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Home » Civile » Testamento » Quando una scrittura privata è testamento

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Quando una scrittura privata è testamento

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Quando una scrittura privata è testamento
Quando una scrittura privata è testamento
Avv. Beatrice Bellato

Quando una scrittura privata è testamento – indice:

  • Il testamento olografo 
  • La scrittura privata
  • I fatti di causa
  • La sentenza di appello
  • Scrittura privata e testamento 
  • I motivi del ricorso 
  • Conclusioni

La Cassazione, con l’ordinanza n. 25936/2021, ha ribadito che, affinché una scrittura privata possa considerarsi testamento, deve presentare non solo i requisiti di forma previsti dal codice civile per il testamento olografo ma anche la chiara ed espressa volontà di disporre delle proprie sostanze per il tempo in cui il testatore avrà cessato di vivere.

Indice:

  • 1 Il testamento olografo e i suoi requisiti
    • 1.1 Quando un atto può dirsi contenente una manifestazione di ultima volontà
  • 2 La scrittura privata
  • 3 I fatti di causa
  • 4 Quando una scrittura privata è testamento: il secondo grado di giudizio
  • 5 Quando una scrittura privata è testamento secondo la Corte di Cassazione
  • 6 L’interpretazione del contratto e il principio di conservazione
    • 6.1 Dell’interpretazione del contratto e della volontà testamentaria
    • 6.2 Il principio di conservazione del contratto
    • 6.3 Il secondo e il terzo motivo di ricorso
  • 7 Conclusioni

Il testamento olografo e i suoi requisiti

L’articolo 587 del codice civile chiarifica che il testamento è “un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse”.

Nel caso di specie trattasi di testamento olografo ovvero il testamento redatto di pugno dal testatore e disciplinato dall’articolo 602 del codice civile che ne detta i requisiti.

“Il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore.

La sottoscrizione deve essere posta alla fine delle disposizioni. Se anche non è fatta indicando nome e cognome, è tuttavia valida quando designa con certezza la persona del testatore.

La data deve contenere l’indicazione del giorno, mese e anno. La prova della non verità della data è ammessa soltanto quando si tratta di giudicare della capacità del testatore, della priorità di data tra più testamenti o di altra questione da decidersi in base al tempo del testamento.”

La scrittura privata oggetto dell’ordinanza in esame presentava tutti i requisiti previsti dalla norma su esposta. Conteneva tuttavia disposizioni non indicative della volontà di disporre delle proprie sostanze per il tempo successivo al decesso.

Quando un atto può dirsi contenente una manifestazione di ultima volontà

Precisa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 150 del 2014 che “perché un atto costituisca manifestazione di ultima volontà, riconducibile ai negozi “mortis causa”, non è necessario che il dichiarante faccia espresso riferimento alla sua morte ed all’intento di disporre dei suoi beni dopo la sua scomparsa, essendo sufficiente che lo scritto sia espressione di una volontà definitiva dell’autore, compiutamente e incondizionatamente manifestata allo scopo di disporre attualmente dei suoi beni, in tutto o in parte, per il tempo successivo alla propria morte”.

La scrittura privata

Come già accennato nell’introduzione la scrittura privata è un documento sottoscritto da una o più parti che ha effetti giuridici e che costituisce una prova documentale.

Dalle varie configurazioni  che si possono dare ad una scrittura privata questa può dar luogo a diversi tipi di atti come ad esempio un contratto, un testamento e così via.

Essendo dunque un documento idoneo a produrre effetti giuridici tra le parti sottoscriventi o nei confronti di terzi può validamente qualificarsi come testamento olografo qualora sia redatta nel rispetto dei requisiti formali e sostanziali previsti dalle norme con cui la legge disciplina il testamento.

È semplice redigere una scrittura privata ma non è altrettanto semplice, in mancanza di idonee conoscenze giuridiche, darle la configurazione confacente alle proprie volontà e ai propri scopi. Per produrre un documento valido che possa produrre gli effetti desiderati è infatti sempre opportuno affidarsi ad un professionista.

È questo il caso che la Cassazione si è trovata a dover risolvere.  Una tipica lite insorta tra fratelli in sede di successione ereditaria relativamente ad una scrittura privata redatta dalla madre defunta.

I fatti di causa

Tizia proponeva ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’appello che disconosceva valore di testamento ad una scrittura privata elaborata dalla madre defunta. La scrittura conteneva, secondo quanto apprezzato dai giudici di merito, “un semplice rendiconto indirizzato verosimilmente ai figli come mero progetto relativo al godimento dei suoi beni”. La causa veniva instaurata innanzi alla Corte d’appello di Napoli tra Tizia e i due fratelli germani.

Contro la sentenza della Corte d’appello Tizia proponeva ricorso in Cassazione sostenuto da tre motivi.

Con il primo motivo Tizia denunciava violazione di norme di diritto ex articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile. La Corte d’appello infatti nel disconoscere alle dichiarazioni contenute nella scrittura la qualità di disposizioni testamentarie non aveva, secondo la tesi della ricorrente, tenuto debito conto della volontà della defunta né del principio di conservazione del contratto ex articolo 1367 del codice civile applicabile anche al testamento.

Il secondo motivo di ricorso censurava la sentenza nella parte in cui prevedeva l’integrale nullità dell’atto. Secondo la tesi della ricorrente invece la nullità doveva investire solo le disposizioni ritenute univoche dai giudici.

Il terzo motivo di ricorso contestava la regolamentazione delle spese processuali da parte della Corte d’appello.

