Il pignoramento dello stipendio – indice:
Il pignoramento dello stipendio è uno degli strumenti che il legislatore pone a disposizione del creditore che cerca di soddisfare le proprie pretese nei confronti del debitore. Uno strumento invero condito di particolari specificità, considerato che lo stesso legislatore sottopone questa procedura a limiti piuttosto ferrei, che mirano a garantire la sostenibilità della vita del debitore. Vediamoli insieme.
Procedura del pignoramento dello stipendio
Rimandando agli altri nostri approfondimenti sul pignoramento per maggiori informazioni, iniziamo con il rammentare come lo stipendio possa essere pignorato in due distinti momenti, non concomitanti (cioè, il creditore dovrà scegliere tra l’uno o l’altro).
Il primo momento è quello antecedente al versamento dello stipendio (accredito) al dipendente. In questo caso, come intuibile, l’atto di pignoramento dovrà essere notificato sia al debitore che al datore di lavoro, che procederà alla trattenuta e accrediterà al dipendente, alla fine del mese, la retribuzione al netto dell’importo pignorato dal creditore. Il secondo momento è invece quello successivo all’accredito dello stipendio sul conto corrente: in questo caso l’atto andrà notificato all’istituto di credito (banca / posta), oltre che al debitore.
In entrambi i casi, siamo nell’orbita del pignoramento presso terzi, di cui ci siamo occupati qualche giorno fa.
L’iter del pignoramento dello stipendio
Senza riapprofondire la procedura che esponemmo a suo tempo, possiamo proficuamente rammentare come l’iter parta dall’atto di pignoramento, ovvero un atto che il legale del creditore consegna all’ufficiale giudiziario del tribunale competente, e che questi notificherà al debitore e al datore di lavoro / istituto di credito, a seconda delle scelte del creditore.
A questo punto, non appena il datore di lavoro riceve l’atto di pignoramento, dovrà procedere ad effettuare una trattenuta sullo stipendio, nei limiti previsti: come risulta già intuibile da queste poche righe e dalle premesse del nostro odierno focus, non tutto lo stipendio potrà essere pignorato, ma solamente una minoritaria sua parte.
Il datore di lavoro dovrà inoltre dichiarare al creditore l’ammontare della busta paga, entro 10 giorni, tramite raccomandata o PEC, specificando di quali somme è debitore e quando deve essere eseguito il pagamento. Nel caso in cui il datore di lavoro non fornisca risposta, il creditore può chiedere un rinvio per poterlo fare comparire direttamente all’udienza. A quel punto il giudice prenderà atto della dichiarazione dell’azienda in sede di udienza, e provvederà ad assegnare le somme al creditore.
Per quanto ovvio, l’iter si comporrà degli stessi tasselli nel caso in cui il pignoramento presso terzi avvenga non presso il datore di lavoro, bensì presso l’istituto di credito su cui viene mensilmente versato lo stipendio.
Limiti del pignoramento dello stipendio
Lo stipendio non può essere integralmente pignorato ma, secondo la regola generale, può essere utile per poter soddisfare le pretese del creditore fino a un massimo del quinto. Sono tuttavia previste numerose eccezioni che rendono questa regola più flessibile: vediamole insieme, separando il caso di pignoramento dello stipendio in azienda da quello del pignoramento dello stipendio presso l’istituto di credito.
Per quanto concerne il pignoramento dello stipendio in azienda, la regola generale prevede che il pignoramento non possa essere superiore al 20% dello stipendio (ovvero a un suo quinto). L’importo dovrà essere calcolato tenendo in considerazione la retribuzione netta in busta paga, ovvero quella al netto delle ritenute previdenziali e fiscali.
Tuttavia, se sullo stesso stipendio sono a valere più atti di pignoramento, da parte di diversi soggetti creditori, varrà la regola dell’accordo. In altri termini, i creditori che sono successivi al primo creditore procedente, dovranno attendere che il primo sia soddisfatto per poter essere destinatari dei pagamenti del quinto.
Se però i debiti sorgono da cause diverse, e il pignoramento è contemporaneo, si può alzare il limite di pignorabilità fino a un mezzo: i casi sono però piuttosto limitati, visto e considerato che devono sussistere contemporanee cause per imposte, alimenti, debiti commerciali, e così via.
Il pignoramento per crediti alimentari
A proposito di pignoramento dello stipendio per alimenti, la legge prevede che nel caso in cui il debito sorga per questa causa, il limite può essere elevato a un terzo. Bisogna però fare attenzione a cosa si intende per “alimenti”: non si tratta infatti degli importi da corrispondere all’ex coniuge (mantenimento) bensì degli importi dovuti a familiari per la loro sopravvivenza, quando costoro sono nell’impossibilità (per salute) di mantenersi e, dunque, sopravvivere.
Altri limiti particolari valgono nei confronti del pignoramento dello stipendio per tasse dovute a Stato e enti territoriali. In questo caso il limite massimo è di un quinto, ma se il debito è ricondotto in una cartella esattoriale già notificata dall’agente per la riscossione, allora sono previsti ulteriori limiti di pignoramento, pari a un decimo se lo stipendio non supera 2.500 euro, un settimo se lo stipendio non supera i 5.000 euro, un quinto se lo stipendio supera i 5.000 euro.
Il pignoramento in banca o alle poste
Infine, occupiamoci brevemente dell’ipotesi di pignoramento dello stipendio in banca o alle poste. In questo caso valgono infatti delle regole diverse, che di seguito andiamo brevemente a riassumere:
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- nel caso in cui lo stipendio sia accreditato in via anteriore al pignoramento (cioè, lo stipendio è già depositato sul conto nel momento in cui alla banca arriva la notifica dell’atto di pignoramento), è pignorabile solo l’importo che eccede il triplo dell’assegno sociale;
- nel caso in cui lo stipendio sia accreditato successivamente al pignoramento, è pignorabile l’intero stipendio nel limite della misura autorizzata dal tribunale per i crediti alimentari, o di un quinto per ogni altro credito, o ancora fino alla metà dello stipendio per il concorso di più cause creditorie.