Notifica cartella con PEC senza firma digitale – guida rapida
- Il ricorso per notifica a mezzo PEC della cartella esattoriale
- La firma digitale non è necessaria
- La relata di notifica in bianco
- La motivazione della cartella di pagamento
Con sentenza n. 113 del 23 gennaio 2024, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana è intervenuta sul tema della cartella di pagamento notificata a mezzo PEC, sancendo che la copia informatica di tale documento, originariamente cartaceo, è validamente notificata tramite posta elettronica certificata senza che sia necessario apporre firma digitale.
Il ricorso per notifica a mezzo PEC della cartella esattoriale
Il caso trae origine dal ricorso alla commissione tributaria provinciale da parte di una società a responsabilità limitata, in qualità di contribuente, con cui impugnava la cartella di pagamento relativa ad imposta IVA e IRAP per gli anni 2016-2017, notificata a mezzo PEC.
In sintesi, il ricorrente affermava che, siccome la cartella di pagamento inviatagli tramite PEC non era sottoscritta digitalmente, questo vizio rendesse inesistente la notificazione.
La commissione tributaria di prime cure respingeva però il ricorso con condanna alle spese processuali della contribuente. La società proponeva allora appello avverso la decisione, reiterando le proprie doglianze.
Si costituiva l’Ufficio appellato, contestando quanto affermato, allegato e dedotto, con richiesta di conferma della sentenza impugnata ed istanza di condanna della controparte per lite temeraria.
La firma digitale non è necessaria
Per la Corte tributaria di secondo grado l’appello è infondato.
In particolare, in relazione alla censura per omessa sottoscrizione della cartella di pagamento inviata via PEC, la Corte di secondo grado sottolineava come correttamente il giudice di prime cure avesse ravvisato come la cartella di pagamento notificata a mezzo PEC non deve essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso.
Di fatti, la cartella di pagamento non deve essere necessariamente sottoscritta da parte del funzionario competente, posto che l’esistenza dell’atto non dipende tanto dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, bensì dal fatto che l’atto sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo.
I giudici di seconde cure ricordano in proposito che, a norma dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, la cartella – in qualità di documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli – deve essere predisposta secondo l’apposito modello approvato con decreto ministeriale, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice.
Di tale parere anche alcune pronunce giurisprudenziali molto recenti, come la sentenza Cass. n. 28852/2023, con cui la Corte di Cassazione ha ribadito che
la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. “atto nativo digitale”), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. “copia informatica”)
ovvero, in un file in formato pdf, con l’ulteriore precisazione che
nessuna norma di legge impone che la copia su supporto informatico della cartella di pagamento in origine cartacea, notificata dall’agente della riscossione tramite PEC, venga poi sottoscritta con firma digitale.
La relata di notifica in bianco
È respinto anche il secondo motivo di appello, con cui la società contribuente si lamenta dell’inesistenza della notifica della cartella di pagamento, considerato che la cartella sarebbe stata notificata a mezzo PEC con relata di notifica in bianco.
Anche in questo caso però la Corte di secondo grado ritiene corretta la decisione impugnata, evidenziando come
l’art. 26, secondo comma, d.p.r. n. 602/73 stabilisce che la notifica della cartella può essere eseguita a mezzo PEC all’indirizzo del destinatario “risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata UNI-PEC”, disponendo che, in tal caso, si applicano le disposizioni dell’art. 60 del d.p.r. n. 600/73. Le norme appena richiamate non contemplano la compilazione di una relata di notifica da parte dell’esecutore. Tanto si giustifica in ragione della specificità di questa modalità di notifica che non richiede la presenza di un ufficiale notificatore.
Col terzo motivo d’impugnazione la contribuente denunciava poi l’inesistenza della notifica dell’atto impugnato per carenza di sottoscrizione della relata di notifica.
In questo senso, l’infondatezza della censura si evince da quanto già motivato precedentemente, su cui pertanto non si ritorna in questa sede. Ci si limita a rammentare che è oramai ben risaputo che per la notifica a mezzo PEC la prova di avvenuta notifica è data con il deposito delle ricevute di accettazione e consegna (file .eml), quest’ultima contenente l’atto allegato in formato digitale nativo.
La motivazione della cartella di pagamento
È infondato anche il quarto motivo, legato all’omessa motivazione della cartella di pagamento, poiché la cartella emessa a fronte di autoliquidazione effettuata in base alle dichiarazioni fiscali rese dal contribuente assolve l’obbligo di motivazione della cartella mediante il richiamo a tali dichiarazioni.
Pertanto, la sentenza di primo grado avrebbe correttamente affermato come
poiché nel caso di specie la cartella di pagamento si è semplicemente basata sulle dichiarazioni della società contribuente, limitandosi a liquidare l’imposta sui dati forniti dalla stessa società, senza avanzare pretese ulteriori, l’obbligo di motivazione della cartella ben poteva essere assolto mediante il mero richiamo alle dichiarazioni.
La giurisprudenza di legittimità ha in tal senso più volte chiarito come la cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il “quantum” del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per quanto, di conseguenza, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione.