Le offese via mail: quando è reato – indice:
L’email offensiva inviata a più persone, con il destinatario dell’offesa in copia, non sempre è sufficiente per poter configurare il reato di diffamazione.
A rammentarlo è la sentenza n. 55386/2018, secondo cui affinché sussista l’ipotesi di reato sarà necessario provare che il messaggio di posta elettronica sia stato effettivamente recapitato alle persone terze indicate come ulteriori destinatari dal mittente, o da queste “scaricate”, ovvero trasferite sul dispositivo dell’utente in indirizzo.
Dunque, la semplice presenza degli indirizzi di posta elettronica dei destinatari non sarebbe sufficiente per dare per certa la ricezione del messaggio contenente l’offesa.
Il reato di diffamazione nelle offese via mail
Nelle proprie motivazioni, gli Ermellini ricordano innanzitutto che cosa sia il reato di diffamazione.
La diffamazione èreato di “evento”, che si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l’espressione offensiva.
Partendo da tale assunto, la Suprema Corte ribalta le considerazioni cui sono giunti i giudici di merito. E, dunque, definiscono apodittica la sentenza impugnata dal ricorrente nella misura in cui in merito al requisito della comunicazione con più persone, si limita a ritenere raggiunta la relativa prova sulla base del riscontrato pervenimento del messaggio di posta elettronica incriminato a destinatari terzi, senza peròprecisare la natura di questo “riscontro”.
L’email
In tal proposito, i giudici si soffermano a valutare la natura dell’email.
In questo ambito, sottolineano come l’email sia una comunicazione diretta a destinatario predefinito ed esclusivo, anche quando plurimi sono i soggetti a cui è indirizzata. Il destinatario è colui a cui l’email è recapitata presso il server, Collegandovisi con un proprio dispositivo e con password, può prenderne cognizione dell’e-mail.
Ne deriva che, in tal senso, l’email ha caratteristiche diverse da scritti, immagini o file vocali. Nell’ipotesi di invio di messaggi di posta elettronica, infatti, il requisito della comunicazione con più persone non può presumersi sulla base dell’inserimento del contenuto offensivo nella rete. Diventa invece fondamentale avere la prova dell’effettivo recapito degli stessi, quale conseguenza di un’operazione automatica impostata dal destinatario stesso, o di un accessodedicato al server.
In altri termini, è sufficiente la prova che il messaggio sia stato scaricato, cioè trasferito sul dispositivo dell’utente dell’indirizzo. L’effettiva lettura può così presumersi, salvo prova contraria.
Prova del recapito dei messaggi
Nel caso in esame, invece, non era dato comprendere in cosa consistesse la prova del recapito dei messaggi ai destinatari terzi.
Peraltro, la prova del fatto che i destinatari terzi abbiano ricevuto il messaggio non deve essere necessariamente il frutto di accertamenti di natura tecnica sul server di posta elettronica, o sui dispositivi deidestinatari, potendo questi ultimi confermare la circostanza in sede di esame testimoniale.
La prova può infatti essere acquisita anche in via logica. Ovvero, a patto che sulla base diuna piattaforma fattuale idonea a sostenere il processo inferenziale, come adesempio avviene nell’ipotesi in cui si faccia riferimento all’abitudine (accertata) del destinatario di accedere con frequenza al server di posta elettronica, oall’adozione sui dispositivi nella sua disponibilità di impostazioni dicollegamento automatico allo stesso server.