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Home » Penale » Processo » Precedenti di polizia e la cancellazione dal C.E.D – una guida rapida

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Precedenti di polizia e la cancellazione dal C.E.D – una guida rapida

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Precedenti di polizia e la cancellazione dal C.E.D – una guida rapida
Precedenti di polizia cancellazione
Avv. Beatrice Bellato

Precedenti di polizia e la cancellazione dal C.E.D. – indice:

  • Cos’è il C.E.D.
  • Soggetti che accedono ai dati
  • Norme sulla privacy
  • Trattamento dei dati
  • Termini di conservazione 
  • L’istanza per la cancellazione

I precedenti di polizia sono tutti quei dati, riguardanti i cittadini, che la polizia ha raccolto nel corso della sua attività di servizio e che ha registrato presso una banca dati chiamata C.E.D. La legge 121/1981 ha istituito tale banca dati presso il Ministero dell’Interno – Dipartimento di pubblica sicurezza. I dati che sono registrati in questo Centro di elaborazione dati dovrebbero restarvi per un tempo massimo indicato dalla legge. Si tratta di un periodo piuttosto lungo durante il quale il cittadino che aveva ad esempio in passato subito un processo penale ed è stato assolto, o semplicemente era stato querelato ma la querela è stata rimessa, può subire un pregiudizio dalla presenza di questi dati all’interno del database. Tali dati infatti spesso non vengono aggiornati o cancellati se non si presenta un’apposita istanza al Ministero dell’Interno.

Si offre pertanto una breve guida su cos’è il C.E.D., come funziona e come effettuare la cancellazione dei precedenti di polizia da questa banca dati.

Il C.E.D: cos’è e come funziona

Il C.E.D è il Centro di elaborazione dati istituito presso il dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno dall’articolo 8 della legge 121/1981.

Tale sistema è stato introdotto per raccogliere, elaborare, conservare in archivi magnetici informazioni e dati e affinché siano accessibili ai soggetti autorizzati dalla legge.

La legge 128/2001, intervenuta a modificare la normativa in materia di tutela della sicurezza dei cittadini, stabilisce che le forze dell’ordine sono tenute a comunicare tempestivamente al C.E.D. notizie e informazioni acquisite:

  • nel corso delle attività di prevenzione e repressione dei reati;
  • nel corso delle attività amministrative.

In particolare tali dati, ai sensi del primo comma dell’articolo 7 della legge 121/1981 devono risultare da:

  • documenti conservati dalla pubblica amministrazione o enti pubblici;
  • sentenze o provvedimenti dell’autorità giudiziaria;
  • indagini di polizia.

Dunque il C.E.D contiene tutte le informazioni che il personale della polizia acquisisce durante l’espletamento della propria attività. E tali informazioni riguardano necessariamente i cittadini coinvolti in tale attività. A titolo esemplificativo si pensi ai dati relativi all’informativa di reato che l’organo di polizia deve comunicare preliminarmente alla notizia di reato al pubblico ministero.

I soggetti autorizzati all’accesso ai dati

Ai dati contenuti nel C.E.D possono accedere, ai sensi dell’articolo 9, primo e secondo comma:

  • gli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti alle forze di polizia,
  • gli ufficiali di pubblica sicurezza e i funzionari dei servizi di sicurezza;
  • l’autorità giudiziaria ai fini degli accertamenti necessari per i procedimenti in corso e nei limiti stabiliti dal codice di procedura penale;
  • gli agenti di polizia giudiziaria delle forze di polizia debitamente autorizzati.

Il legislatore infatti ha voluto semplificare l’attività di coordinamento del personale di polizia, delle autorità giudiziarie al fine di rendere acquisibili i dati anche dai soggetti che non sono direttamente coinvolti nella raccolta.

Con il tempo, fra le altre cose, il legislatore ha ampliato sia la platea di soggetti che possono accedere alle informazioni contenute nel C.E.D. sia il novero delle informazioni in esso registrabili. È perciò importante sapere come funziona il C.E.D. e come cancellare i precedenti di polizia dallo stesso qualora limitino, senza alcun motivo, la libertà di un soggetto.

Tutela della privacy, C.E.D. e cancellazione dei precedenti di polizia

Il Centro di elaborazione dati, raccogliendo una enorme quantità di informazioni e dati relativi ai cittadini, è sottoposto alla vigilanza e al controllo del Garante per la protezione dei dati personali. A stabilirlo è l’articolo 10 della legge istitutiva del C.E.D. L’interesse collettivo alla tutela della pubblica sicurezza infatti deve contemperarsi con l’interesse del singolo individuo alla tutela dei dati personali.