Quando una scrittura privata è testamento: il secondo grado di giudizio

La Corte d’appello si è approcciata all’esame del documento oggetto di causa muovendo dalle stesse considerazioni effettuate dai giudici nell’ordinanza. Ovvero indagare l’effettiva volontà dell’autrice della scrittura con tutti i mezzi giuridici a disposizione.

In primo luogo, non essendo stata fatta domanda per l’introduzione di prove orali al fine di dimostrare che la volontà movente il comportamento del de cuius era quella di disporre dei propri beni per il tempo successivo alla sua morte, non avevano avuto un riscontro le considerazioni effettuate dalla ricorrente circa il carattere testamentario delle disposizioni scritte dalla madre.

Dal lato formale, secondo la Corte d’appello, lo scritto aveva tutti i requisiti di forma. Al contempo tuttavia i giudici lo hanno qualificato come “un semplice rendiconto indirizzato verosimilmente ai figli come mero progetto relativo al godimento dei suoi beni” e contenente delle espressioni “indice chiaro di un’assenza di volontà di disporre delle proprie sostanze per il tempo successivo alla morte“.

Non è censurabile in sede di legittimità, afferma la Cassazione, un’indagine priva di errori logici e giuridici.

Quando una scrittura privata è testamento secondo la Corte di Cassazione

In primo luogo i giudici della Cassazione hanno enunciato nell’ordinanza il seguente principio:

“Perché un atto costituisca disposizione testamentaria, è necessario che lo scritto contenga la manifestazione di una volontà definitiva dell’autore, compiutamente e incondizionatamente formata, diretta allo scopo di disporre attualmente dei suoi beni, in tutto o in parte, per il tempo successivo alla propria morte; 

pertanto, ai fini della configurabilità di una scrittura privata come testamento non è sufficiente il riscontro dei requisiti di forma, occorrendo, altresì, l’accertamento dell’oggettiva riconoscibilità nella scrittura della volontà attuale del suo autore di compiere non già un mero progetto, ma un atto di disposizione del proprio patrimonio per il tempo successivo al suo decesso.”

L’interpretazione del contratto e il principio di conservazione

La Corte di Cassazione rigetta il primo motivo di ricorso e lo dichiara inammissibile.

Le ragioni dell’inammissibilità si fondano sulle seguenti questioni:

  • L’interpretazione del contratto e
  • il principio di conservazione.

Dell’interpretazione del contratto e della volontà testamentaria

L’interpretazione contrattuale rinvenuta equivoca relativamente ad alcune clausole non può essere contestata in sede di legittimità con delle sole ipotesi di maggiore o minore plausibilità di interpretazioni alternative a tali clausole. La contestazione deve avvenire rappresentando elementi idonei a rilevare l’erroneità della valutazione operata dal giudice di merito.

Questo è il principio sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità con sentenza n. 15471/2017 e ripreso nella sentenza in esame dalla Cassazione, applicato al testamento nonché alle modalità di contestazione delle violazioni di legge prospettate dalla ricorrente. Nelle quattordici pagine di ricorso prodotte dalla ricorrente la stessa sosteneva che è “estremamente più plausibile che la redigente abbia deciso di disporre dei suoi beni e distribuirli pensando al momento prossimo in cui non ci sarebbe stata più”. 

È stato inoltre affermato, relativamente all’interpretazione del contratto, che affinché una scrittura privata, contenente disposizioni ambigue, possa qualificarsi come testamento è “necessario indagare, ove le espressioni nel documento risultino ambigue, o comunque di valore non certo, su ogni circostanza, anche estrinseca, idonea a chiarire la portata, le ragioni e le finalità perseguite con la disposizione medesima”.

Il principio di conservazione del contratto

Il principio di conservazione del contratto di cui all’articolo 1367 del codice civile prevede che “Nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno”.

Tale principio si applica anche al testamento come una serie di altre norme sui contratti. Si pensi ad esempio agli articoli 1362 – 1363 – 1364 – 1365 e 1366 del codice civile.

Nel caso di specie tuttavia, secondo la Suprema Corte, è inapplicabile tale principio. Tale principio presuppone infatti il riconoscimento di un contenuto testamentario allo scritto. La qualità di disposizioni testamentarie in questo caso non è stata riconosciuta allo scritto della signora defunta.

Il secondo e il terzo motivo di ricorso

Anche il secondo motivo di ricorso viene dichiarato inammissibile. La ricorrente censurava la sentenza della Corte d’appello nella parte in cui dichiarava la nullità dell’intera scrittura e non solo delle disposizioni di dubbia univocità. Si rimprovera dunque alla Corte l’aver accertato una nullità totale e non parziale del supposto negozio testamentario. Si tratta tuttavia di censura di un apprezzamento del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità.

I giudici dichiarano infine inammissibile anche il terzo motivo di ricorso relativo alla regolamentazione delle spese processuali. La modifica della regolamentazione delle spese processuali non costituiva attività autonoma bensì subordinata alla fondatezza del ricorso.

Conclusioni

In conclusione la scrittura privata è testamento solo quando “contenga la manifestazione di una volontà definitiva dell’autore, compiutamente e incondizionatamente formata, diretta allo scopo di disporre attualmente dei suoi beni, in tutto o in parte, per il tempo successivo alla propria morte“.

Non è dunque sufficiente che la scrittura privata abbia solo i requisiti formali richiesti dalla legge per il testamento.

L’accertamento dell’esistenza della volontà di disporre è condizione per procedere con l’interpretazione della volontà testamentaria. Tale attività è rimessa al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità.

Avv. Bellato – diritto delle successioni

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