I patti successori – indice:
L’ordinamento civile italiano, a differenza di altri ordinamenti europei (per esempio Germania, Svizzera e Regno Unito), sancisce a chiare lettere il divieto di patti successori. Tale espresso divieto trova la propria fonte normativa principale nell’articolo 458 del codice civile. L’articolo in questione sancisce la nullità di ogni patto volto a disporre della propria successione, dei diritti di una successione che si deve ancora aprire od avente ad oggetto la rinuncia a diritti successori su una successione ancora da aprirsi. L’articolo 458 del codice civile infatti recita:
“Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768-bis e seguenti, è nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione. È del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi.”
Che cos’è un patto successorio?
I patti successori sono una categoria di contratti o atti unilaterali che hanno come oggetto la successione di una persona non ancora defunta. L’articolo 458 del codice civile individua in reatà tre categorie di patti successori nulli: quelli istitutivi, quelli dispositivi e quelli abdicativi (o rinunciativi). Ognuna di queste categorie ha in realtà caratteristiche diverse, che prendiamo ora in esame.
Perché vige il divieto dei patti successori?
La scelta del legislatore italiano deve ricondursi ad una forte tutela della libertà testamentaria. Nell’ordinamento italiano può davvero ritenersi che “ambulatoria est voluntas defuncti usque ad vitae supremum exitum”. Il testatore può in poche parole cambiare la propria volontà rispetto alla propria successione fino ad un istante prima della sua morte. Per questo motivo si ritiene il testatore non possa essere vincolato contrattualmente a disporre per testamento in un determinato modo piuttosto che in un altro. La sua volontà è quindi assolutamente libera, fino alla morte.
Un secondo motivo a cui va ricondotta la scelta del codice civile è da ricercarsi nella tipicità della delazione successoria. Nell’ordinamento italiano è possibile succedere per legge (successione legittima) o per testamento (successione testamentaria). Non è previsto un terzo genere di delazione “contrattuale” o “pattizia”.
I patti successori istitutivi
Il patto successorio istitutivo è un contratto attraverso il quale un soggetto viene nominato erede dal proprio futuro dante causa. Gli effetti prodotti da questo tipo di pattuizione sarebbero del tutto simili a quelli di un testamento. Un esempio di patto istitutivo potrebbe essere rappresentato dal contratto in cui “Tizio conviene con Caio, che Caio sia proprio erede”. La violazione della libertà testamentaria in questo caso è evidente.
I patti successori dispositivi
Sono quelli attraverso i quali un soggeto dispone per atto tra vivi di diritti che potrebbero essergli destinati all’apertura di una futura successione. Hanno generalmente natura contrattuale, ma astrattamente potrebbero anche essere atti unilaterali (ad esempio una donazione obnuziale avente ad oggetto un’eredità di una persona in vita). Un esempio di questa categoria potrebbe essere rappresentato dal contratto con il quale Tizio venda a Caio l’eredità della propria madre ancora in vita.
I patti successori abdicativi
Sono quelli attraverso i quali un soggetto rinuncia ai diritti che gli potrebbero spettare da una successione non ancora aperta. I patti successori rinunziativi possono manifestarsi sia come contratto ma anche come atto unilaterale. Hanno natura di contratto quando la rinuncia ad una futura eredità è oggetto di una pattuizione fra due o più soggetti. Viceversa un patto successorio abdicativo può essere unilaterale quando sia rappresentato dalla rinuncia (che è un atto unilaterale) ad una eredità di una persona ancora in vita. Ai sensi dell’articolo 557 del codice civile, deve ritenersi colpita dal divieto di cui trattasi la rinuncia preventiva dei legittimari all’azione di riduzione.
Gli atti esecutivi di patti successori nulli
La vicenda che ha a riguardo un patto successorio, non è in realtà solita eseurirsi nella nullità dello stesso. A un patto successorio nullo possono infatti seguire uno o più atti esecutivi. Solitamente, ad esempio, ad un patto successorio istitutivo segue un testamento in cui il testatore dà esecuzione al contratto attraverso cui si è obbligato a disporre in un certo modo. Vediamo dunque quali sono le conseguenze caso per caso.
Testamento esecutivo di patto istitutivo
Quando ad un patto successorio istitutivo segua un testamento esecutivo, quest’ultimo potrà essere dichiarato nullo ai sensi dell’articolo 626 del codice civile. Il testamento, ove in esso sia fatta menzione del patto successorio concluso, sarà nullo per illiceità del motivo.
Contratto esecutivo di patto dispositivo
Ad un patto successorio dispositivo può, non necessariamente, seguire un atto od un contratto esecutivo. Quest’ultimo sarà annullabile ai sensi del numero 4) dell’articolo 1429 del codice civile: può trattarsi di un errore di diritto, ragione determinante per il contratto. Secondo un’altra tesi un contratto esecutivo di patto dispositivo potrebbe essere ritenuto nullo ai sensi dell’articolo 1345 del codice civile, per motivo illecito, quando questo sia però comune alle parti del contratto.