Tale norma è stata modificata nel 2003 con l’emanazione del Testo Unico sulla privacy il quale ha contribuito alla tutela della privacy con riguardo all’utilizzo dei dati contenuti nel C.E.D. nei procedimenti giudiziari. Il secondo comma dell’articolo 10 infatti recita: “I dati e le informazioni conservati negli archivi del Centro possono essere utilizzati in procedimenti giudiziari o amministrativi soltanto attraverso l’acquisizione delle fonti originarie indicate nel primo comma dell’articolo 7, fermo restando quanto stabilito dall’articolo 240 del codice di procedura penale”. I dati contenuti nel C.E.D. infatti potevano essere consultati dalle autorità giudiziarie in sede processuale ed utilizzati come documenti di prova indipendentemente da un contraddittorio. Ciò comportava una violazione del diritto di difesa dell’imputato.

Precedenti di polizia e la cancellazione dal C.E.D.: dopo quanto tempo

In merito alla durata di registrazione dei dati nel C.E.D., ovvero alla possibilità di domandare la modifica o la cancellazione dei dati, è stata particolarmente significativa la sentenza della Corte di Cassazione n. 21362/2018.

Il trattamento dei dati personali da parte delle forze di polizia è disciplinato dal decreto legislativo 196/2003 al titolo secondo. Il terzo comma dell’articolo 54 di tale raccolta normativa assicura “l’aggiornamento periodico e la pertinenza e non eccedenza dei dati personali trattati anche attraverso interrogazioni autorizzate del casellario giudiziale e del casellario dei carichi pendenti del Ministero della giustizia…”. 

Per quanto riguarda invece la modalità di trattamento dei dati è fatto rimando dal legislatore ad un futuro decreto di attuazione dei principi in materia di tutela della privacy ai dati registrati nel C.E.D. Con il D.P.R 15/2018 si è dato corpo a tale decreto che ha previsto quale termine di conservazione dei dati “periodo di tempo non superiore a quello necessario per il conseguimento delle finalità di polizia”. La norma, articolo 10 del D.P.R 15/2018, prosegue stabilendo poi alcuni termini di conservazione per categorie di dati, termini che variano dai 3 ai 30 anni.

La sentenza sopracitata in particolare si è occupata dei dati relativi ad un provvedimento di archiviazione di indagini giudiziarie registrati presso il C.E.D. Nel caso di specie la Corte di Cassazione ha confermato il termine di 20 anni dal provvedimento di archiviazione dei dati registrati presso il C.E.D e ha fornito garanzia soltanto sull’accesso a tali dati. Trascorsa la metà del tempo previsto dalla legge i dati sono consultabili soltanto da parte degli operatori abilitati.

Il titolare del trattamento dei dati cosa può fare

Ricapitolando cosa può fare il titolare del trattamento dei dati:

  • chiedere la conferma dell’esistenza dei dati;
  • richiedere la loro comunicazione in forma intellegibile;
  • fare istanza per la cancellazione, la trasformazione in forma anonima, l’integrazione o l’aggiornamento dei dati se assunti o trattati in violazione di legge.

I termini necessari alla cancellazione dei precedenti di polizia

Come sopra accennato l’articolo 10 del D.P.R. 15/2018 stabilisce i termini di conservazione dei dati presso il C.E.D. Solo trascorsi tali termini è possibile chiedere ed ottenere la cancellazione dei dati. Prima di tali termini è possibile chiedere soltanto l’esistenza, l’aggiornamento o l’integrazione di tali dati.

I termini di conservazione indicati dalla norma sono adottati per gruppi di documenti e variano, come già accennato, dai 3 ai 30 anni.

