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Home » Penale » Responsabilità » Circonvenzione di persone incapaci – una guida rapida

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Circonvenzione di persone incapaci – una guida rapida

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Circonvenzione di persone incapaci – una guida rapida
circonvenzione persone incapaci
Avv. Beatrice Bellato

Circonvenzione di persone incapaci – indice

  • Cos’è
  • La tutela
  • Il soggetto passivo
  • La condotta
  • Le sanzioni

Tra i delitti contro il patrimonio mediante frode, un articolo del Codice penale è “meritato” dalla circonvenzione di persone incapaci.

Come nostra abitudine, iniziamo ad esaminare brevemente il dispositivo del codice, per poi approfondire alcuni degli elementi di maggiore rilevanza.

Cos’è la circonvenzione di persone incapaci

La definizione della circonvenzione di persone incapaci è offerta dall’art. 643 c.p., che disciplina questa ipotesi di reato sancendo che

chiunque, per procurare a sé o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato d’infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da duecentosei euro a duemilasessantacinque euro.

Fin dalla preliminare lettura del dispositivo, appare importante soffermarsi su alcuni concetti – base.

Approfondimenti preliminari

Per esempio, appare chiaro che il soggetto passivo di questo delitto sia vagamente definito dal legislatore. Il quale, con la definizione riportata nell’articolo del codice sopra indicato, ha evidentemente lasciato ampi margini di valutazione da parte di giudici e dottrina

Torneremo sul tema nei prossimi giorni, occupandoci di alcune importanti pronunce in materia di circonvenzione di persone incapaci, ma possiamo già qui premettere come autorevole dottrina si interroghi se ricomprendere o meno tra i soggetti passivi anche coloro che – essendo totalmente incapaci di intendere e di volere – abbiano almeno un minimo di capacità psichica.

Appare invece più chiaro che il reato sia a forma libera. Ne deriva che può ben potenzialmente configurarsi con qualsiasi mezzo, che sia evidentemente idoneo a indurre la vittima a compiere l’atto dannoso, senza necessità di ricorrere a raggiri. Deve comunque trattarsi di un’attività positiva, che incida sul processo di formazione della volontà del soggetto, finendo con l’influenzarlo in maniera decisiva.

Dubbi emergono poi sugli effetti di tale incisione sul processo di formazione della volontà. Il legislatore indica come conseguenza un riferimento vario (“la induce a compiere un atto che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso”), non indicando se il danno debba essere necessariamente di natura patrimoniale, o se si possa registrare un’offesa anche sotto il profilo extra patrimoniale.

Infine, per quanto attiene il richiamo agli altri danneggiati, appare oggi palesato che il terzo che subisce il pregiudizio non sia considerabile come persona offesa, ma possa naturalmente rivestire la qualifica di danneggiato dal reato ex art. 643 c.p. agli effetti civili.

La tutela

Il reato ex art. 643 c.p. è inquadrato all’interno dei delitti contro il patrimonio. Il fondamento di tutela alla base di questa norma è dunque essenzialmente la necessità di proteggere il patrimonio della persona offesa.

Secondo autorevole dottrina, però, è possibile ricollegare a tale norma un fondamento ancora più ampio e non legato necessariamente alla tutela patrimoniale, quale l’esigenza di proteggere la libertà di autodeterminazione delle persone offese, caratterizzate da condizione psico-fisica di debolezza.

Dunque, sintetizzando le varie opinioni dottrinali, si può sintetizzare come il bene giuridico tutelato ex art. 643 c.p. sia l’integrità patrimoniale, sia la libertà di autodeterminazione del soggetto debole.

Leggi anche: Truffa aggravata – una guida rapida

Il soggetto passivo

Ma chi è, esattamente, il soggetto passivo di questa norma?

Come abbiamo avuto modo di anticipare nella prima parte del nostro approfondimento, la dottrina dibatte su chi possa essere considerato quale soggetto passivo della norma.

Il richiamo del legislatore fa riferimento alla condotta di colui che abusa

dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato d’infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata (…)

Da tale lettura, sembrerebbe che la qualificazione della persona offesa possa essere slegata al concetto di interdizione e inabilitazione ai sensi civilistici. E che, dunque, non sia richiesto che lo stato di infermità o di deficienza psichica della persona sia catalogabile tra le affezioni di natura psichiatrica.

Ricollegandoci a quanto sopra già condiviso, la dottrina discute anche se possa essere considerato come soggetto passivo colui che soffre di infermità mentale assoluta, o meno. In altri termini, buona parte della dottrina richiede essenziale che il soggetto infermo abbia almeno una minima capacità psichica. Non potrebbe pertanto essere considerato vittima del reato colui che non è assolutamente in grado di esprimere una pur minima capacità psichica.

Tale orientamento, al quale si aderisce, richiama alla memoria il fatto che il legislatore abbia utilizzato il verbo “indurre” nel dispositivo dell’art. 643 c.p. Tale verbo presupporrebbe pertanto il fatto che il soggetto sia almeno cosciente, anche se infermo o immaturo. E che dunque la parte attiva possa sfruttarne le menomate capacità.

La condotta

Passando poi alla breve analisi della condotta che può permettere di qualificare il reato, ricordiamo come il comportamento oggetto di incriminazione sia quello dell’induzione attraverso un abuso della condizione di minoranza psichica.

Chiaro è l’intento, in questo ambito, del legislatore, che nel dispositivo pone l’accesso al comportamento di colui che procura un profitto

abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore

ovvero

abusando dello stato d’infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata

al fine di indurla

a compiere un atto che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso

Ne deriva dunque che la condotta deve portare a un duplice evento. Da una parte l’adozione di uno specifico atto da parte della vittima. Dall’altra parte la determinazione di un danno per l’incapace o per altri.

Si aggiunge in tal proposito che il reato si configura con il dolo specifico, ovvero con la consapevolezza di voler procurare a sé o ad altri un profitto.

Le sanzioni

L’ultimo passaggio del dispositivo è dedicato alle sanzioni previste, precisando che l’abuso di cui sopra

è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da duecentosei euro a duemilasessantacinque euro.

Avv. Filippo Martini – diritto penale

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