La pignorabilità dei crediti da parte dell’INPS – indice:
- Pignoramento somme da parte dell’INPS
- Pignoramento sul saldo del conto corrente
- Discrimine temporale sulle regole di pignoramento
- Pignorabilità delle somme in conto corrente prima della riforma
Con sentenza n. 26042/2018, la Corte di Cassazione ha compiuto qualche interessante chiarimento sui limiti di pignorabilità dei crediti, in riferimento alle somme state versate dall’INPS e, in particolare, sull’ipotesi in cui l’INPS verifichi che il contribuente abbia percepito somme di cui non aveva diritto, e dunque l’ente previdenziale agisca in veste di creditore, cercando di rifarsi sul conto corrente del debitore.
Come noto, però, queste somme possono essere pignorabili solamente entro i limiti previsti (il “quinto”). Quale soluzione?
Pignoramento somme da parte dell’INPS
Iniziamo con il ricordare che nella fattispecie in esame la Corte d’Appello aveva definito come legittimo il pignoramento eseguito dall’INPS sul conto corrente del debitore, al fine di recuperare la sola parte eccedente l’importi non pignorabile per legge.
La Corte territoriale, esclusa ogni possibilità di confusione patrimoniale per la connotazione omogenea delle somme accreditate, riteneva permanere sul denaro accreditato lo stesso vincolo giuridico della parziale impignorabilità, con i limiti di cui si è più volte detto su questo sito.
Secondo la Corte, infatti, sarebbe stato legittimo il pignoramento del saldo attivo del conto solo per la quota eccedente un rateo mensile delle pensioni fruite dal debitore esecutato. Una conclusione che però l’INPS ha respinto, poiché le limitazioni al pignoramento previste dal codice di rito varrebbero solo per il pignoramento eseguito presso l’ente erogatore del trattamento pensionistico.
Dunque, per l’ente non possono valere le conclusioni della Corte nel caso in cui il pignoramento sia stato eseguito presso l’istituto bancario o altro ente, con cui il debitore intrattiene un rapporto di conto corrente, poiché in questo caso il titolo pensionistico originario verrebbe meno, e il credito del debitore pignoramento non sarebbe altro che il credito alla restituzione delle somme depositate, che troverebbe titolo nel rapporto di conto.
Ancora, per l’ente previdenziale proprio l’accredito sul conto corrente dei soli emolumenti pensionistici del debitore, ha fatto sì che sul conto potessero rinvenirsi somme anche ingenti, frutto del risparmio accumulato nel tempo, escludendo così la prevalenza della protezione delle esigenze di sussistenza del debitore pensionato, sulle ragioni del creditore.
Pignoramento sul saldo del conto corrente
La Corte di Cassazione compie a questo punto un’analisi sull’evoluzione della normativa, ricordando innanzitutto come le somme che sono dovute dal debitore pensionato, una volta che sono transitate sul proprio conto corrente, si confondono con quest’ultimo e dunque non sono applicabili le limitazioni di pignoramento. In altri termini, una volta che l’INPS ha versato sul conto corrente del pensionato le somme, queste perdono la loro identità di crediti pensionistici, e dunque non possono più rivestire la protezione di minimo vitale.
In modo ancora più specifico, la Suprema Corte rammenta come il credito per il saldo di conto corrente, anche se è costituito da sole rimesse pensionistiche, non gode dell’impignorabilità prevista invece – ad esempio – per i crediti che sono vantati direttamente nei confronti dell’istituto di previdenza.
Gli Ermellini non dimenticano ovviamente di aggiornare tali valutazioni con quanto avvenuto dopo l’introduzione del d.l. 83/2015, che ha stabilito come le somme dovute a titolo di pensione, di indennità in luogo della pensione, di assegni di quiescenza, nell’ipotesi di accredito su conto bancario o su conto postale intestato al debitore, possono comunque essere oggetto di pignoramento, ma solo per l’importo che eccede il triplo dell’assegno sociale, e solo se l’accredito ha luogo in dato anteriore al pignoramento.
Se invece l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o in data successiva, le somme possono essere pignorate nei limiti previsti dall’art. 545 c.p.c. e dalle altre specifiche disposizioni di legge, violate le quali il pignoramento diventa parzialmente inefficace, con l’inefficacia che può essere rilevata anche d’ufficio.
In altre parole, dopo la riforma del 2015, il legislatore ha introdotto il principio per cui l’operazione contabile di accreditamento della pensione su conto corrente intestato al creditore fa comunque conservare la funzione connessa al titolo previdenziale, a patto che le somme siano accreditate direttamente dall’ente previdenziale, con chiara causale.
Discrimine temporale sulle regole di pignoramento
Come più volte abbiamo sottolineato sul nostro sito, il legislatore ha fatto chiarezza sull’argomento indicando un discrimine temporale per l’applicazione delle regole della riforma del 2015, con particolare riferimento alle procedure esecutive che sono iniziate dopo la data di entrata in vigore del d.l.
Ad ogni modo, anche per le vicende che non rientrano, a causa del discrimine temporale, nella nuova disciplina, è bene rammentare come l’esclusione dell’impignorabilità parziale relativa non può certamente precludere la tutela dei principali bisogni collegati alle esigenze di vita del soggetto pignorato.
Da quanto sopra ne deriva come l’individuazione e la modalità di salvaguardia della parte di pensione necessaria per assicurare al beneficiario dei mezzi adeguati alle sue esigenze di vita, è riservata all’esclusiva discrezionalità del legislatore, che ha dunque il compito di razionalizzare il quadro normativo in coerenza con i precetti della Carta costituzionale.
Per gli Ermellini, inoltre, non sarebbe efficace un’interpretazione di tipo estensivo, considerato che i limiti alla pignorabilità dei beni del debitore sono deroghe al principio generale della responsabilità patrimoniale, previste dalla legge e non suscettibili di un’interpretazione per via analogica.
Pignorabilità delle somme in conto corrente prima della riforma
Concludiamo ricordando come, considerato che alla vicenda in esame non è stato possibile applicare la disciplina post-riforma, abbia trovato spazio la disciplina ante-riforma, il cui quadro normativo prevede che con il versamento delle somme dovute a titolo pensionistico sul conto corrente si è sostanzialmente verificata l’estinzione pro rata del rapporto obbligatorio che sussiste tra il pensionato e il terzo debitore del trattamento economico.
In altri termini, precisano ancora i giudici della Suprema Corte, il denaro versato in conto segue le regole del deposito irregolare e diviene di proprietà dell’istituto di credito, con nascita di un diverso rapporto obbligatorio tra la banca e il depositario / correntista.
Ne consegue infine la pignorabilità indistinta delle somme giacenti sul conto corrente ex art. 2740 c.c., considerato che sulla base di tale quadro normativo il saldo attivo di conto corrente non prevede limiti di pignorabilità che dipendono dalle cause che diedero origine agli accrediti.