulle condizioni economico-patrimoniali delle parti.
Da quando ha effetto l’importo revisionato?
Varie pronunce giurisprudenziali stabiliscono che gli effetti della revisione decorrono dalla data della domanda.
In particolare la Suprema Corte nella recente sentenza numero 16173 del 2015 ha sostenuto che “In materia di revisione dell’assegno di divorzio … in mancanza di specifiche disposizioni … del precedente giudicato impositivo del contributo di mantenimento, la decisione giurisdizionale di revisione non può avere decorrenza anticipata al momento dell’accadimento innovativo, rispetto alla data della domanda di modificazione”.
Richiedere la soppressione dell’assegno con il procedimento di revisione
L’ex coniuge obbligato a corrispondere l’assegno divorzile per effetto della sentenza di divorzio può, con il procedimento di revisione, chiederne la soppressione quando ritiene migliorate le condizioni economiche dell’ex coniuge beneficiario.
Si evidenzia di cosa il giudice debba tenere conto nell’accogliere la domanda di soppressione dell’assegno e giungere a tale conclusione. Di ciò si è occupato il Supremo Collegio nella sentenza 18367 del 2006: “In tema di revisione dell’assegno di divorzio, allorchè a fondamento dell’istanza dell’ex coniuge obbligato, rivolta ad ottenere la totale soppressione del diritto al contributo economico, sia dedotto il miglioramento delle condizioni economiche dell’ex coniuge beneficiario, il giudice, ai fini dell’accoglimento della domanda, non può limitarsi a considerare isolatamente detto miglioramento, attribuendo ad esso una valenza automaticamente estintiva della solidarietà postconiugale, ma … deve verificare se l’ex coniuge, titolare del diritto all’assegno, abbia acquistato, per effetto di quel miglioramento, la disponibilità di mezzi adeguati, ossia idonei a renderlo autonomamente capace, senza necessità di integrazioni ad opera dell’obbligato, di raggiungere un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio”.
La diminuzione dei redditi da lavoro come modifica peggiorativa delle condizioni economiche dell’ex coniuge
La giurisprudenza ammette la richiesta dell’assegno divorzile negato o non richiesto in sede di divorzio al coniuge che si sia dimesso da lavoro o abbia volontariamente acceduto alla pensione. Si tratta di ipotesi economicamente svataggiose che, incidendo in modo peggiorativo sulle condizioni economico-patrimoniali dell’ex coniuge, possono conferirgli il diritto all’assegno. Quest’ultimo trova giustificazione nel fatto che tali ipotesi sono dei diritti costituzionalmente tutelati e di legittima scelta dei titolari.
Tale orientamento è stato adottato dalla Corte di legittimità con sentenza 17041 del 2007 in cui ha affermato che “Il peggioramento delle condizioni economiche dell’ex coniuge, determinato dalla volontaria scelta di pensionamento o di dimissioni volontarie dal lavoro, può assumere rilevanza quale giustificato motivo per il riconoscimento ex novo dell’assegno di divorzio, originariamente negato o non richiesto, nell’ambito di una rinnovata valutazione comparativa della situazione reddituale delle parti”.
L’alternativa al tribunale: la procedura di negoziazione assistita dell’avvocato per la revisione dell’assegno divorzile
Gli ex coniugi possono affrontare la revisione dell’assegno divorzile anche con il supporto di un avvocato senza dover appellarsi al tribunale secondo il metodo tradizionale. Si tratta di una procedura, prevista per tutti i casi di modifica delle condizioni di divorzio, alternativa al tribunale e quindi stragiudiziale.
La negoziazione assistita è un procedimento innovativo introdotto dal decreto legge 132 del 2014. A conferma riportiamo il testo dell’articolo 6 del decreto: “La convenzione di negoziazione assistita da un avvocato può essere conclusa tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nei casi di cui all’articolo 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 10 dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio”.
Tale procedimento consente, relativamente alla revisione dell’assegno, di modificarne l’importo in base alle mutate condizioni economico-patrimoniali dei coniugi, nonché di richiederne il riconoscimento ex novo.