Rinuncia all’eredità conseguente a patto abdicativo
La rinuncia all’eredità che faccia seguito a un patto successorio rinunziativo, non potrà invece essere impugnata, se fatta dopo l’apertura della successione. La rinuncia all’eredità può infatti essere impugnata soltanto per dolo o per violenza ai sensi dell’articolo 526 del codice civile, non per errore. Ove invece la rinuncia all’eredità che faccia seguito ad un patto abdicativo sia fatta prima dell’apertura della successione sarà invece colpita da nullità.
La recente ordinanza della Corte di Cassazione sulla nullità dei patti successori
Risulta utile riportare come esempio di valutazione del giudice sulla nullità dei patti successori la lite risolta dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 14110/2021.
Tra due figli e un padre si stipulava un accordo sotto forma di scrittura privata in cui si conveniva quanto segue. I figli si impegnavano a corrispondere annualmente al padre una rendita vitalizia dell’importo di 120.000 euro in quattro rate mensili di 30.000 euro l’una. Il padre in cambio si impegnava a custodire una collezione di opere d’arte di sua proprietà conservandola in un caveau e cercando di aumentarne il valore.
La lite tra le parti sorge nel momento in cui i figli non pagano tre restanti rate della rendita pattuita. Il padre si rivolge al tribunale ottenendo i decreti ingiuntivi richiesti per il pagamento delle tre rate. Si oppongono i figli deducendo le ragioni del mancato pagamento derivanti ovvero dall’inadempimento del padre alla propria obbligazione di custodire le opere e non diminuirne il valore e chiedendo la declaratoria di nullità degli accordi presi ex articolo 458 del codice civile. Il tribunale accoglieva l’opposizione. Alla sentenza con cui veniva dichiarata la nullità degli accordi si opponeva il padre con l’appello che veniva accolto e riformava la sentenza impugnata confermando l’efficacia dei decreti ingiuntivi. Propongono ricorso per cassazione i figli.
La massima della pronuncia
La Corte d’appello negava la natura di patto successorio alla scrittura privata redatta fra le parti.
La Corte di Cassazione si conforma a tale statuizione del giudice di merito e ricorda che “ai sensi dell’art. 458, comma 1, seconda parte, c.c., sono patti successori le convenzioni che abbiano per oggetto la costituzione, trasmissione o estinzione di diritti relativi ad una successione non ancora aperta e facciano, così, sorgere un vinculum iuris, di cui la disposizione ereditaria rappresenti l’adempimento”.
“Per stabilire, quindi, – afferma la Corte – se una determinata pattuizione ricada sotto la comminatoria di nullità di cui all’art. 458 c.c. occorre accertare: 1) se il vincolo giuridico con essa creato abbia avuto la specifica finalità di costituire, modificare, trasmettere o estinguere diritti relativi ad una successione non ancora aperta; 2) se la cosa o i diritti formanti oggetto della convenzione siano stati considerati dai contraenti come entità comprese nella futura successione o debbano comunque essere compresi nella stessa; 3) se il promittente abbia inteso provvedere in tutto o in parte della propria successione, così privandosi dello ius poenitendi; 4) se l’acquirente abbia contratto o stipulato come avente diritto alla successione stessa; 5) se il convenuto trasferimento, del promittente al promissario, debba avere luogo mortis causa ossia a titolo di eredità o di legato”.
Deroghe alla nullità dei patti successori
Il divieto dei patti successori trova in realtà qualche deroga all’interno del codice civile.
La prima deroga, testuale, è rappresentata dagli articoli 768-bis e seguenti del codice civile: il patto di famiglia. Il patto di famiglia, come contratto tipico e previsto dal codice, non incorrerà dunque nel divieto di patti successori.
L’articolo 1920 del codice civile rappresenta un’ulteriore deroga al divieto di patti successori. Tale articolo consente infatti di designare per testamento il beneficiario di un’assicurazione sulla vita stipulata per atto fra vivi.
Ulteriore deroga è rappresentata dalla possibilità riconosciuta dal combinato disposto degli articoli 210 e 179 lettera b) del codice civile. I coniugi in regime di comunione legale, potranno convenire che i beni pervenuti per successione ereditaria siano attribuiti alla comunione legale dei beni.
La dottrina individua diverse deroghe al divieto dei patti successori. Tali deroghe sono in realtà da ravvisarsi ogniqualvolta il legislatore preveda la possibilità di stipulare contratti o atti astrattamente riconducibili alltre tre categorie di patti successori sopra elencate.