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Home » Civile » Contrattuale » Il preliminare di vendita ad effetti anticipati – una guida rapida

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Il preliminare di vendita ad effetti anticipati – una guida rapida

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Il preliminare di vendita ad effetti anticipati – una guida rapida
preliminare vendita effetti anticipati
Avv. Beatrice Bellato

Il preliminare di vendita ad effetti anticipati – indice:

  • Cos’è
  • Quali problemi sorgono
  • La sentenza più nota
  • Il principio di diritto
  • Le tesi contrarie

Nelle compravendite immobiliari è piuttosto frequente l’abitudine di stipulare un contratto preliminare di vendita che abbia effetti anticipati.

Ovvero, a differenza di quanto ci si aspetterebbe con un preliminare di compravendita, vengono previste una serie di conseguenze giuridiche chiamate – appunto – ad effetti anticipati, che possano permettere a entrambe le parti (e soprattutto a quella acquirente) di poter soddisfare delle proprie specifiche esigenze. Ma quali?

In questo approfondimento sul preliminare di vendita ad effetti anticipati cercheremo di comprendere:

  • come funziona questo strumento,
  • quali siano le finalità conseguibili mediante tale strumento giuridico,
  • come si è espressa la giurisprudenza,
  • quale sia la tesi prevalente quelle minoritarie.

Indice:

  • 1 Cos’è il preliminare di vendita ad effetti anticipati
  • 2 Che problemi sorgono
  • 3 La sentenza più nota sul preliminare a effetti anticipati: Cass. 27 marzo 2008, n. 7930
  • 4 Il principio di diritto
  • 5 Le tesi contrarie al preliminare ad effetti anticipati

Cos’è il preliminare di vendita ad effetti anticipati

Il preliminare di vendita ad effetti anticipati è un rapporto negoziale con cui si producono effetti giuridici in maniera anticipata rispetto a quelli che ci si sarebbe potuto attendere da un simile contratto se non avesse avuto un richiamo esplicito all’anticipazione di alcune conseguenze giuridiche.

Si pensi, giusto per citare il caso più comune, a un preliminare di compravendita che permette all’acquirente di poter entrare nell’immobile ancora prima che si perfezioni il passaggio della proprietà del bene immobile.

Può infatti capitare, ad esempio, che l’acquirente manifesti l’impossibilità di poter usufruire di altri alloggi. E, dunque, della preferenza a poter dimorare nella res oggetto di preliminare ancora prima del perfezionamento del contratto di trasferimento della proprietà.

Ancora più frequentemente, si pensi all’ipotesi in cui il proprietario acquirente desideri poter svolgere dei lavori di ristrutturazione nell’appartamento. Grazie al preliminare di vendita ad effetti anticipati sarà dunque possibile entrare nell’appartamento prima del trasferimento di proprietà. Riuscendo così a “portarsi” un po’ avanti rispetto ai tempi che sarebbero altrimenti previsti.

Che problemi sorgono

Le righe di cui sopra dovrebbero essere relativamente rassicuranti per entrambe le parti.

D’altronde, attraverso il preliminare di vendita ad effetti anticipati si finisce con il caratterizzare in maniera ancora più personalizzata l’intera operazione che poi condurrà al trasferimento della proprietà del bene, andando a soddisfare delle specifiche esigenze.

Peraltro, non ci sarebbe alcun problema nell’ammettere che il proprietario acquirente possa recarsi temporaneamente nell’appartamento per poter valutare, insieme ai propri tecnici, quali sono i lavori da fare.

Così come, in fondo, non c’è niente di male se le parti concordano la possibilità di lasciar dimorare temporaneamente il proprietario acquirente. Magari, in attesa che si perfezioni il contratto di trasferimento della proprietà del bene immobile, se questi – come sopra abbiamo ipotizzato – non sia in grado di dimorare altrove.

I problemi con questo strumento giuridico sorgono tuttavia nell’ipotesi in cui… le cose vadano per le lunghe.

Ovvero, quali sono le conseguenze di un continuo rinvio del contratto di trasferimento di proprietà?

Che cosa succede se le parti non arrivano in tempi rapidi alla stipula della vendita definitiva?

Di tutto ciò si è naturalmente occupata la giurisprudenza, verso la quale ora compiremo una serie di richiami finalizzati a comprendere nel dettaglio come dirimere ogni eventuale divergenza.

La sentenza più nota sul preliminare a effetti anticipati: Cass. 27 marzo 2008, n. 7930

Prima della sentenza ora in commento, le perplessità che abbiamo riepilogato nello scorso paragrafo erano piuttosto ricorrenti.

In particolare, il dubbio principale era quello di individuare o meno in capo al promissario acquirente beneficiario degli effetti anticipati (per le motivazioni sopra anticipate, o altre), la qualifica di possessore.

Dunque, trascorso ininterrottamente il termine di 20 anni di tempo, potrebbe potenzialmente essere spesa la qualifica di possessore ai fini dell’esercizio dell’usucapione.

Evidentemente, per poter arrivare ad una valutazione compiuta in tal senso, bisogna comprendere quale sia la natura del rapporto che sorge dalla stipula di un contratto preliminare di vendita immobiliare con effetti anticipati cui però non segua la redazione del contratto definitivo.

Ora, in questo contesto, si noti come più volte la giurisprudenza si sia pronunciata su questo termine, e come costituisca un perno fondamentale di tutta la discussione il principio di diritto che è stato enunciato con la sentenza in paragrafo.

Il principio di diritto

Secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 7930 del 27 marzo 2008,

nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori. Pertanto, la relazione con la cosa, da parte del promissorio acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile “ad usucapionem” salvo la dimostrazione di un’intervenuta “interversio possessionis” nei modi previsti dall’art. 1141 cod.civ.”

Insomma, secondo la Suprema Corte è possibile escludere che l’immissione nella disponibilità del bene da parte del promissario acquirente sia utile ai fini dell’acquisto della proprietà per usucapione. Affermando invece che si tratta di mera detenzione.

In altri termini ancora più chiari, la materiale disponibilità del bene ha una natura di “detenzione qualificata”. Una detenzione che potrà essere esercitata nel proprio interesse, ma che sarà estranea al possesso utile ai fini dell’usucapione.

Le tesi contrarie al preliminare ad effetti anticipati

Ad ogni modo, non tutti gli autori sono concordi con questa visione, con la quale però si concorda.

Secondo alcuni, infatti, in sede di contratto preliminare di compravendita immobiliare, se si verifica la consegna immediata del bene prima della stipula del contratto definitivo, si realizza una effettiva anticipazione degli effetti traslativi. E, dunque, si finisce con l’attribuire al promissario acquirente la qualità di possessore ad usucapionem.

Tale approccio interpretativo è, comunque, oggi giorno minoritario.

Trova invece più ampio accoglimento quanto già pronunciato dalle Sezioni Unite nella sentenza in commento. Laddove, ad esempio, si stabilisce che nella promessa vendita, se avviene la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi. La disponibilità che è conseguita dal promissario acquirente si fonda infatti sull’esistenza di un contratto di comodato che è funzionale a quello preliminare.

Si realizza in tal modo una mera detenzione, e non un possesso utile ad usucapionem.

Avv. Bellato – diritto civile e contrattuale

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