La contraffazione del marchio – indice:
L’articolo 473 del codice penale al primo comma stabilisce che “Chiunque, potendo conoscere dell’esistenza del titolo di proprietà industriale, contraffà o altera marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, di prodotti industriali, ovvero chiunque, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000”.
Il diritto penale punisce la condotta di contraffazione del marchio e dei segni distintivi o il loro uso se contraffatti che inquadra nella categoria dei delitti contro la fede pubblica. Tale condotta è punita non soltanto nel momento in cui è posta in essere ma anche quando è già stata compiuta. L’articolo successivo al 473 infatti punisce con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da 3500 a 35000 euro “chiunque introduce nel territorio dello Stato, al fine di trarne profitto, prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati”.
Cos’è la contraffazione del marchio
Contraffare significa imitare, riprodurre, falsificare qualcosa cioè cercare di spacciarlo per ciò che si imita, riproduce, falsifica. L’attività di contraffare nell’ambito della proprietà intellettuale si inserisce nel più ampio concetto di confondibilità di cui già si è parlato riguardo alla concorrenza sleale ed ai segni distintivi dell’imprenditore. La contraffazione del marchio o di un segno distintivo mira ad ingannare il pubblico cui il prodotto è destinato circa la sua provenienza.
L’articolo 473 del codice penale, norma di riferimento per la disciplina del reato di contraffazione, non punisce solo l’attività del contraffare bensì anche a quella dell’uso dei marchi o segni distintivi contraffatti.
Nell’introduzione si è citato l’articolo 474 del codice penale anch’esso punitivo della condotta di contraffazione o alterazione di marchi e segni distintivi ma con delle differenze rispetto all’articolo 473. Le differenze sono state precisate dalla Cassazione nel 2010 con la sentenza n. 26263 in cui i giudici hanno stabilito che “l’uso di marchi e segni distintivi puniti dall’articolo 473 del codice penale essendo inteso a determinare un collegamento tra un marchio contraffatto e un certo prodotto, precede l’immissione in circolazione dell’oggetto falsamente contrassegnato e se ne distingue, mentre l’uso punito dall’articolo 474 del codice penale è direttamente connesso all’immissione in circolazione del prodotto falsamente contrassegnato e presuppone che sia già stato apposto il contrassegno su una determinata merce”.
L’attività di contraffare costituisce la condotta del reato ed è l’unico elemento costitutivo della fattispecie in quanto non c’è necessità che si verifichi un evento. Non è necessario inoltre, ha precisato la Corte di Cassazione, che il prodotto recante il marchio contraffatto sia giunto al consumatore affinché si configuri il reato.
L’alterazione
Come si legge dal dispositivo dell’articolo 473 del codice penale la condotta che dà origine al reato non comprende soltanto l’attività di contraffazione bensì anche quella di alterazione.
Chi pone in essere l’alterazione di un marchio? Lo fa colui che modifica un marchio genuino eliminando o alterando alcuni degli elementi che lo costituiscono.
L’oggetto della contraffazione
L’articolo 473 del codice penale, rimasto semi invariato rispetto alla sua formulazione originaria dopo l’intervento della legge n. 99/2009, identifica come oggetto del reato i seguenti elementi:
- i marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, di prodotti industriali (primo comma);
- brevetti, disegni o modelli industriali, nazionali o esteri (secondo comma).
Si ricorda che il marchio secondo il diritto industriale e il diritto civile è un segno distintivo dell’imprenditore che gli consente di distinguere i propri prodotti da quelli degli altri imprenditori. I segni distintivi comprendono tutti gli elementi dell’impresa che le consentono di farsi identificare in maniera univoca. Oltre al marchio si conoscono la ditta e l’insegna.
Il brevetto invece è un titolo giuridico che protegge un’invenzione e consente al suo artefice di sfruttarla in termini economici per un certo arco di tempo e di ricevere tutela in caso di concorrenza sleale. Allo stesso modo la registrazione di modelli e disegni consente la tutela contro la concorrenza sleale.
Dall’introduzione della normativa specifica sulle opere dell’ingegno e con la riforma operata dalla legge n. 99/2009 infatti è stato eliminato il riferimento a quest’ultime.
