Gli accordi di ristrutturazione dei debiti – indice:
Negli ultimi giorni ci siamo occupati a più riprese degli accordi di ristrutturazione dei debiti. Abbiamo avuto cura di comprendere quali siano le loro caratteristiche, le differenze rispetto al concordato preventivo e le forme di tutela che vengono riconosciute in capo al patrimonio della società contro azioni di varia natura da parte dei creditori.
Giunge ora il momento di integrare tali conoscenze con una delle caratteristiche – chiave degli accordi. Questa è rappresentata dall’omologazione dell’accordo tra debitore e creditori, e il controllo giudiziario più ampiamente esercitato nella risoluzione concordata della crisi.
L’omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti
Con un piccolo salto indietro nel tempo, ricordiamo come la disciplina di cui all’art. 182 bis l.f. prima del d.l. 83/2012, fosse sostanzialmente in grado di prevedere che nell’ipotesi di mancato rispetto dell’accordo, il debitore era ricondotto in una probabile condizione di fallimento.
Oggi, invece, gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono una parte del più ampio panorama di modalità di risoluzione della crisi per via negoziale, che può dunque essere sia quella dell’accordo con la maggioranza vincolante per la minoranza dissenziente dei creditori, o quella dell’accordo con la maggioranza con soddisfacimento integrale della minoranza che non aderisce all’accordo.
Dunque, il debitore può limitarsi a presentare una domanda di concordato, riservandosi – entro il termine stabilito dal giudice – di formulare una proposta di concordato, presentando un piano e una documentazione apposita, ma con facoltà di poter presentare nello stesso termine una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti.
Le due strade, separate, produrranno effetti differenti. Nel caso di domanda di concordato, il deposito nel registro delle imprese di quest’ultima permette l’avvio degli effetti protettivi che sono previsti dall’art. 168 l.f., ovvero il divieto di azioni esecutive e cautelari e l’inefficacia di ipoteche giudiziali che siano state iscritte nei 90 giorni anteriori. Sussiste inoltre il divieto per il debitore di porre in essere atti di straordinaria amministrazione che non siano autorizzati.
Con la revisione della disciplina del 2012, gli effetti di cui sopra si mantengono nel caso in cui il debitore, invece di presentare una proposta di concordato, deposita una domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.
Il passaggio tra accordi di ristrutturazione e concordato (e viceversa)
Ma che cosa significa quanto sopra? In breve, il sistema di protezione che il legislatore ha previsto nei confronti del patrimonio del debitore prima del deposito dell’accoro di ristrutturazione dei debiti, di cui abbiamo parlato qualche giorno a, subordinato a un provvedimento di omologa del tribunale, può non essere più necessario.
È infatti sufficiente il deposito nel registro delle imprese di una domanda di concordato: un comportamento che determina l’automatica produzione degli effetti protettivi previsti dall’art. 168 l.f., oltre che il divieto di compimento di atti di straordinaria amministrazione non autorizzati.
Ora, si tenga conto che il passaggio da una all’altra forma può avvenire anche in senso contrario. Quando infatti il debitore avvia l’iter per l’accordo di ristrutturazione dei debiti, domandando al tribunale un provvedimento di divieto per i creditori di azioni esecutive e cautelari, dopo la concessione dell’inibitoria e dopo la fissazione di un termine per il deposito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, può in alternativa – entro tale termine – depositare una domanda di concordato con conservazione degli effetti di protezione che erano stati generati dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese dell’istanza al tribunale (qualora fosse stata accolta) di divieto per i creditori di porre in essere azioni esecutive e cautelari, e di acquisto di diritti di prelazione.
Conservazione degli effetti protettivi
Da quanto sopra ne deriva pertanto che qualunque sia la scelta iniziale del debitore (ovvero, concordato preventivo o accordo di ristrutturazione dei debiti), questi potrà sempre conservare i già rammentati effetti di protezione prodotti dalla via scelta. Ciò è possibile anche quando durante il percorso il debitore sceglie poi di seguire la via alternativa.
In altre parole, pur nella diversità degli effetti protettivi che sono ricollegati alla domanda di concordato (che operano automaticamente con la pubblicazione del ricorso per concordato nel registro delle imprese), rispettivamente alla proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti (che opera invece in seguito a un provvedimento giudiziale), la conservazione degli effetti nelle ipotesi di passaggio da una all’altra via, nei termini permessi dal giudice, evidenzia la sostanziale unitarietà dei differenti sistemi di regolazione concordata della crisi, che non sono più visti – come invece era accentuato nella disciplina previgente – come due forme alternative non “comunicanti”.