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Home » Civile » Matrimonio » L’assegnazione della casa familiare: i presupposti e gli interessi tutelati

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L’assegnazione della casa familiare: i presupposti e gli interessi tutelati

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it L’assegnazione della casa familiare: i presupposti e gli interessi tutelati
Assegnazione casa familiare
Avv. Beatrice Bellato

L’assegnazione della casa familiare – indice:

  • Cos’è la casa familiare
  • Presupposti
  • Affidamento e collocamento
  • Gli scopi
  • La trascrizione e l’opponibilità
  • La cessazione del diritto

Il tema dell’assegnazione della casa familiare è stato riformato ad opera del Decreto Legislativo 154 del 2013. Questa legge ha introdotto l’articolo 337-sexies del codice civile, che recita come “Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli”. Questo è infatti il principio generale che guida l’intera norma.

Cos’è la casa familiare e quando viene assegnata

La giurisprudenza ha dato una definizione abbastanza ampia di casa familiare. Di essa non fa parte solo l’immobile all’interno del quale si svolge la vita familare, ma anche i mobili, gli arredi, i servizi e le pertinenze della stessa. Non fanno parte della casa familiare invece i beni strettamente personali dei coniugi (Cassazione 7865 del 1994).

In assenza e in presenza di figli: i presupposti dell’assegnazione

Il presupposto dell’assegnazione della casa familiare è in primo luogo il collocamento (non già l’assegnazione) presso il coniuge dei figli. L’articolo 337-sexies tace in merito all’assegnazione della casa familiare in assenza di figli. Questo silenzio della norma rende assai rara l’ipotesi di assegnazione in assenza di figli al coniuge non proprietario o non titolare di diritti sull’immobile. Un’ipotesi di questo tipo potrebbe forse verificarsi nel caso in cui l’assegnatario sia affetto da patologie o infermità particolari. La Corte di Cassazione (Sentenza 1198 del 2006) non ritiene necessario ai fini dell’assegnazione della casa familiare che i figli siano minorenni benché non autosufficienti senza colpa ma conviventi con i genitori.

In caso di affidamento congiunto o di affidamento esclusivo all’altro coniuge

La prassi giurisprudenziale tende ad assegnare nella maggior parte dei casi la casa familiare al coniuge affidatario esclusivo. Nel caso in cui l’affidamento dei figli sia congiunto il giudice dovrà avere riguardo al titolo di proprietà od ai diritti di ciascun coniuge in capo all’immobile. Solitamente la casa familiare viene assegnata anche al coniuge che sia semplice collocatario prevalente (cioè nel caso sia stabilito che i figli vivano prevalentemente con esso) della prole, anche ove l’affidamento sia congiunto. La dottrina dominante ritiene che non sia possibile assegnare la casa coniugale al coniuge che non sia né affidatario, né collocatario né titolare di alcun diritto reale sull’immobile.

Lo scopo dell’assegnazione della casa familiare

Lo scopo dell’assegnazione non è quindi quello di tutelare in sede di separazione giudiziale (o divorzio) la posizione del coniuge debole. Ad avviso della giurisprudenza l’assegnazione della casa coniugale non è una componente patrimoniale facente parte delle obbligazioni coniugali. Lo scopo è quello di tutelare l’interesse dei figli a vivere e crescere nell’ambiente in cui sono stati abituati a vivere. La separazione è infatti ritenuta un trauma per la prole, e il giudice ha il compito di mitigarne gli effetti con un sapiente utilizzo dello strumento in questione. Ai sensi dell’articolo 337-sexies del codice civile tuttavia, “dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà”.

La trascrizione dell’assegnazione ai sensi dell’articolo 2643: diritto reale o diritto personale di godimento?

L’articolo 337-sexies stabilisce come l’assegnazione della casa familiare debba essere trascritta ai sensi dell’articolo 2643 del codice civile. La trascrizione del provvedimento ha il fine di rendere opponibile a terzi il diritto dell’assegnatario. La trascrizione di questo diritto non lo rende però un diritto reale, come parte della dottrina ha sostenuto. Il diritto dell’assegnatario deve infatti essere considerato come diritto personale di godimento (Così Cassazione 17843 del 2016). La trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa familiare non può essere opposta al creditore ipotecario che abbia iscritto sull’immobile un’ipoteca anteriormente. La Cassazione (Sentenza 7776 del 2016) ha quindi stabilito che l’ipoteca prevale sull’assegnazione. In caso di ipoteca anteriore dunque, l’immobile potrà essere sottoposto ad esecuzione come “libero”.

Quando cessa il diritto dell’assegnazione della casa familiare

Il primo comma dell’articolo 337-sexies specifica in quali ipotesi avviene la cessazione del diritto in questione. “Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso in cui l’assegnatario non abiti a cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio“.

La ratio di questa disposizione è facilmente individuabile. Una nuova convivenza, un abbandono della casa o un nuovo matrimonio non possono infatti che far venir meno i presupposti “di continuità” sottesi all’assegnazione. L’habitat abitudinario della prole verrebbe meno e con esso viene meno la finalità della norma.

Un’altra ipotesi in cui può essere chiesta la revoca è la cessazione della convivenza da parte della prole con il genitore assegnatario. Ad avviso della Cassazione tuttavia (Sentenza 14348 del 2012) la cessazione della convivenza deve essere definitiva ed “irreversibile”.

Avv. Bellato – diritto di famiglia e matrimoniale, separazione e divorzio

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