I presupposti della contraffazione del marchio
Come si evince dall’ultimo comma dell’articolo 473 del codice penale, la tutela penale della contraffazione del marchio è riconosciuta soltanto quando sono state rispettate e applicate “le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale”.
Ciò significa che solo il marchio registrato è destinatario della tutela e lo solo successivamente alla registrazione. Si specifica ciò in quanto era sorto il dubbio se la tutela penale si estendesse al momento della domanda di marchio piuttosto che al solo momento in cui l’ufficio italiano brevetti rilascia l’attestato di registrazione. A tal proposito è intervenuta la Cassazione nel 2013 con la sentenza n. 41891 affermando che: “in tema di introduzione nel territorio dello stato e di commercio di prodotti con segni falsi, alla luce delle modifiche apportate agli artt. 473 e 474 del codice penale dalla legge n. 99/2009, non è sufficiente per la configurabilità del reato che prima della sua configurazione sia stata depositata la domanda tesa ad ottenere il titolo di privativa, ma invece è necessario che questo sia stato effettivamente conseguito”.
Si ritiene inoltre che la tutela penale si applichi solo qualora il pericolo di contraffazione sia effettivo ovvero si presentino nel mercato i due marchi che creano confusione.
L’elemento psicologico del reato
La riforma del 2009 ha modificato il modello di responsabilità del reato di contraffazione di marchi e segni distintivi. Da allora vi sono due orientamenti. Chi ritiene in maniera meno restrittiva che l’elemento soggettivo del reato sia di dolo misto a colpa. La norma infatti afferma: “chiunque, potendo conoscere dell’esistenza del titolo di proprietà industriale…”. Si riferirebbe pertanto:
- sia a chi ha contraffatto un marchio sapendo che era già registrato;
- sia a chi per colpa ha contraffatto il marchio ritenendo inesistente il titolo di proprietà industriale.
Chi invece più restrittivamente ritiene che l’elemento soggettivo possa essere solo il dolo generico. L’autore del reato secondo tale orientamento infatti deve necessariamente essere consapevole della registrazione del marchio. Avrebbe inoltre la volontà di contraffare, alterare o usare un marchio altrui.
Le sanzioni penali per il reato di contraffazione del marchio
La norma punisce in maniera diversa la contraffazione, l’alterazione o l’uso di marchi e segni distintivi dalle stesse attività poste in essere con riguardo ai brevetti, ai disegni e ai modelli industriali. La legge 99/2009 infatti ha dato un peso diverso ai due illeciti considerando meno grave il primo e più grave il secondo.
La contraffazione e l’alterazione dei marchi o dei segni distintivi o un loro uso infatti è punita con:
- la pena detentiva più grave della reclusione da sei mesi a tre anni;
- la pena pecuniaria della multa di importo variabile tra i 2500 e i 25000 euro.
Le stesse attività con oggetto i brevetti, i disegni o i modelli industriali è punita più severamente come di seguito indicato:
- con un periodo di reclusione di tempo compreso tra minimo un anno e massimo quattro;
- con la multa di importo compreso tra i 3500 e i 35000 euro.
Non è prevista l’adozione di misure cautelari quando oggetto della condotta è il marchio mentre lo è per il brevetto.
Contraffazione del marchio e ricettazione
Si apre una parentesi sul rapporto tra l’articolo 474 del codice penale e il reato di ricettazione. Tale delitto, si ricorda, consiste nella condotta di procurare a sé o ad altri un profitto, acquistando, ricevendo od occultando denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o intromettendosi nel farle acquistare, ricevere od occultare.
Chi pertanto acquista o riceve prodotti recanti segni contraffatti per trarne un profitto e consapevole dell’avvenuta contraffazione può rispondere in concorso sia del reato di introduzione nello stato e commercio di prodotti con segni falsi sia del reato di ricettazione di cui all’articolo 648 del codice penale. In particolare il secondo comma dell’articolo 474 del codice penale stabilisce che “Fuori dei casi di concorso nella contraffazione, alterazione, introduzione nel territorio dello Stato, chiunque detiene per la vendita, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione, al fine di trarne profitto, i prodotti di cui al primo comma è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fin a euro 20.000″.
Si tratta di un orientamento giurisprudenziale dominante nel campo della proprietà intellettuale e sul quale sono intervenute a suo tempo anche le Sezioni Unite della Cassazione.