Il diritto d’autore – indice:
L’articolo 27 della Dichiarazione dei diritti umani al paragrafo 2 afferma che “ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria ed artistica di cui egli sia autore”.
Questa norma è emblematica dello scopo del diritto d’autore. Per introdurlo brevemente,si può affermare che il diritto d’autore è l’istituto giuridico previsto dalla legge per tutelare l’autore di un’opera immateriale di carattere letterario, artistico o scientifico o meglio i frutti da questa derivanti. L’oggetto del diritto pertanto, con la sua natura immateriale, conduce tale istituto nella più ampia categoria dei diritti sulla proprietà intellettuale quali ad esempio il marchio, il brevetto ecc. La tutela del diritto d’autore si manifesta mediante la protezione dei diritti nascenti dalla creazione dell’opera. Questi sono di natura morale e patrimoniale.
Si tratta di un istituto giuridico utilizzato in tutto il mondo. Presenta tuttavia delle differenze a seconda che il paese di riferimento sia basato su un ordinamento giuridico di civil law ovvero di common law. In questo secondo caso, l’istituto assume il nome di copyright.
L’articolo 54 della legge 218/1995 stabilisce che i diritti sui beni immateriali sono regolati dalla legge dello stato di utilizzazione. L’Italia, rientrando nella prima forma di ordinamento, ha fissato una disciplina del diritto d’autore nella legge 633/1941 ovvero nel codice civile agli articoli 2575 e seguenti.
Cos’è il diritto d’autore
Il diritto d’autore è il diritto nascente da un atto creativo con il quale un soggetto realizza un’opera avente, appunto, carattere creativo. La sua origine risale ai primi tempi in cui si è iniziato a considerare l’importanza di tali creazioni iniziate a considerarsi fonte di ricchezza e di valori meritevoli di protezione giuridica.
L’autore dell’opera dunque diventa titolare di un diritto che gli consente di:
- rivendicare di essere autore dell’opera (diritto di paternità dell’opera), ovvero decidere se renderla o meno pubblica (diritto di inedito), se pubblicarla in maniera anonima (diritto di anonimo), se modificarla, se ritirarla dal commercio. In questi casi si parla di esercizio del diritto morale d’autore che è definito dall’articolo 2577, secondo comma, c.c. Tale aspetto del diritto d’autore non è alienabile né prescrittibile. Nella l.d.a il diritto morale d’autore trova ampio spazio nella II sezione del Capo III del titolo I agli artt. 20-24. In linea con il codice civile l’art. 20 l.d.a afferma che “…l’autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione”.
- sfruttare l’opera per ottenere un guadagno. Il primo comma dell’articolo 2577 c.c. infatti stabilisce che “L’autore ha il diritto esclusivo di pubblicare l’opera e di utilizzarla economicamente in ogni forma e modo, nei limiti e per gli effetti fissati dalla legge”. In linea a tale disposizione si esprime anche la l.d.a. all’articolo 12, secondo comma. Si contrappone, dunque, al diritto morale un diritto patrimoniale d’autore che a differenza del primo, è alienabile e trasmissibile.
Come funziona: l’acquisto del diritto
Ai sensi dell’articolo 2580 c.c. il diritto d’autore spetta all’autore dell’opera e ai suoi aventi causa nei limiti e per gli effetti fissati dalle leggi speciali.
Il diritto si acquisisce in forma esclusiva dal momento in cui l’opera viene creata ai sensi dell’art. 2576 c.c. e dell’articolo 6 l.d.a. Quest’ultima legge conferma anche esclusività del diritto all’articolo 12 affermando che l’autore ha il diritto esclusivo di pubblicare l’opera e di utilizzarla economicamente. La prima utilizzazione economica dell’opera coincide con la pubblica della stessa.
L’articolo 6 inoltre, in linea con il codice civile, stabilisce che “Il titolo originario dell’acquisto del diritto di autore è costituito dalla creazione dell’opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale”.
Da tale disposizione si deduce pertanto che l’acquisto del diritto può avvenire in via originaria o in via derivativa. Si ha il primo caso dunque se il diritto non deriva da un trasferimento da parte di terzi. Si ha il secondo quando il diritto viene trasferito da un altro soggetto sia per atto tra vivi che mortis causa. Il trasferimento per atto tra vivi del diritto di utilizzazione può avvenire solo tramite atto scritto ai sensi dell’articolo 2581 c.c.
Non è richiesta pertanto alcuna forma di pubblicità ai fini dell’acquisto del diritto.