Termini fino ai 10 anni

  • 3 anni per i dati relativi a procedimenti, misure e provvedimenti su cui interviene una procedura di annullamento, invalidazione o revoca, termine che decorre dalla data di inoppugnabilità del provvedimento di annullamento, invalidazione o revoca;
  • 8 anni per i dati relativi a provvedimenti che dichiarano l’estinzione della pena o del reato. Il termine decorre dall’inoppugnabilità del provvedimento;
  • 5 anni dalla raccolta di dati relativi ad attività di prevenzione generale e soccorso pubblico;
  • 5 anni dalla scadenza o dalla revoca del titolo di nulla osta, licenza o autorizzazione di polizia;
  • 10 anni dall’elaborazione dell’analisi di dati raccolti per l’analisi criminale e di prevenzione;
  • 5 anni da quando è cessata la detenzione di armi o parti di esse, di munizioni finite e di materie esplodenti di qualsiasi genere;
  • 5 anni dalla scarcerazione a seguito di decreto di archiviazione o non luogo a procedere o di sentenza di assoluzione di persone detenute negli istituti penitenziari;
  • 10 anni dall’ultimo trattamento di dati relativi alla gestione delle attività operative;
  • 3 anni dalla raccolta di dati raccolti mediante sistemi di ripresa fotografica, audio e video nei servizi di ordine pubblico e di polizia giudiziaria ovvero 18 mesi dalla raccolta di dati raccolti mediante sistemi di videosorveglianza o di ripresa fotografica, audio e video di documentazione dell’attività operativa.

Termini dai 10 ai 30 anni

  • 15 anni dall’ultimo trattamento di dati relativi ad attività di indagine o polizia giudiziaria che non hanno dato luogo a procedimento penale;
  • 20 anni per i dati relativi a provvedimenti di natura interdittiva, di sicurezza e cautelare, nonché a misure restrittive della libertà personale conseguenti ad una sentenza di condanna, termine che decorre a partire dalla cessazione della loro efficacia;
  • 15 anni per i dati derivanti da attività informativa e ispettiva svolta per le finalità di polizia. Il termine decorre dall’ultimo trattamento;
  • 20 anni dall’emissione del provvedimento di archiviazione conclusivo dell’attività di polizia giudiziaria;
  • 20 anni dal passaggio in giudicato della sentenza di assoluzione o non doversi procedere conclusiva dell’attività di polizia giudiziaria;
  • 25 anni per i dati relativi a misure di prevenzione di carattere personale e patrimoniale, termine che decorre a partire dalla cessazione della loro efficacia;
  • 20 anni dalla raccolta di dati relativi a controlli di polizia;
  • 25 anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna conclusiva dell’attività di polizia giudiziaria;
  • 25 anni dalla scadenza del termine di efficacia di una misura di sicurezza detentiva cui è stata sottoposta la persona;
  • 30 anni dall’esecuzione di provvedimenti di espulsione e rimpatrio di stranieri;
  • 30 anni dalla scarcerazione a seguito di espiazione della pena in caso di condanna.

Precedenti di polizia e la cancellazione dal C.E.D.: come si fa

Il terzo comma dell’articolo 10 della legge 121/1981 stabilisce che “La persona alla quale si riferiscono i dati può chiedere all’ufficio di cui alla lettera c) del primo comma dell’articolo 5 la conferma dell’esistenza di dati personali che lo riguardano, la loro comunicazione in forma intellegibile e, se i dati risultano trattati in violazione di vigenti disposizioni di legge o di regolamento, la loro cancellazione o trasformazione in forma anonima”.

La banca dati del C.E.D. in realtà dovrebbe essere aggiornata automaticamente anche riguardo agli esiti dell’attività di polizia. Si intende ad esempio che il cittadino indagato, imputato e assolto o nei confronti del quale è stata rimessa la querela dovrebbe vedersi in automatico aggiornato l’esito del procedimento a suo carico nella banca dati C.E.D. Ciò nella pratica non avviene e pertanto è necessario fare un’apposita domanda in cui si chiede l’aggiornamento o la cancellazione dei precedenti di polizia.

Il titolare dei dati trattati dal CED della polizia di stato pertanto può:

  • domandare che i dati vengano aggiornati o integrati  prima della scadenza dei termini di legge illustrati in precedenza;
  • procedere con un’apposita istanza per chiedere che i dati vengano cancellati. Ciò può essere fatto solo dopo che sono trascorsi i termini suindicati.

L’istanza per chiedere che i dati vengano cancellati deve essere inoltrata al Ministero dell’Interno tramite PEC. L’istanza pertanto deve risultare da un documento scritto motivato cui vanno allegati il documento d’identità, l’atti di nomina di un avvocato e il documento contenente le ragioni per le quali si chiede la cancellazione.

L’ufficio a cui si inoltra l’istanza mediante il proprio legale di fiducia ha tempo 30 giorni per rispondere alla richiesta accogliendo o rifiutando l’istanza di cancellazione.

Avv. Filippo Martini – diritto penale

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