L’azione di riduzione – indice:
- Cos’è
- Senza testamento
- Delle disposizioni testamentarie
- Riduzione delle donazioni
- L’azione di restituzione
- I presupposti
- I termini
- Le conseguenze
- La mediazione obbligatoria
- I costi
L’azione di riduzione è un’azione giudiziale che trova compiuta disciplina agli articoli 554 e seguenti del codice civile, e soprattutto all’articolo 564 del codice civile. L’articolo 564 recita infatti:
“Il legittimario che non ha accettato l’eredità col beneficio d’inventario non può chiedere la riduzione delle donazioni e dei legati, salvo che le donazioni e i legati siano stati fatti a persone chiamate come coeredi, ancorché abbiano rinunziato all’eredità. Questa disposizione non si applica all’erede che ha accettato col beneficio d’inventario e che ne è decaduto. In ogni caso il legittimario, che domanda la riduzione di donazioni o di disposizioni testamentarie, deve imputare alla sua porzione legittima le donazioni e i legati a lui fatti, salvo che ne sia stato espressamente dispensato. Il legittimario che succede per rappresentazione deve anche imputare le donazioni e i legati fatti, senza espressa dispensa, al suo ascendente.
La dispensa non ha effetto a danno dei donatari anteriori. Ogni cosa, che, secondo le regole contenute nel capo II del titolo IV di questo libro, è esente da collazione, è pure esente da imputazione.”
Cos’è l’azione di riduzione
L’azione di riduzione è quindi la forma di tutela riconosciuta ai legittimari per ottenere giudizialmente la quota di legittima così come determinata dall’artcolo 556 del codice civile.
Questa forma di tutela è riconosciuta dal codice civile ai soli legittimari: stretti congiunti del defunto a cui la legge riconosce particolari diritti e quote sul patrimonio del defunto. L’azione di riduzione spetta anche agli eredi ed agli aventi causa dei legittimari. Si tratta di un’azione che ha la natura di accertamento costitutivo.
L’espansione delle quote in caso di successione legittima
Il codice civile disciplina la reintegrazione delle quote di legittima tanto nel caso di successione legittima“ab intestato” (senza testamento) quanto di successione testamentaria. L’articolo 553 stabilisce un automatismo in base al quale, ove non ci sia un testamento, le quote di eredità si espandono per fare spazio ai diritti di legittima. Secondo la giurisprudenza in questo caso non può parlarsi di una vera e propria azione di riduzione, bensì di un automatismo previsto dal codice. Ove il patrimonio ereditario sia capiente per soddisfare le ragioni dei legittimari e non vi sia un testamento non sarà dunque necessario agire in riduzione.
La riduzione delle disposizioni testamentarie
Diversa è la circostanza in cui il defunto abbia fatto testamento, e quest’ultimo sia lesivo dei diritti di legittima. In quest’ultimo caso trovano applicazione gli articoli 554 e 558 del codice civile. Il legittimario leso potrà in questo caso agire in riduzione contro alle disposizioni testamentarie lesive dei propri diritti di legittima. L’articolo 558 in particolare stabilisce che la riduzione di queste disposizioni avvenga “proporzionalmente”, senza distinzione fra eredità e legato. Lo stesso articolo 558 dà anche facoltà al testatore di privilegiare alcune disposizioni in danno di altre.
La riduzione delle donazioni
Quando l’azione di riduzione avente ad oggetto le disposizioni testamentarie lesive non sia sufficiente ad integrare i diritti dei legittimari, gli stessi potranno agire in riduzione contro alle donazioni. L’articolo 559 stabilisce in particolare come le donazioni si riducano a partire dall’ultima poi andare alle anteriori. L’azione di riduzione delle donazioni è dunque subordinata all’incapienza del patrimonio ereditario.
L’azione di restituzione
All’azione di riduzione può conseguire l’azione di restituzione, avente ad oggetto gli immobili dell’eredità. Vengono generalmente identificate due azioni di restituzione.
- La prima è l’azione di restituzione contro al donatario o al legatario. Si tratta dell’azione disciplinata all’articolo 560 del codice civile. In questo caso ove l’immobile ecceda di oltre un quarto la quota disponibile, lo stesso rimarrà nell’eredità per intero.
- La seconda è l’azione di restituzione contro ai terzi aventi causa dal donatario acquirente. Disciplinata dall’articolo 563, la stessa azione prevede che “se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, il legittimario, premessa l’escussione del beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e nell’ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari medesimi, la restituzione degli immobili.”
L’ultima delle due azioni sopra descritte determina il problema della circolabilità degli immobili di provenienza donativa.
I presupposti per l’esercizio dell’azione di riduzione
L’articolo 564 del codice civile individua i presupposti per l’azione di riduzione.
- In primo luogo il legittimario deve accettare l’eredità con beneficio d’inventario, fatto salvo in cui donazioni e legati da ridurre siano stati disposti a favore di suoi coeredi.