In cosa consiste il diritto di utilizzazione economica
La legge sul diritto d’autore agli articoli 12 e seguenti stabilisce che il diritto di utilizzazione economica consiste nel:
- pubblicare l’opera;
- riprodurre ovvero copiare in maniera diretta o indiretta ovvero in tutto o in parte l’opera;
- trascrivere l’opera ovvero trasformarla da opera ora ad opera scritta o riprodotta;
- eseguire, rappresentare o recitare l’opera in pubblico;
- distribuire, mettere in commercio ovvero a disposizione di un pubblico l’opera;
- tradurre l’opera in un’altra lingua o dialetto;
- cedere in uso l’originale o copie o supporti di opere per un periodo di tempo limitato in funzione di un vantaggio economico o commerciale diretto o indiretto.
Come stabilisce l’articolo 19 l.d.a. tutti questi diritti sono indipendenti l’uno dall’altro e “l’esercizio di uno di essi non esclude l’esercizio esclusivo di ciascuno degli altri”.
L’autore dell’opera
Per quanto riguarda la tutela di chi deve rivendicare la paternità dell’opera si fa riferimento all’art. 8 l.d.a. Questa afferma che “È reputato autore dell’opera, salvo prova contraria, chi è in essa indicato come tale nelle forme d’uso, ovvero, è annunciato come tale nella recitazione, esecuzione, rappresentazione o radio-diffusione dell’opera stessa”.
L’autore dell’opera può modificarla fino a renderla anche radicalmente diversa da come è nata ed acquisire i diritti sulle modifiche. A stabilirlo è l’articolo 18 l.d.a che riconosce nel diritto di elaborare “tutte le forme di modificazione, di elaborazione e di trasformazione dell’opera…”.
Ai sensi dell’articolo 2582 c.c. l’autore ha il diritto, inalienabile e intrasmissibile, di ritirare l’opera dal commercio se vi sono gravi ragioni morali. In ogni caso deve indennizzare i soggetti che hanno acquistato i diritti di riprodurre, diffondere, eseguire, rappresentare o mettere in commercio l’opera medesima.
L’opera può anche essere frutto della creatività di più soggetti. In tal caso la titolarità del diritto d’autore spetterà a tutti i coautori ai sensi dell’art. 10 l.d.a. Il diritto infatti, in questo caso, è scisso in parti uguali, salvo accordo differente steso per iscritto dalle parti, e viene gestito secondo le regole previste per la comunione ordinaria (artt. 1100 e ss. c.c.). Non sono coautori coloro che hanno contribuito alla realizzazione dell’opera in via tecnica o materiale.
L’oggetto del diritto d’autore
L’articolo 2575 c.c. stabilisce che “Formano oggetto del diritto di autore le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”.
In primo luogo si chiarisce che per opera dell’ingegno si intende la trasformazione personale dell’idea in forma ovvero in qualcosa di concreto e materiale. La tutela del diritto d’autore è rivolta all’idea espressa in una determinata maniera attribuibile alla creatività dell’intelletto umano e non all’idea in sé singolarmente considerata né all’arte meccanica che la traduce in bene materiale. L’opera infatti si può dividere in due parti: quella astratta dell’idea e del suo modo unico di tradurla in bene materiale e quella che costituisce il suo corpo materiale. Tali parti vanno tenute ben distinte e possono costituire oggetto di diritti diversi anche posseduti da soggetti diversi.
In secondo luogo, ai fini dell’applicazione della disciplina, assume rilievo il carattere creativo dell’opera. Requisito confermato anche dall’articolo 1 l.d.a. che, dopo una definizione generale in linea con quella del codice civile sull’oggetto del diritto d’autore, individua agli articoli successivi al primo una serie di opere tutelate dalla legge. Sulla creatività la legge non fornisce specificazioni. Sul suo significato dunque ci si affida all’interpretazione della dottrina e della giurisprudenza. Più volte nella stessa sentenza (n. 22118/2015) la Corte di Cassazione ha sottolineato come la legge non intenda necessaria la creatività intesa in maniera assoluta nel suo significato proprio linguistico bensì siano sufficienti una “creatività minima e un valore artistico modesto”. Ai fini della tutela della l.d.a dunque è necessario che l’espressione dell’idea denoti in minima parte la personalità dell’autore.
Il concetto di creatività in sintesi
Una datata ma significativa sentenza che riassume in modo chiaro e conciso il concetto di creatività ai fini della l.d.a è la sentenza della Corte d’appello di Torino dello 07/04/2006.
