Il patteggiamento – indice:
- Termini di presentazione
- Contenuto della richiesta
- Ammissione al rito speciale
- Sentenza nel patteggiamento
- Azione civile e patteggiamento
Il patteggiamento inizia con la relativa richiesta dell’imputato o del P.M. dinanzi al giudice, con consenso espresso anche dalla parte non richiedente. Nel caso in cui la richiesta e il consenso siano formulati durante l’udienza, sarà sufficiente la forma orale; se invece vengono formulati fuori udienza, non potranno che avere una forma scritta.
Termini per presentare la richiesta di patteggiamento
La richiesta di patteggiamento può essere presentata sia nel corso delle indagini preliminari, che nell’udienza preliminare, fino a quando le parti non concludono la discussione.
Se tuttavia il procedimento è privo di udienza preliminare, ma si avvale del procedimento per decreto, la richiesta dovrà essere proposta contestualmente all’opposizione contro il decreto di condanna.
Nel caso di procedimento per giudizio immediato, il termine è fissato entro 15 giorni dalla notificazione del decreto di citazione, mentre nel caso del giudizio direttissimo, si potrà proporre richiesta di patteggiamento prima che sia dichiarato aperto il dibattimento.
In tal senso, si noti che esistono due principali forme di rimessione dei termini, ovvero di regressione alla fase introduttiva del giudizio:
- se l’imputato processato in assenza dimostra di essere incolpevolmente ignorate del processo a proprio carico;
- se viene fetta la contestazione del fatto diverso, del reato concorrente o di una circostanza aggravante.
Il contenuto della richiesta di patteggiamento
Per quanto attiene il contenuto della richiesta di patteggiamento, questo sarà almeno pari al fatto in oggetto di giudizio, la sua qualificazione giuridica e la pena ritenuta congrua. Si tenga conto che l’imputato può ben subordinare la richiesta di patteggiamento alla condizione della sospensione condizionale della pena.
Nel caso in cui la richiesta sia stata avanzata dal P.M. durante le indagini preliminari, essendo contestuale anche l’esercizio dell’azione penale, la richiesta (o il consenso) conterranno anche l’atto di imputazione. È proprio per questo motivo che il patteggiamento non può essere richiesto o acconsentito dal P.M. se l’indagine è incompleta.
Di norma, si ritiene che la richiesta possa essere revocata o modificata dal proponente, fino a quando non interviene il consenso della controparte. L’eccezione è rappresentata dall’ipotesi in cui il giudice per le indagini preliminari non abbia assegnato un termine alla controparte per esprimere il proprio consenso: in questo caso, infatti, il consenso non può essere revocato o modificato fino a quando il termine non è in corso.
L’ammissione al rito speciale
Una volta che il giudice è in grado di accertare l’esistenza dei presupposti di ammissibilità, potrà ammettere il rito speciale. L’applicazione della pena avverrà così nella misura e nella specie quantificata nell’accordo.
Tuttavia, al giudice è pur sempre ammessa la possibilità di non condividere la scelta effettuata dalle parti e, dunque, rigettare la richiesta di patteggiamento. In questo caso, l’iter proseguire normalmente verso il dibattimento.
Peraltro, rammentiamo come la dichiarazione di inammissibilità al rito speciale non precluda la possibilità di avanzare nuove richieste allo stesso giudice, fino a quando non scadono i termini.
Scaduti i termini, è possibile pur sempre inoltrare le richieste ai giudici successivi, come a quello del dibattimento, di appello o di Cassazione.
Una particolare ipotesi di inammissibilità è quella determinata dal dissenso motivato del P.M.: l’imputato può contestare tale dissenso, e ha la facoltà di reiterare la richiesta davanti al giudice del dibattimento o dell’impugnazione.
A questo punto, il giudice ordinerà l’esibizione degli atti contenuti nel fascicolo del P.M. prima di dichiarare aperto il dibattimento. Nel caso in cui verifichi l’infondatezza del dissenso, applicherà lo sconto di pena.
La sentenza nel patteggiamento
La sentenza nel patteggiamento include solamente l’accertamento negativo della non punibilità, andando a constatare l’insussistenza delle cause di proscioglimento.
Non essendo questa la sede sull’analisi della natura di tale pronuncia, limitiamoci a ricordare come la giurisprudenza per lungo tempo non abbia attribuito la natura condannatoria delle sentenze di patteggiamento ai fini del giudizio di revisione.
L’impostazione è però cambiata con la l. 134/2003, che modificando la previgente normativa ha di fatti incluso tra i provvedimenti suscettibili di revisione anche le sentenze di patteggiamento. In questo modo la sentenza di patteggiamento si è concettualmente resa più “vicina” a quella di condanna, pur rimanendo sempre distinta da essa.
Tra le altre principali caratteristiche delle sentenze di patteggiamento vi è l’inappellabilità. L’unica eccezione è legata a quanto previsto dall’art. 448 c.p.p., comma 2, a vantaggio del P.M., il quale può appellare la sentenza con la quale il giudice del dibattimento ha applicato la pena richiesta dall’imputato, ritenendo ingiustificato il suo dissenso.
Nel caso in cui al giudice dell’impugnazione dovesse apparire giustificato tale dissenso, ne dovrà seguire un giudizio ordinario che il giudice di secondo grado potrà chiudere con una sentenza di merito.
Azione civile e patteggiamento
Il danneggiato dal reato in questa sede non può esercitare l’azione risarcitoria né può opporsi alla definizione anticipata del giudizio.
Non solo: se costui si è già costituito parte civile, l’accordo tra le parti lo costringerà ad abbandonare la sede penale, per poter far valere la propria pretesa esclusivamente in sede civile.
Ne deriva altresì che “scendendo” in questa sede il danneggiato dal reato potrà domandare all’imputato solamente il pagamento delle spese processuali che avesse fino a quel momento sostenuto sulla base di un’approssimativa valutazione della responsabilità dell’imputato che il giudice penale deve effettuare con decisione motivabile.