- In secondo luogo il legittimario, deve “imputare ex se“ le donazioni ed i legati ricevuti dal defunto. Il testatore (o il donante) può dispensare il legittimario da detta imputazione.
I termini di prescrizione dell’azione di riduzione
Il termine prescrizionale dell’azione di riduzione è quello ordinario di dieci anni. Nel caso le diposizioni da ridurre siano le donazioni, detto termine prescrizionale inizia a decorrere dalla data di apertura della successione del donante (la data in cui il donante muore). Questa azione non si può infatti attivare se non dopo la morte del donante, e così i legittimari lesi non potranno far valere le loro ragioni se non dopo l’apertura della successione.
Più complesso è il computo del termine di prescrizione contro alle disposizioni testamentarie. Si sono fatti strada ben tre orientamenti:
- Secondo un primo orientamento anche il questo caso il termine di prescrizione inizierebbe a decorrere dalla data di apertura della successione (e quindi di morte) del testatore. Questo orientamento è ormai minoritario. È frutto di un’interpretazione di una non recente sentenza della Corte di Cassazione con numero 11809 del 1997. La critica a questo orientamento è dovuta alla circostanza che il legittimario leso nei propri diritti non potrebbe avere cognizione piena da della lesione degli stessi se non in seguito, quantomeno, alla pubblicazione del testamento.
- Secondo un secondo orientamento il termine prescrizionale decorrerebbe invece dalla pubblicazione del testamento. Così è stato interpretato dalla Corte di Cassazione con sentenza numero 5920 del 1999. Anche questo orientamento è oggi minoritario.
- Secono l’ormai consolidato orientamento, che è oggi nettamente maggioritario, il termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione di riduzione contro a disposizioni testamentarie lesive della legittima, decorre dalla data in cui il chiamato beneficiario della disposizione lesiva abbia accettato l’eredità. Solo dopo l’accettazione dell’eredità da parte del chiamato che sia beneficiario di una disposizione lesiva, infatti, il legittimario leso può avere piena cognizione della lesione a proprio danno. Questo orientamento è consacrato nella sentenza della corte di Cassazione con numero 20644 del 2004.
Le conseguenze dell’azione di riduzione
Come esposto, l’azione di riduzione è riconosciuta dalla dottrina ormai maggioritaria come di accertamento costitutivo. Al giudice infatti è demandato in primo luogo l’accertamento della lesione della legittima del legittimario al netto della cosiddetta imputazione ex se da questi operata.
Accertata l’eventuale lesione, il giudice dichiarerà l’inefficacia parziale o totale delle disposizioni testamentarie o donative lesive, reintegrando il legittimario nei diritti spettanti per legge.
Va precisato che, una volta dichiarata l’inefficacia anche parziale delle disposizioni lesive, il legittimario non otterrà un riconoscimento patrimoniale pecuniario in senso stretto, ma sarà reintegrato nella comunione ereditaria.
Il legittimario leso, una volta accolta la propria domanda, vedrà riconosciuta la propria quota “incrementata” sulla massa ereditaria. Una volta reintegrato nella propria posizione, il legittimario avrà facoltà di domandare la divisione ereditaria sulla quota definita dalla sentenza.
La mediazione obbligatoria
In conformità a quanto disposto dall’articolo 5, comma 1-bis del Decreto Legislativo 28 del 2010, l’azione di riduzione è soggetta alla mediazione obbligatoria. Il giudizio relativo all’azione di riduzione deve quindi essere necessariamente preceduto da un tentativo di mediazione, alla presenza di un mediatore designato da un organismo abilitato dal Ministero della Giustizia. Il procedimento di mediazione costituisce una vera e propria condizione di procedibilità, nel senso che non è possibile attivare il relativo giudizio, e laddove attivato in difetto della conclusione del procedimento di mediazione, deve essere sospeso fino a che sia attivata e si sia conclusa la mediazione. La finalità della norma è quella di dare la possibilità alle parti di trovare un accordo per scongiurare un lungo giudizio, con un chiaro intento deflattivo del carico giudiziario.
I costi dell’azione di riduzione
I costi dell’azione di riduzione variano a seconda di quanto sia oggetto della domanda. La domanda di riduzione di disposizioni testamentarie o di donazioni, come precisato, deve essere necessariamente preceduta da un tentativo di mediazione obbligatoria. In sede di mediazione gli istanti avranno modo di evitare il giudizio, trovando un accordo conciliativo. Il costo di una mediazione in ambito successorio, quanto all’onorario dell’avvocato, varia dai 1500 ai 2500 euro circa. L’azione di riduzione, nella sua fase effettiva, ha un costo che parte da circa 3000 euro oltre accessori. Complessivamente l’azione di riduzione ha un costo che parte da circa 4000 euro inclusa la fase della mediazione.