A differenza della revisione, come vedremo, la cessazione dell’assegno divorzile invece opera automaticamente e dunque non richiede l’intervento di un terzo.
La cessazione dell’assegno divorzile: quando
Esaminati i presupposti e i dibattiti giurisprudenziali intervenuti sulla revisione dell’assegno divorzile si passa ai casi di cessazione dell’assegno divorzile. Si tratta di:
- morte di uno degli ex coniugi;
- prescrizione del diritto;
- quando il beneficiario passa a nuove nozze;
- se vengono meno i presupposti.
Morte dell’obbligato o del beneficiario
Nel primo caso bisogna distinguere se la morte investe l’obbligato all’assegno o il beneficiario.
Nel primo caso la legge ha introdotto l’assegno a carico degli eredi. L’articolo 9-bis della legge divorzile si sofferma in particolare sull’assegno corrisposto periodicamente e afferma: “A colui al quale è stato riconosciuto il diritto alla corresponsione periodica di somme di denaro a norma dell’art. 5, qualora versi in stato di bisogno, il tribunale, dopo il decesso dell’obbligato, può attribuire un assegno periodico a carico dell’eredità tenendo conto dell’importo di quelle somme, della entità del bisogno, dell’eventuale pensione di reversibilità, delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche”.
Non è dovuto dagli eredi l’assegno corrisposto dal coniuge obbligato in vita in un unica soluzione. Va corrisposto invece quello ancora dovuto in un unica soluzione dagli eredi su accorto del coniuge creditore e degli eredi.
Quando invece muore il beneficiario, essendo il diritto all’assegno un diritto personalissimo, non c’è la trasmissibilità del diritto che dunque cessa.
Prescrizione dell’assegno divorzile
Per definire correttamente la prescrizione dell’assegno divorzile bisogna distinguere se è stato corrisposto in un unica soluzione o se si tratta di assegno corrisposto periodicamente.
Nel caso in cui si tratti di assegno periodico la pronuncia della Cassazione numero 6975 del 2005 ha stabilito che “In tema di separazione e di divorzio, il diritto alla corresponsione dell’assegno di mantenimento per il coniuge, così
come il diritto agli assegni di mantenimento per i figli, in quanto aventi ad oggetto prestazioni autonome, distinte e periodiche, non si prescrivono a decorrere da un unico termine rappresentato dalla data della pronuncia della sentenza di separazione o di divorzio, ma dalle singole scadenze delle prestazioni dovute, in relazione alle quali sorge di volta in volta il diritto all’adempimento”.
Passaggio a nuove nozze
Questa è un’ipotesi espressamente prevista dalla legge divorzile all’articolo 5, comma 10. Questo recita: “L’obbligo di corresponsione dell’assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze”.
Tale previsione si giustifica per il fatto che l’ex coniuge che contrae nuove nozze può ottenere il mantenimento dal nuovo coniuge.
Diverso è il caso della convivenza more uxorio, la quale, denotando elementi di precarietà, non determina la perdita del diritto all’assegno.
Perde invece l’assegno divorzile l’ex coniuge che instaura una nuova famiglia, anche di fatto.
Venir meno dei presupposti
Il diritto all’assegno divorzile cessa quando vengono meno i presupposti che ne motivano la corresponsione. Ad esempio quando si modificano le condizioni economiche del beneficiario nel senso che non si trova più in stato di averne bisogno. Oppure, dal lato dell’obbligato, quando la sua situazione patrimoniale si riduce alla stessa entità di quella dell’ex coniuge beneficiario. In entrambi i casi, i fatti sopravvenuti devono essere accertati con un provvedimento del giudice diverso da quello che aveva attribuito il diritto all’assegno.
Il venir meno dei presupposti che determinano il diritto all’assegno, tuttavia, può essere motivo di cessazione tanto quanto di revisione dell’assegno.
Avv. Bellato – diritto di famiglia e matrimoniale, separazione e divorzio