I giudici hanno con tale sentenza hanno stabilito che “in tema di diritto d’autore il concetto giuridico di creatività cui fa riferimento la norma ex art. 1 l. 633/1941, non coincide con quello di creazione, originalità, e novità assoluta riferendosi per converso alla personale ed individuale espressione di un oggettività appartenente alle categorie elencate in via esemplificativa nell’art. 1 della legge citata, in modo che un’opera dell’ingegno riceva protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un sia pur minimo apporto di gratuità espressiva riconoscibile dai terzi quali libera modalità esteriore dell’oggettività (reale o immaginaria) rappresentata”.
Le opere tutelate e le opere collettive
L’articolo 2 l.d.a elenca una serie di opere tutelate dalla legge se possiedono il requisito della creatività. Si tratta in particolare di quelle:
- letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche, religiose, tanto in forma scritta quanto orale;
- sotto forma di composizioni musicali, con o senza parole, quelle drammatico-musicali e le variazioni musicali costituenti di per sé opera originale;
- coreografiche e pantomimiche, delle quali sia fissata la traccia per iscritto o altrimenti;
- della scultura, della pittura, dell’arte del disegno, della incisione e delle arti figurative similari, compresa la scenografia;
- costituite da disegni e opere dell’architettura;
- dell’arte cinematografica, muta o sonora, sempre che non si tratti di semplice documentazione protetta ai sensi delle norme del capo quinto del titolo secondo;
- fotografiche e quelle espresse con procedimento analogo a quello della fotografia sempre che non si tratti di semplice fotografia;
- costituite dai programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell’autore;
- costituite da banche di dati;
- del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico.
L’opera poi può essere collettiva ovvero essere formata dalla riunione di opere o di parti di opere caratterizzate da autonomia creativa. L’articolo 3 l.d.a., che le definisce, afferma tuttavia che devono essere “risultato della scelta e del coordinamento ad un determinato fine letterario, scientifico, didattico, religioso, politico od artistico”.
La durata del diritto d’autore
L’articolo 25 l.d.a. stabilisce “che i diritti di utilizzazione economica dell’opera durano tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte“. Spettano pertanto agli eredi nei 70 anni successivi alla morte dell’autore.
Se ci sono più autori dell’opera tuttavia, o se l’opera è drammatico-musicale, coreografica e pantomimica la durata dei diritti di utilizzazione economica si calcola ai sensi dell’art. 26 l.d.a. La loro durata si estenderà fino al settantesimo anno dopo la morte dell’ultimo coautore/collaboratore.
Se l’opera è collettiva, ai sensi dell’art. 3 l.d.a., i diritti di utilizzazione economica di ciascun collaboratore si determinano in base alla vita di ciascuno. La durata dell’opera considerata nel complesso è di settant’anni dalla sua prima pubblicazione in qualunque forma questa sia avvenuta.
Lo stesso calcolo della durata è previsto per le opere pubblicate in forma anonima o pseudonima. Il diritto di utilizzazione economica invece dura fino ai settant’anni dalla morte dell’autore se costui si rivela prima che siano passati i settant’anni dalla prima pubblicazione.
L’opera tuttavia può anche essere pubblicata dopo la morte del suo autore. In questo caso i diritti di utilizzazione economica spettano sempre per la durata di settant’anni a partire dalla sua morte. Se invece l’opera viene pubblicata a tutela del diritto d’autore già estinta e prima non era mai stata pubblicata i diritti di utilizzazione economica spettano per i 25 anni successivi da tale prima pubblicazione lecita.
Una volta raggiunto il termine dei diritti di utilizzazione economica l’opera cessa il diritto di esclusiva e l’opera può essere utilizzata da chiunque anche in assenza di espresso consenso da parte degli eredi o aventi causa dell’autore.
La tutela giudiziale dei diritti di utilizzazione economica
La legge sul diritto d’autore mette a disposizione dell’autore dell’opera due strumenti per tutelare il proprio diritto in caso di sospetta o avvenuta violazione.
Nel primo caso, ovvero quando la violazione è temuta, l’autore può agire in giudizio chiedendo l’accertamento del proprio diritto e la pronuncia del divieto di proseguire la violazione. Si parla in questo caso di azione di accertamento.
Nel secondo caso, quando la violazione è già stata posta in essere e l’autore desidera impedirne la continuazione o la ripetizione può agire in giudizio con i medesimi effetti suindicati. Questa è l’azione di interdizione.
Tali azioni a tutela dei diritti di utilizzazione economica sono previste all’articolo 156 l.d.a. che rimanda alle disposizioni del codice di procedura civile per l’ulteriore regolamentazione delle azioni.
Sono previste inoltre le azioni di rimozione e distruzione agli artt. 158, 159 e 160 l.d.a. e il risarcimento del danno all’art. 158 della medesima legge.