Il sequestro preventivo pensione – indice:
Il d.l. 83/2015 è intervenuto a modificare l’art. 545 c.p.c. e a garantire il minimo vitale quando l’accredito della pensione ha luogo in data anteriore al pignoramento, fatti salvi i limiti che concernono accrediti successivi. Una norma che – afferma la recente pronuncia n. 13422/2019 della Corte di Cassazione – è ben applicabile anche in materia di sequestro preventivo.
Dunque, per i giudici della Suprema Corte è ammissibile il sequestro preventivo della pensione, ma a patto che si lasci un importo non inferiore ad almeno il triplo dell’assegno sociale a carico di chi accredita sul conto corrente solo i ratei di pensione che rappresentano l’unica fonte di reddito.
Insequestrabilità somma oltre la quota pignorabile
Con la pronuncia ora in esame, gli Ermellini accolgono il ricorso di un’anziana signora che aveva contestato il sequestro preventivo del saldo del conto corrente su cui erano confluiti i ratei della propria pensione. Per la signora, infatti, la somma che eccede la quota pignorabile del rateo pensionistico sarebbe insequestrabile, a fronte del fatto che sul conto corrente sono confluite solamente le somme relative alle prestazioni pensionistiche da parte dell’ente previdenziale.
Commentando la vicenda, i giudici rammentano in prima battuta come anche nell’ipotesi di sequestro preventivo si possano applicare i principi ben noti, dettati da norme speciali in materia di limiti di pignorabilità e di sequestrabilità di somme che sono rivenienti da trattamenti di natura retributiva e pensionistica, e che sono volte ad assicurare il rispetto dei diritti inalienabili della persona.
Il minimo vitale
Il provvedimento si concentra poi nel ricostruire alcuni interventi da parte della Corte Costituzionale in materia di minimo vitale. Interventi tali da giustificare i limiti all’azione di rivalsa dei creditori, sebbene di definizione incerta, tanto da essere rimesso alla valutazione del giudice dell’esecuzione in assenza di parametri ben definiti.
Nella sentenza la Suprema Corte richiama poi la formulazione attuale dell’art. 545 c.p.c., secondo cui – nella parte a noi di maggiore interesse – alcune somme tra quelle che sono dovute a titolo di pensione, di indennità in luogo di pensione, di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o conto postale intestato al debitore, possono essere oggetto di pignoramento. Il pignoramento è valido però solo per l’importo che eccede il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento.
E nel caso in cui invece l’accredito abbia luogo in data successiva, o alla data del pignoramento? In questo caso, le somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, dal quarto, dal quinto e dal settimo comma dello stesso art. 545 c.p.c., e dalle speciali disposizioni di legge. Sarà dunque parzialmente inefficace quel pignoramento che viene eseguito in violazione dei divieti e oltre i limiti che sono previsti dalla norma e dalle speciali disposizioni di legge.
Vi è pertanto una sostanziale, non marginale, distinzione introdotta dalla riforma. Ovvero, la distinzione tra la nozione di credito e quella di risparmio. L’introduzione di un diverso limite per le due tipologie disciplina diversi approcci, a seconda che il pignoramento avvenga dopo l’accredito, o contestualmente, oppure in un tempo precedente.
Limiti del sequestro preventivo della pensione
Giungiamo infine all’ultima parte delle motivazioni della Suprema Corte, secondo cui la soglia che viene stabilita in materia di impignorabilità dalla nuova formulazione dell’art. 545 c.p.c., può essere esteso anche al sequestro preventivo, proprio in ragione della tutela dei diritti inviolabili e della garanzia del minimo vitale.
A margine di quanto sopra, anche nel caso in cui ora si sta esprimendo la Suprema Corte, in caso di accrediti effettuati prima dell’apposizione del vincolo, deve essere assicurato il minimo previsto dalla legge.
La misura del minimo vitale non potrà essere inferiore al triplo dell’assegno sociale. E, in tale ambito, non dovrà assumere rilievo la confusione con il restante patrimonio nell’ambito del conto corrente. A patto, naturalmente, che sia attestata la causale dei versamenti.
Nella fattispecie di cui si sono occupati gli Ermellini, la signora ha effettivamente dedotto che sul conto erano accreditati solamente i ratei di pensione. E che dunque tale era l’unica propria fonte di reddito. Il Tribunale non si è però confrontato con questa specifica deduzione, dando così rilievo alla confusione intervenuta con il restante patrimonio.
Rimane pertanto necessario – concludono i giudici della Suprema Corte – andare a verificare la causale degli accrediti. Così facendo, si potrà assicurare, a fronte degli accrediti anteriori all’apposizione del vincolo, almeno una somma non inferiore al triplo dell’assegno sociale. Rimangono evidentemente fatti salvi i limiti riguardanti gli accrediti successivi.